I Leggendari The Roots

The Roots li abbiamo già nominati nello scorso Spotlight dedicato alla città di Philadelphia.
Siamo nel luogo dov’è stata celebrata l’indipendenza americana e non a caso, questa città, prende il soprannome di: The City of Brotherly Love, letteralmente la città dell’amore fraterno.

Le relazioni, il rapporto con le diverse comunità concentrate in questi spazzi la rendono la capitale dello stato anche se non lo è.

I The Roots, invece, hanno il soprannome di The Legendary, perché sono la storia della musicale moderna.

Non esiste un’altra band attiva con tutte le loro pubblicazioni e collaborazioni senza contare le comparse cinematografiche e televisive. Nel 1987 il Philly’s Sound, meglio conosciuto come il Philadelphia Soul, era ancora ovunque e negli anni ha sempre lottato in classifica con quello di Detroit.

Rivoluzionare questa corrente musicale a Philadelphia sembrava ed era impossibile, fino a quando la vicina New York non diede vita al vero Hip-Hop.
Gli Stetsasonic da Brooklyn, infatti, sono stati una fonte d’ispirazione per Tariq Black Thought Trotter e Ahmir ?stlove Thompson perché erano gli unici e i primi della grande
mela, a suonare con una band live i propri pezzi.

The Roots

All’epoca il genere si distingueva anche per aver rivoluzionato i live show, perché quello che ci si aspettava da un gruppo rap o Hip-Hop era una formazione fatta da un dj e un rapper. I The Roots fin dall’inizio hanno rivoluzionato tutto grazie al loro approccio jazzistico ed eclettico all’hip-hop.

Il loro primo concerto è stato ad un talent show nel 1989 in cui hanno usato il nome Radio Activity, che ha dato inizio a una serie di cambi di nome come Black to the Future e poi The Square Roots. Queste scelte vi fanno capire quanta cultura si assorbe semplicemente vivendoci all’interno della città dell’amore fraterno. Un altro MC soprannominato Malik B., e il bassista Leonard Hub Hubbard, furono aggiunti alla band prima dell’uscita del loro primo album.

Purtroppo a Philadelphia non li voleva nessuno, nessun locale li ospitava per suonare, infatti tutta la band si trasferì per un breve periodo a Londra.

Qui nel 1993, arrivò Organix. È inutile che lo cerchiate su Spotify perché non c’è ma potrete ascoltarlo cliccando qui. L’album è stato pubblicato e venduto in modo indipendente ma ha creato un vero e proprio seguito in Europa facendosi notare dalla DGC/Geffen che li blindò in un contratto discografico.

Il nuovo album arrivò subito e si chiamò Do You Want More?!!!??! che al suo interno ha Proceed, Distortion to Static e Silent Treatment. Tre classici dell’hip-hop che faranno parte della nostra top 5 di oggi. L’album è stato un successo enorme tra i fan della musica alternativa, potenziato dall’apparizione del gruppo al Lollapalooza Festival. Nel 1995 poi la band si è esibita al Montreux Jazz Festival.

The Roots

Illadelph Halflife invece è il terzo album in studio della band hip hop americana firmato
The Roots. Qui, pausa scenica, giù il capello e alziamo il volume al massimo perché questo è il
disco d’oro più storico della storia della musica black moderna.

Pubblicato il 24 settembre 1996, l’album presenta un suono più duro e più ampio rispetto al
precedente. L’album contiene anche l’integrazione di percussioni programmate e
collaborazioni come Amel Larrieux e D’Angelo, oltre musicisti jazz come David
Murray, Steve Coleman, Cassandra Wilson, Graham Haynes. Nel 1998, l’album è stato
selezionato da The Source tra i 100 Best Rap Albums.

Nel 2006, è selezionato e inserito in innumerose classifiche. Purtroppo però i nastri
master dell’album sono stati distrutti in un incendio presso il parcheggio sul retro Universal
Studios nel 2008. Per cui il valore di questo disco dell’epoca è immenso. Un altro brano che entra a far parte di questa playslist è Clones.

Perché questo brano? Prima di tutto per come è girato il suo video. Rappresenta il modo in cui è nato tutto, gli angoli delle strade di Philly.

Appare inoltre tutto il movimento a cui ha dato vita la band, gruppi e artisti che hanno poi fatto la storia nel genere Hip-Hop.

L’ultima traccia che ascolteremo dei The Roots oggi è su Things Fall Apart il loro quarto album dove le sessioni di registrazioni avvengo all’ Electric Lady Studios tra il 1997-1998, in coincidenza con la registrazione per altri progetti del collettivo Soulquarians, tra cui D’Angelo con Voodoo (2000), Erykah Badu con Mama di Gun (2000), e Common con Like Water for Chocolate (2000).

Per gli amanti dell’Hip-Hop questo periodo vale più del termine Golden Age. In questo disco c’è You Got Me, che ha vinto il Grammy Award 2000 per la migliore performance rap di un duo o di un gruppo, mentre Things Fall Apart è stata anche nominata per il Grammy Award per il miglior album rap dello stesso anno.


Loro sono tra i 25 migliori gruppi hip-hop di tutti i tempi. Oltre alla musica della band, diversi membri dei The Roots sono coinvolti in progetti collaterali, tra cui produzioni discografica, recitazione, eventi politici e a favore della comunità afroamericana ma anche la gestione della comunità di Okayplayer.com.

Come sempre… Don’t Sleep on this!


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