Len Bias è un giocatore di cui si parla ancora oggi per il suo modo di giocare sul parquet dell’NCAA e non solo. Ogni volta che entri al TD Banknorth Garden nella Città Dei Puritani (Boston, nel Massachusetts), prima ancora di trovare il posto a sedere, vieni ipnotizzato dai numerosi stendardi che sono appesi al soffitto del palazzo.
Quando tutto è addobbato per una partita dei Boston Celtics, tra tutte quelle insegne costituite da un drappo rettangolare disteso in orizzontale, potrete ammirare i numeri e i nomi delle maglie ritirate dei champions che hanno fatto la storia nella franchigia.
Tra il numero 25 di K.C. Jones, leggendario sotto la dinastia di Red Auerbach e la maglia numero 31 di Cedric Maxwell c’è uno spazio vuoto.
Qui dovrebbe esserci il numero 30 di Len Bias. Ora però o procediamo con ordine e trasferiamoci per un attimo a Landover, nella Terra di Mary.
Il Maryland segna esattamente il confine tra il nord e il sud degli Stati Uniti.
Qui nasce nel 1963 una storia, un uomo, una leggenda.
Questa storia, come quella di Benji Wilson che vi ho raccontato il mese scorso, sono quelle storie… che non arrivano e non restano mai aldilà dell’oceano, sopratutto in Italia, dove il basket è purtroppo la metà di uno sport minore.

Leonard Kevin “Len” Bias cresce in un contesto completamente diverso dal compianto su citato Benji. La sua vita al liceo non è sotto assedio tra gang rivali come in alcuni quartieri di Chicago. Il suo amico e Rev. Gregory Edmond gli diede il soprannome di “Frosty”, perché era “alto, fresco e senza pretese”.
Nel liceo di Northwestern ad Hyattsville, Len disputa delle discrete stagioni senza eccedere.
Len Bias nel suo anno senior vinse insieme a Johnny Dawkins il titolo di Capital Classic MVP con 18 punti ed 11 rimbalzi.
Queste performance gli fecero ottenere un posto nel programma sportivo di basket dell’Università del Maryland.
Ready or Not ?? Il suo momento era arrivato, tutto girava nel verso giusto ed il tempio della sua anima era di due metri e 10 per quasi 100 kg con l’aggiunta di una forza nelle braccia ed un elevazione da fermo alla Superman senza esagerare nei paragoni!
Nell’anno da matricola gioca pochissimo ma chiude le prime 13 partite con una media 7,1 punti a partita. Nessuno con quella divisa aveva fatto tanto prima.
Nell’anno successivo i suoi minuti insieme al suo “score” si raddoppiano. All‘ACC Men’s Basketball Tournament, Len distrugge Michael Jordan in un duello fino all’ultimo tiro in sospensione. Riuscì a portare in finale le sue“Terps” contro i “Blu Devils” della Duke University guidati dal “maestro” Mike Krzyzewski.
Ora immaginate la potenza di Shaquille O’Neil in un corpo di due metri e dieci centimetri con la coordinazione, l’eleganza e la pulizia nei movimenti di Rasheed Wallace o Chris Webber. Aggiungeteci una media del 100% col tiro dai 5 metri in sospensione, seguito dalla cattiveria e l’arroganza di attaccare il canestro. La stessa arroganza e fiducia che c’era negli occhi di Vince Carter, quando alle Olimpiadi di Sydney saltò letteralmente il francese Wiess per schiacciargli in testa.

“One Man-Show”, un uomo solo al comando. Ogni salto che ha fatto aveva la supremazia di arrivare sempre più in alto, sempre più su fino ad arrivare lì dove possono solo gli angeli.
Len Bias, soprannominato Frosty, domina la finale con 26 punti e porta a casa anche un discreto souvenir: il titolo di MVP del torneo.
Quando arrivò marzo e con lui la “febbre del college basketball” Len intensifico gli allenamenti tralasciando gli studi perché il suo destino era scritto tra i grandi di questo sport ma la corsa per lui terminò purtroppo alle Sweet Sixteen contro Illinois che poi perse contro Kentucky alle Final Four vinte dalla Georgetown University di Patrick Ewing, allenata da John Thompson che divenne il primo afro-americano a vincere questo meraviglioso ed unico torneo al mondo.

L’anno dopo Bias fece diciamo… due, tre “cosette” che meritassero un “minimo” di attenzione. Mangiò letteralmente sulla testa di David Robinson e la sua Accademia Navale. Fece una stoppata a Kenny Smith a 15 secondi dalla fine battendo il North Carolina ed altre ancora che… che velo dico a fare!
Prima di rendersi eleggibile al draft del 1986 accade una cosa molto particolare. Durante una partita dei Boston Celtics, Len venne notato dal pubblico e viene applaudito dalla maggior parte dei tifosi bianco verdi.
Boston in quell’anno si presentò al draft in cerca di soluzioni. Aveva appena perso le finali 4-2 contro i Lakers di “Kareem-n-Magic” e Red Auerbach si convinse che Bias fosse il sostituto perfetto. Letteralmente una pedina importante nella formazione come fosse James Worthy nei giallo viola.
Il The Big Date arrivò e Len venne scelto con la Numero 2 al primo turno proprio dalla città e dalla squadra più vincente di sempre.
Il sogno sembrava essersi realizzato, Len Bias era diventato a tutti gli effetti un giocatore professionista.
C’era la speranza e i mezzi di poter diventare un vero e proprio campione sportivo.

Nel draft di quell’anno furono selezionati anche giocatori del calibro di Mark Price, Dennis Rodman, Kevin Duckworth, Jeff Hornacek, Dražen Petrović, Ron Harper, Chuck Person, Scott Skiles, John Sally, Arvydas Sabonis e molti altri che in qualche modo hanno cambiato un po’ anche loro nel loro piccolo la storia di questo gioco.
Bias dopo la cerimonia tornò a casa a festeggiare. Il 18 giugno poi si recò a Boston per firmare il primo contratto della sua carriera. Oltre a questo firmò anche un contratto con la Reebok di 3 milioni di dollari.
Dopo una conferenza stampa a Washington Len tornò nella sua stanza nel campus dell’University of Maryland, festeggiamenti cena con gli amici in party a Cherry Hill fino alle 2 del mattino quando si trasferì ad un “off-campus gathering” per poi ritornare alle 3 del mattino al suo dormitorio.
Qui Bias fa uso di cocaina che lo induce in una aritmia letale e Brian Tribble alle 6:20 del mattino effettua la chiamata al 911 per tentare il tutto per tutto.
L’ambulanza arriva subito ma nessuna operazione riesce nell’intento di far riprendere i sensi a Len ed anche in ospedale nulla funziona contro questo destino sempre più vicino alla tragedia.
L’elettroshock non sembra andar bene e nemmeno un pace-maker sostitutivo riesce a rimettere in moto il cuore di questo bellissimo atleta.
Il 19 giugno alle 8:05 del 1986 Leonard Kevin Len Bias viene dichiarato morto a causa di arresto cardio-respiratorio.
I familiari increduli devo dare la notizia alla dirigenza dei Celtics e fu’ proprio la madre di Len a chiamare Auerbach per raccontargli l’accaduto. Quest’ultimo lo interpretò come un cattivo scherzo telefonico. Danny Ainge e Larry Bird che avevano già dichiarato di voler partecipare al training camp estivo per integrassi e conoscere meglio Lenny, appresero la notizia dalla radio in una gas station mentre stavano andando a giocare a golf.
Boston e tutto il mondo del basket è sotto shock. Uno dei suoi figli più proliferi e con più talento non poteva più entrare su di un parquet largo 15 metri e lungo 28.
Quattro giorni dopo la sua morte, più di 11.000 persone riempiono il Cole Field House, per celebrale il suo funerale.
Auerbach, aggiunse che la città di Boston non era mai stata così scioccata dall’assassinio di John F. Kennedy ed ora, Bias, è sepolto nel cimitero di Lincoln Memorial in Suitland nel Maryland .
Il 30 giugno 1986, i Boston Celtics donano alla madre Lonise la divisa della squadra con il N° 30. Il gesto fu emblematico nonostante questo grande giocatore non disputò nemmeno una partita nel campionato più bello di questo sport mondiale.
Non si sa’ se Len facesse uso regolare di droghe o se quella fosse stata la prima volta. Dopo questa tragedia, furono attivate anche nello stato norme straordinarie per proteggere la vita, come la “The Len Bias Law” attiva dal 1988.

Lenny alla fine muore a 22 anni. Un sogno strappato con forza da una semplice polvere bianca. Quello che è accaduto dopo soprattutto ai bianco verdi di Boston ha qualcosa d’irreale, come la maledizione che legava la squadra di baseball della stessa città.
Dopo questo evento iniziarono gli anni più brutti della storia della franchigia e gli anni più perdenti della squadra più forte di sempre, con episodi assurdi come un altra morte improvvisa, quella di Reggie Lewis.
-One of the greatest “what-ifs” in basketball history-
Uno dei più grandi che non abbia mai calcato un campo da gioco professionistico. La famiglia Bias non ha mai superato l’accaduto infatti entrambi i genitori sono ancora impegnati in lotte contro la droga e nella predicazione sugli effetti di quest’ultima.

Quello che invece restò più turbato fu il fratello minore Jay che iniziò a giocare al massimo ogni partita onorando il fratello scomparso indossando anche lo stesso numero. Il ragazzo promette ma purtroppo la vita a volte è tutto tranne che bella.
Il 10 dicembre del 1990 Jay venne raggiunto da un proiettile nel parcheggio del Prince George’s Plaza. Sfortunatamente, non ci sarà più un attendiamo Jay.
Non importa quanto talento tu abbia o da quale parte del mondo tu venga o cosa tu sappia fare… a volte le cose accadono senza motivo ed è “il modo d’incassare la sconfitta che ci diversifica per non mollare quando lo scarto è di poco”.
