Il numero 24 nello sport è un numero scelto da molti giocatori che in qualche modo hanno lasciato la propria impronta nella storia. Sono sicuro che la vostra mente oggi come oggi associ il numero 24 a una jersey giallo viola della città di Los Angeles, più precisamente dei Lakers, una delle squadre di basket della città.
Nel 1916 i Cleveland Indians provarono per la prima volta ad aggiungere i numeri sulle divise. Erano sulle maniche con una numerazione dall’1 all’8 per riconoscere i giocatori in campo come già si faceva nel football e nell’hockey su ghiaccio. La novità non suscitò entusiasmo e venne presto abbandonata. Nel 1929 però ci riprovano i New York Yankees e poi ancora gli Indians, con maggiore successo ed emulazione da parte delle altre squadre.
Nel calcio invece i numeri debuttarono per la prima volta nel 1920 in Inghilterra. Per distinguere i giocatori, una squadra titolare indossava numeri da 1 a 11, i sostituti avevano un numero dal 12 in poi, spesso corrispondenti ai ruoli durante una partita. Non c’era molta libertà di scelta.
Se credi nella simbologia e il numero 24 ti perseguita ed in più ami lo sport, allora sei nel posto giusto.
Il numero 24 è una miscela dei numeri 2 e 4. Il 2 è un numero di equilibrio e dualità. Rappresenta relazioni, cooperazione, partnership, diplomazia, scopo e missione dell’anima. Il numero 4 simboleggia praticità, onestà, organizzazione, integrità, responsabilità, guida, passione, affidabilità e saggezza interiore. Inoltre il numero 4 è anche il numero degli Arcangeli. Quindi il numero 24 è un’insieme di tutte queste qualità che una persona potrebbe possedere o dover ricercare.
In questo articolo vi abbiamo selezionato 5 migliori sportivi che hanno cambiato lo sport indossando il numero 24:
Kobe Bryant
Primo su tutti Kobe, leggendario cestista che ha iniziato la sua carriera ai Los Angeles Lakers nel 1997 con il numero 8 ma poi l’ha chiusa nel 2016 in grande stile con il 24. Cinque volte campione NBA e due volte MVP delle finali, diciotto presenze All-Star Game di cui quattro volte miglior giocatore. È tra i migliori marcatori della storia del basket. Il suo soprannome “The Black Mamba” la dice lunga sul suo rapporto col gioco e la sua dedizione per il basket.
Vi abbiamo parlato di lui in occasione proprio del suo esordio nella partite tra le stelle dove disputò un bel duello proprio contro Michael Jordan. Tra i nostri articoli troverete anche la sua storia il brand addidas e la sua linea di scarpe. Il 4 marzo 2018 ha vinto anche il Premio Oscar insieme al regista e animatore Glen Keane, nella categoria miglior cortometraggio d’animazione per Dear Basketball, che ha sceneggiato ispirandosi alla sua lettera di addio al basket.
La sua prematura scomparsa post ritiro insieme a sua figlia in quell’incidente ha devastato il mondo sportivo e non solo. Quello che ci resta di lui però è la voglia di amare lo sport, che sia basket, calcio o baseball o altro… la voglia è solo una fonte d’ispirazione.
Clicca qui per vedere come Kobe si trasformò dall’8 al 24 in una sola stagione.
Ken Griffey, Jr.
Ken il numero 24 ce l’aveva anche scritto anche sulle sue scarpe, le Air Griffey Max. Se vuoi saperne di più clicca qui. Campione indiscusso della MLB dal 1989 al 2010, lui stesso incarna la frase: uno così, passa solo una volta nella vita dello sport.
Tredici volte All-Star, MVP nel 1997 per la AL e dieci volte Gold Glove Award di fila.
Ha giocato per i Seattle Mariners e il numero 24 non l’ha mai tolto dalla divisa.
L’unico giocatore dello sport americano a cui dedicarono una campagna presidenziale elettorale, però questa è un’altra storia da romanzo. Ovviamente i Mariners hanno ritirato il numero 24 di Ken Griffey Jr..
Yaya Touré

Nel calcio il numero 24 compare poco o meglio i grandi campioni hanno avuto sempre il 10 o il 9 oppure numeri più bassi come per i grandi difensori. Solo nella cultura moderna questo numero è finito addosso a giocatori di talento e il legame tra il numero 24 e Touré è molto particolare.
Attualmente è un allenatore di calcio ed ex calciatore ivoriano, di ruolo centrocampista. Con la nazionale ivoriana ha vinto la Coppa d’Africa 2015. Nel corso della sua carriera ha vinto numerosi trofei con le maglie di Olympiakos, Barcellona e Manchester City. A livello individuale è stato eletto Calciatore africano dell’anno dalla CAF per quattro volte consecutive.
È il fratello di Kolo Touré, suo compagno di squadra ai tempi del Manchester City, e di Ibrahim Touré, calciatore morto a 28 anni. Con 10,8 milioni di euro l’anno, insieme a Sergio Agüero, nel 2012 era il 4º giocatore più pagato in Europa dopo Eto’o, Messi e Ibrahimović. Il suo stile di gioco è d’ispirazione per le nuove generazioni.
Willie Mays

L’11 maggio 1972, i Mets fecero uno scambio con i San Francisco Giants per acquisire Willie Mays dando via il lanciatore Charlie Williams e $ 50.000. La leggenda del baseball aveva da poco festeggiato i sui 41 anni. L’innocente ed effervescente “Say Hey Kid” aveva trasformato i New York Giants in una nazione vincente. Una ventina di anni prima, aveva battuto 646 dei suoi 660 homer totali in carriera. Ma forse gli era rimasto abbastanza per aiutare la sua nuova squadra a riconquistare la propria gloria recente.
È considerato uno dei giocatori più completi della storia del baseball. Gira voce che l’All-Star Game nella MLB l’abbiano inventato per lui. Ha vinto 12 volte vittorie il Guanto d’oro, a partire dal 1957, quando il premio fu introdotto.
Indovinate chi c’è tra i primi 100 giocatori ogni epoca? Lui.
Bill Bradley

L’ultimo ma non in ordine d’importanza… Dollar Bill! Come lo chiamavano a New York durante il periodo floreo dei Knicks e sopratutto dopo aver vinto il titolo NBA sia nel 1970 che nel 1973.
Attualmente è un politico americano ed ex giocatore di basket professionista. Ha servito tre mandati come senatore democratico degli Stati Uniti dal New Jersey (1979-1997). Si candidò alla presidenza del Partito Democratico alle elezioni del 2000, che perse contro il vicepresidente Al Gore. Medaglia d’oro olimpica ai giochi di Tokio del ’64.
Quando James Naismith inventò il basket, Bill Bradley era il tipo di giocatore che immaginava.
Nonostante i suoi numerosi successi, Bradley possedeva beni immateriali che non sempre compaiono sui fogli delle statistiche.
Era un giocatore pensante, Bradley, guardava iniziare uno schema e dopo due/tre passaggi anticipare gli avversari. Questo approccio scientifico lo ha aiutato a eccellere sia a livello universitario che professionale.
Bradley è stato il punto focale dell’attacco di Princeton, dove è stato tre volte All-America e il 1965 Associated Press Player of the Year. Con Bradley al seguito, i Tigers conquistarono il campionato Ivy League in ciascuna delle sue tre stagioni varsity e raggiunsero le Final Four nel 1965. Aveva una media di 35 punti a partita quell’anno guidando tutti i marcatori nel torneo NCAA. Per dieci anni poi professionista con i New York Knicks. Indimenticabile.
Ci sarebbero altri giocatori con il 24 nella storia dello sport, vedi Lorenzo Insigne oppure Thomas Doane “Tom” Chambers, ma questi secondo noi sono quelli che devi conoscere per forza.
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