Moor Mother è il nuovo jazz da ascoltare in un fiato senza skippare

Moor Mother quest’anno è apparsa sia a Torino che a Roma qualche mese fa. Non avevamo ascoltato ancora nulla dal suo ultimo disco intitolato Jazz Codes però il suo stile ormai è diventato inconfondibile. Il primo luglio è stato reso disponibile su tutte le piattaforme streaming del web queste 18 tracce inedite piene di espressività che parla un linguaggio tra l’hip-hop, il jazz e il soul.

Umzansi la prima traccia ha le ritmiche che sembrano state create da Flying Lotus. La sua scritta invece da Mara TK degli Electric Wire Hustle di cui via abbiamo già parlato in passato. Avanguardia pura.

Jazz Is Dead? Chi può dirlo… dopo avervi parlato dell’evoluzione newyorkese di Kassa Overall, ora Moor Mother ci mostra la sua versione jazz from Philly.

Ayewa è nata ad Aberdeen, nel Maryland, dov’è cresciuta in un progetto di edilizia popolare. Si è trasferita a Philadelphia, in Pennsylvania, per studiare fotografia all’Art Institute. 

A Philadelphia in questo momento sono 6 le cose più importanti che vanno per la maggiore: Rocky, Allen Iverson, il panino di Sonny’s dove l’olio si deve vedere colare dall’esterno della busta che lo contiene, Vince Papale, i The Roots e il suono di questa ragazza con i dreadlocks quasi sempre raccolti e stretti da un codino.

Una cosa originale che non troverete in nessun altro disco è l’urban poetry di questa ragazza, unico ed inimitabile.

Fin dal primo ascolto troverete una poetessa, una musicista, una rapper, una performer, un’artista e un’attivista. 

Con questo disco, Camae Ayewa aka Moor Mother riprende da dove ci eravamo lasciati con Black Encyclopedia of the Air. Jazz Codes segue le orme del precedente disco e smussa gli angoli forse ritenuti ancora troppo incompresi da i più. Ci presenta ancora una volta un disco fuori da ogni contento e di un’originalità eccelsa. Ogni trancia ha sicuramente come riferimento dei suoi vecchi lavori. Dentro c’è senz’altro Circuit City ma anche e soprattutto Nothing to Declare, a nome 700 Bliss insieme a DJ Haram.

 I testi procedono per con immagini, sequenze di situazioni, figure e quadri in freestyle nella mente di chi sta ascoltando. Una buona parte dei brani è dedicata in effetti a figure note del jazz e del blues. WOODY SHAW, è uno dei primi in un soffice e obliquo downtempo/hip-hop che ricorda l’omonimo trombettista. Hip hop, jazz, e uno spettro fluido che abbraccia praticamente la totalità della musica nera.

C’è la morbidezza sampledelica di J Dilla in EVENING DUST TOGETHER. Le tracce poi si trasformano in un flusso trasversale con una venatura di quasi acida/psichedelica. La stessa che gonfiava le guance di Miles in Dark Magus in pezzi come ARMS SAVE, o quella che deforma le produzioni di Ishmael ButlerRAP JASM o BLAME, fate voi. Un disco irripetibile da ascoltare e apprezzare tutto di un fiato. Vietato skippare.

Pensate che l’anno scorso, Ayewa, ha persino iniziato come assistente professore presso la Thornton School of Music della University of Southern California. Che sia l’inizio di una nuova generazione di talenti? Nessun dubbio.

PS: Piccola chicca, gran parte del mixaggio è curato da Willie Green, artista associato al duo Terry Evans e Bobby King e che ha lavorato anche con Ry Cooder e Lyle Lovett, tra molti altri.


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