Ci avviciniamo al Jazz:Re:Found. Festival che, dal 2007, porta in Italia i nuovi suoni del mondo, come il British Jazz, e l’Italia nel mondo, come un piccolo gioiello. Quest’anno si terrà dal 1 al 4 settembre 2022, nella consueta cornice di Cella Monte, nel magnifico Monferrato.
Gli ultimi dieci anni hanno visto un’incredibile crescita degli artisti e dei successi del nuovo British Jazz, sia in casa propria che a livello internazionale.
Tanto che, sempre più spesso, artisti britannici sono ospiti a Jazz:Re:Found (PREMI QUI) e a vari festival internazionali.
Quello che veniva spesso raccontato, superficialmente, come movimento musicale underground, si è ritrovato improvvisamente sotto i riflettori, grazie a una serie di azioni mirate.
Hanno trasformato il British Jazz in una scena che abbraccia una più ampia distesa di espressioni musicali, capaci di introdurre il mondo a una nuova generazione di giovani, spesso di colore e spesso donne.
Una scena nata, infatti, grazie all’unicità di Londra. Una metropoli in cui le minoranze non sono mai state tali e sono in continua crescita. Nel 2018, ad esempio, l’Office for National Statistics inglese ha definitivamente stabilito il primato di Londra tra le città con il maggior numero di abitanti nati in una nazione diversa da quella di residenza. Ha superato anche New York.
Non parliamo, quindi, solo di una tradizione coloniale che affonda le proprie radici anche nel jazz – uno dei primi grandi jazzisti inglesi è stato il trombettista Leslie Thompson, nato a Kingston e trasferitosi a Londra durante gli anni Trenta – , ma anche di storia attuale.
Una storia che risale al 1991, anno in cui Gary Crosby, contrabbassista jazz londinese ma di origini giamaicane, fondò con Janine Irons, educatrice e manager, Tomorrow’s Warriors (PREMI QUI).
Tomorrow’s Warriors è un’innovativa organizzazione per l’educazione alla musica jazz e lo sviluppo degli artisti. Una scuola che fornisce istruzione musicale gratuita e di alta qualità a giovani di tutte le estrazioni sociali e culturali. Si impegna, quindi, a ridurre le diversità attraverso il jazz, con un’attenzione particolare a quelle etnie derivate dalla diaspora africana; oppure a coloro le cui circostanze finanziarie, o di altro tipo, potrebbero impedire l’opportunità di intraprendere una carriera nell’industria musicale.
Non è un caso, quindi, che molti dei musicisti che oggi popolano questa scena crescente siano, appunto, di colore e ci sia un elevato numero di donne che, spesso, non trovano nelle proprie culture d’origine un valido sostegno.
Crosby ha tratto ispirazione dall’essere stato un membro dei Jazz Warriors, un gruppo di musicisti con sede a Londra che, negli anni ’80, mise in mostra molti giovani talenti britannici di colore, capaci di raggiungere un successo internazionale.
Tomorrow’s Warriors, che ha una composizione multirazziale, fornisce una piattaforma per i giovani musicisti che desiderano intraprendere una carriera nel jazz e mira a:
Ispirare, promuovere e far crescere una vivace comunità di artisti, pubblico e leader che, insieme, trasformeranno le vite delle generazioni future aumentandone le opportunità, la diversità e l’eccellenza attraverso il jazz.
Alunni di Tomorrow’s Warriors, non a caso, hanno vinto numerosi premi. Ha formato, tra i tanti, alcuni dei talenti più luminosi della nuova scena jazz londinese:
Shabaka Hutchings, Nubya Garcia, Femi Koleoso, Joe-Armon Jones, Zara McFarlane, Sheila Maurice-Grey, Moses Boyd, ecc. ecc.
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Irons, un’ex cantante diventata manager e produttrice, e il suo partner Crosby hanno anche avviato un’etichetta, la Dune Records, che attinge al talento di Tomorrow’s Warriors, inclusi i diplomati dell’organizzazione come Denys Baptiste, J-Life e Soweto Kinch.
Grazie al suo lavoro, Crosby ha meritato un OBE (Order of the British Empire, l’eccellentissimo Ordine dell’Impero Britannico), una delle più alte onorificenze del Regno Unito riconosciute a un civile.
É grazie a Tomorrow’ Warriors e ad altre importanti iniziative, seguite a quel fatidico 1991, che, a Londra e in tutta l’Inghilterra, si è acceso un nuovo fuoco jazz, capace di rompere gli schemi precedenti e di ammaliare il mondo intero.
Peckham è il quartiere africano di Londra, luogo nevralgico di questo nuova ondata di British Jazz. Ancora una volta, l’Inghilterra colonizza la musica. La nuova scena di jazz inglese è pulsante come la città e le sue contraddizioni.
Non è nata per caso. Questa nuova scena British Jazz è frutto di un lavoro intelligente, fatto sull’inclusione, sulla fusione delle culture.
Non si sono limitati a dare fiato alle trombe (perdonate la battuta, N.d.R.), hanno costruito un vero e proprio patrimonio fondendo diverse culture. Londra è un porto dove trovano attracco civiltà diverse, capaci di mescolarsi oltre i problemi del passato, che non si dimenticano ma servono d’insegnamento.
É uno dei pochi esempi ben riusciti di quella metropoli contemporanea che, spesso, si millanta di voler trasformare in laboratorio umano e artistico senza poi fare nulla di concreto.
A Londra si sono uniti privati, istituzioni e comunità. Tutti insieme. Oggi hanno costruito un patrimonio culturale di inestimabile valore. Qui da noi, in Italia, si parla ma non si fa mai nulla. Ci provano solo realtà coraggiose, che non hanno mai l’appoggio che servirebbe dalle istituzioni.
Il nuovo British Jazz è un veicolo di espressione per musicisti, spesso giovanissimi, di tutte le estrazioni sociali, in modo particolare, per i discendenti delle ex colonie africane e caraibiche.
Per molti di noi, il jazz è sempre stato qualcosa che altre persone ascoltavano. Roba inaccessibile, da intellettuali. Negli ultimi anni, appunto, il genere ha subito una seria revisione.
Quando, infatti, Kendrick Lamar ha pubblicato il suo album di riferimento To Pimp a Butterfly, nel 2015, ha liberato il jazz, che si è unito all’hip-hop e ha raggiunto la nuova generazione. Non è stato né il primo, né l’unico tentativo di mischiare il jazz ad altre influenze. É stato il primo, però, a spalancare realmente una breccia nel cuore dei giovani.
Il jazz stesso, per propria definizione, non esiste. É improvvisazione attorno a un tema melodico, animata da un impulso ritmico chiamato swing. Lo swing, a propria volta, non si può definire.
Diciamo che il jazz, per colpa degli intellettuali, si era chiuso in una torre d’avorio governata dallo snobismo e dall’intellighenzia. Aveva perso la propria identità popolare per riempire i salotti di lusso.
Grazie a questa nuova ondata British, il Jazz non solo è sembrato immediatamente più accessibile ma, interpretato da personaggi affascinanti, sembra ancora più bello.
Si è evoluto un nuovo ed emozionante movimento British Jazz che ha tratto ispirazione oltreoceno, da Lamar, Thundercat e Kamasi Washington. Loro hanno dato il via a un nuovo sperimentalismo inglese, capace di raggiungere un pubblico molto più giovane e diversificato, che ha perso la puzza sotto al naso.
La loro musica attinge liberamente da altri generi, siano essi hip-hop, new-soul, suoni da club britannici come il broken beat o altro.
A differenza delle ondate precedenti, infatti, questi musicisti hanno tra i 20 e i 30 anni, provengono da background diversi. Hanno creato la propria comunità al di fuori delle principali etichette e sale da concerto.
ll British Jazz, infatti, non si trova solo ai concerti ma, proprio come ai tempi dell’Acid Jazz, anche nei locali notturni.
Dj britannici come Bradley Zero e Floating Points hanno liberato il jazz nei Club, al punto che, oggi, non è raro che un viaggio di 10 minuti di Pharaoh Sanders faccia ballare una folla di ventenni riconoscenti.
É notevole, inoltre, quanto sia prolifica questa ondata, con musicisti jazz che si infiltrano negli elenchi dei festival musicali estivi, come appunto Jazz:Re:Found, firmano per etichette indipendenti o portano il loro suono all’estero. L’enorme volume di talenti viene riconosciuto in tutto il mondo.
Ovunque io sia in viaggio, che sia negli Stati Uniti, in Argentina, in Giappone o in tutta Europa, tutti mi parlano dell’invasione britannica. Sentono che questo è un movimento molto importante.
Afferma il Dj e conduttore televisivo Gilles Peterson, che contribuì anche a inaugurare il suono acid jazz nella metà degli anni ’80. Oggi, con Brownswood Recordings, creata nel 2006, è uno dei principali scopritori di talenti al mondo.
Francese di nascita, durante la propria carriera, Gilles Peterson ha svolto un ruolo fondamentale nella promozione di generi come il jazz, l’hip-hop e la musica elettronica.
Ha iniziatola propria attività nelle stazioni radio pirata, per poi unirsi alle stazioni legali di Londra. Prima la neonata Jazz FM, e poi alla stazione di musica dance Kiss FM. Nel 1998 è stato assunto dalla BBC Radio1 e, nel 2012, ha iniziato a ospitare un programma di tre ore il sabato pomeriggio su BBC Radio6 Music (PREMI QUI). Il suo programma radiofonico viene trasmesso in sette paesi europei.
Nel 2016 ha lanciato la stazione radio online Worldwide FM con il co-fondatore di Boiler Room e conduttore Thristian Richards. Ospita anche mix e nuova musica sulla sua pagina SoundCloud, dove ha oltre tre milioni di follower.
È la mente dietro a diversi eventi che celebrano la musica che sostiene attraverso i suoi dj set e programmi radiofonici. Dal 2005 ha ospitato gli annuali Worldwide Awards a Londra e Worldwide Festival a Sète. Nel 2019 ha lanciato il nuovo festival We Out Here nel Regno Unito.
La new wave del British Jazz non è nata dal nulla, come scritto poco sopra. Sulla scena inglese, inoltre, i musicisti sono collaborativi. Spesso sono cresciuti insieme.
Si confrontano costantemente nei progetti reciproci e si esibiscono insieme in una serie di live e progetti paralleli. Ci sono figure, appunto, che hanno saputo accompagnarli nella maniera migliore.
Teju Adeleye, ad esempio, è una scrittrice e produttrice radiofonica con sede a Londra. È stata la conduttrice di Floating Roofs su NTS Radio, uno spettacolo quindicinale che esplorava il jazz contemporaneo, grazie a una miriade di ospiti.
Avere spazi a prezzi accessibili dove le persone possono andare e sperimentare di fronte al pubblico è importante. Promuove qualcosa di genuino in una città in cui tutto è guidato da iniziative aziendali.
Altrettanto cruciali, infatti, sono le jam session che popolano sempre più la città. Oltre agli enti di beneficenza per lo sviluppo degli artisti che hanno nutrito molti membri della nuova ondata, come Tomorrow’s Warriors.
È un’etica condivisa anche da JazzRe:Freshed, ad esempio, la società di promozione di Justin McKenzie e Adam Moses diventata etichetta, che ha svolto un ruolo enorme nel supportare il nuovo jazz, sia che offra ai musicisti un palcoscenico nel Regno Unito o all’estero.
Forse la cosa più eccitante, però, è la sensazione che questa generazione stia strappando il jazz ai suoi guardiani e lo stia facendo proprio.
Non tutti questi musicisti, infatti, si sono formati in modo classico o formale. Questo, probabilmente, genera un’energia accessibile a tutti. Musicisti che sembrano quasi antieroi che guidano una dolce vendetta per una musica che è sempre stata per tutti, ma che è stata rinchiusa, per troppo tempo, in una torre esclusiva. I giovani hanno liberato il jazz.
Soweto Kinch, affermato sassofonista che gestisce anche la jam session di Birmingham The Live Box, ha affermato:
I confini di genere sono più fluidi. Non ci si inchina più alla polizia del jazz.
I ragazzi della British Jazz Invasion hanno una fiducia importante, rafforzata dal fatto che il loro pubblico vuole continuare ad ascoltare qualcosa di originale.
Ecco perché questa onda di British Jazz non finirà per essere un’onda, ma è arrivata per restare. Nasce da un’esigenza.
Nasce da un incontro di culture diverse. È musica di qualità e longevità. Non è nuova musica usa e getta. Del resto, per concludere con le parole di Gilles Peterson:
L’ultima cosa di cui il jazz aveva bisogno era un’altra versione di Summertime o Feeling Good. Basta fare musica originale: è quello che la gente vuole.