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Surfer Joe

Surfer Joe, l’araldo della surf music

Con l’articolo su Randy Nauert sono incorso in uno svarione che è stato puntualmente corretto dal mio amico Lorenzo Valdambrini l’ambasciatore della surf music anzi: come Silver Surfer è l’araldo di Galactus, Surfer Joe è l’araldo della surf music!

Già, perché l’a.k.a. del Lorenzo Valdambrini è Surfer Joe che è poi il nome della sua band! Così mi sono deciso a fare una cosa che cercavo di evitare (ho fatto interviste settimanali per un anno per la rubrica Bella Milano di Notizie.it) ed intervistarlo. 

Lorenzo Surfer Joe, dove sei adesso? Sei in tour con la tua band?

Surfer Joe: «Ciao Franz, no al momento sono a casa a Livorno, sono stato in tour praticamente da metà marzo fino a metà ottobre, tra Europa e USA. Alcune pause qua e la chiaramente… ma non molto. Ripartiremo a Febbraio di nuovo in California e con tour sparsi tra USA e Europa. Al momento stiamo programmando fino a fine estate 2023».

Quando è iniziata la tua passione per la surf music e come?

Surfer Joe: «Beh la mia passione è iniziata a metà anni ’90. Diciamo che in quegli anni tutte le band mettevano qualcosa di surf in scaletta, era la moda post-Pulp fiction… In ogni caso io non sono arrivato alla surf music vera e propria subito. Mi sono prima appassionato alla California e alla sua musica degli anni ’60, in particolare i Beach Boys, Jan & Dean, Ronny & The Daytonas ecc. ecc. Per poi scoprire lo strumentale e tutto il mondo che lo circondava.

Ovviamente, prima di internet si trovava poco e nulla, era veramente difficile trovare sia informazioni che footage su tutto. Non esisteva una scena globale, non c’era modo di conoscersi.

Anzi, molte cose sembravano lontane e leggendarie… Poi le cose sono cambiate e ci siamo avvicinati tutti. Mio padre mi ha fatto ascoltare molta musica degli anni ’60, roba melodica. Dai Beatles, ai Bee Gees, ai Beach Boys per cui i miei gusti si sono formati in quella direzione ed è forse per questo che oggi compongo roba melodica e ben definita. In ogni caso, questa passione è nata poi per caso. Si è evoluta per caso e come sempre accade, a un certo punto, ti trovi invischiato più di quanto avresti pensato… ed eccomi qui!»


STREAMING LIVE – SURFER JOE


Come è il circuito della surf-music, Surfer Joe?

Surfer Joe: «Non so se definirlo circuito. Fino a qualche anno fa c’era una scena, c’è stato un periodo di grande attenzione verso la surf music. Oggi è molto sparsa, ci sono molte band sicuramente ma anche molta contaminazione di generi. Questo è un bene, l’evoluzione di un genere musicale è bella e naturale, ma spesso la gente si scorda delle origini e mi piacerebbe che i musicisti e i ragazzi ascoltassero più i classici per capirli e capirne il senso, la loro storia. Anche perché la storia della surf music riguarda la storia della cultura californiana per come la conosciamo oggi, riguarda il mito californiano, ma anche il marchio Fender in particolare.

Fu un grande fenomeno culturale, spesso tralasciato, e non considerato quanto dovrebbe perché è stato il vero link tra i rocker degli anni ’50 e la British Invasion. Nel mezzo c’e’ la surf music. Comunque la cosa bella è che ci aiutiamo molto tra di noi surf bands.

La maggior parte della band condividono una passione vera per questo genere e almeno provano a capirlo. Ma andando in giro più di chiunque altro in questo settore, e spesso raccontando storie e aneddoti, mi rendo conto di quanto la gente conosca poco o in maniera superficiale. Proprio oggi, che invece le informazioni sono a portata di mano, tra youtube e social media, trovi tutto se vuoi.

Con vanto devo dire che il lavoro che abbiamo fatto io, mio fratello Luca e, successivamente, Francesco a Livorno, ha contribuito non poco a tenere lo spirito alto nella surf music moderna. Lo dico con grande orgoglio. Abbiamo fatto tantissima gente durante i Summer Festival ed abbiamo creato molto interesse. Mi azzarderei quasi a dire che dopo le prime tre ondate della surf music (first wave anni ’60, second wave revival anni ’80, third wave in era Pulp fiction) la quarta ondata nasce proprio grazie al Surfer Joe Summer Festival (2003) e la comparsa del forum online SurfGuitar101.com (2006).

Mi hai sempre dato una grossa mano con le interviste a surf legend, prima con Paul Johnson dei Bel-Airs e adesso con Denny Aaberg, autore del soggetto di Big Wednesday, che altre surf legend conosci?

Surfer Joe: «Con Paul ho condiviso 3 o 4 tour, ma il momento che ho sentito di più è stato suonare ad un evento in California 3 anni fa e fare Mr. Moto davanti a Paul, che stava in piedi davanti al palco. Ho portato personalmente Dick Dale per la prima volta in Italia nel 2004.

Sono salito due volte sul palco con i Beach Boys. Bob Berryhill dei Surfaris. Jim Fuller sempre dei Surfaris. Randy Holden di Fender IV, Sons of Adam, Blue Cheer, Population II, grande pioniere del metal, Jim Frias dei Nocturnes.

Eddie Betrand, con cui ebbi una lunga chiacchierata nel 2008. Dick Dodd, uno dei primi batteristi nel genere e membro anche dei Del-Tones che dice essere arrabbiato con me perché ad un evento suonavo Squad Car alla batteria con la band di Paul Johnson anziché lui. Di passaggio ho visto tanta altra gente definibile come leggenda ed è sempre un onore ed una emozione per me, perché sai che hanno composto delle cose storiche, delle pietre miliari della mia cultura musicale».

Surfer Joe è anche il nome dei tuoi locali a Livorno e a Lucca dove  si tiene, in quello di Livorno, un fetival annuale, raccontaci un pò!

Surfer Joe: «Sì, siamo rimasti a Livorno, ahimé il Covid ci ha fatto restringere di nuovo. Ma per i locali, cito Luca e Francesco che hanno fatto e fanno il lavoro vero, portano avanti la baracca e sanno gestirlo al meglio che si possa. Io rimango di base un musicista e ho dato il mio contributo quando ho potuto e saputo, ma il merito va completamente a loro. Comunque, il locale alla Terrazza Mascagni, dove dal 2012 si svolge il Summer Festival, è nato proprio con l’idea di esporre la surf music a un pubblico più ampio. Si respira surf music e si ascolta surf music e musica retrò.

Ovviamente siamo aperti ad altre cose quando facciamo musica dal vivo. Benché il Summer Festival sia il più importante evento di surf music al mondo, nei giorni normali dell’anno il bacino di utenza per questo genere è praticamente nullo! Però, ecco il Diner è partito come supporto al Summer Festival ed è stato una spinta per continuare a occuparsi di tutto questo».

La surf-music è strumentale ma non tutta la musica strumentale è surf-music. Aiuta il lettore ad orientarsi.

Surfer Joe: «Ahi ahi… qui si tocca un testo dolente! Sì, la surf music è un genere strumentale, benché non si possa non definire una parte della musica Californiana degli anni ’60 nella stessa maniera. Vedi i primi Beach Boys. Però ci sono motivi storici legati a questioni tecniche, al marchio Fender, all’evoluzione del genere, ai suoi esordi, che spiegano come mai il surf sia di base strumentale. Pensa a questo: le voci non si sentivano in un concerto live amatoriale nel 1962. Non esistevano impianti audio portatili. Il primo fu lo Shure Vocal Master nel 1968 e poco altro, meno serio, prima di quello.

A meno che si suonasse in una grosso locale, che i ragazzini non potevano permettersi di affittare per fare le loro feste, i microfoni per le voci andavo su ampli da chitarra. Molte di queste band di teenager (la musica surf era musica per i giovanissimi fatta dai giovanissimi…) non avevano neanche un ampli da chitarra per ciascun chitarrista (vedi i Surfaris). Per cui, il microfono inserito nel secondo canale di un Fender Showman o di un Bandmaster non si sentiva!

qualcuno pensò: ‘ma cosa canto a fare?’ Nel frattempo il buon Leo (Fender), che non era un musicista ma un perito elettrotecnico, aveva a cuore tutti i ragazzini che si approcciavano allo strumento e alla musica. La sua fabbrica andava bene e li aiutava come poteva, anche regalandogli gli amplificatori e le chitarre se era il caso. Prestandogli prototipi di strumenti, cosi come accadde per la Stratocaster, lo Showman e l’unità riverbero con Dick Dale o la cassa Bandamaster 2×12″ con Eddie Betrand.

Fender, tra le altre cose, aveva reso le chitarre elettriche più accessibili economicamente e più piccole di dimensioni. In molti potevano comprare una chitarra in qualche modo. Tutto questo mentre alla radio c’erano Ventures, Link Wray e soprattuto Duane Eddy. Il vero idolo che tutti i ragazzini volevano imitare. Tant’è vero che è un errore dire che la surf music sia rock n roll…

Invece deriva dal jazz e dal country, ovvero un incrocio tra quello che i ragazzi studiavano a scuola e quello che avrebbero voluto suonare se avessero saputo suonare (il country e il blues). Ma la cosa più importante di tutte, quella che fece letteralmente scoppiare la musica tra i ragazzini in California, l’ho menzionata poco fa. Quella fu la vera rivoluzione tecnico-storica che capitò esattamente in quel momento: la radio a transistor! Fu grazie alla radio che i ragazzi poterono finalmente portare la musica in spiaggia! Ora sono andato un po’ fuori tema rispetto alla domanda… poi semmai approfondiamo…».

Sei di Livorno posto che ha dato fondamentali pionieri del surf italiano (Marco Romano, Sole Rosi, Valerio Mastracci, ecc. ecc.). Hai vissuto ai Caraibi e sei di casa in So-Cal, quindi la domanda viene spontanea: hai mai fatto surf?

Surfer Joe: «No. Il mio interesse è sempre stato rivolto alla musica e alla sua storia. Mi appassiona. Ma non mi sono mai approcciato al surf neanche quando ero più giovane e potevo (fisicamente). Ero uno sportivo, non ero uno che dormiva e beveva. Questo è uno dei miei rimpianti. Ne ho qualcuno prima di questo come priorità, ma si… il non avere mai fatto surf è un rimpianto».

In genere, da quando è nata la surf-music chi suona surf music non fa surf. Secondo te perché?

Surfer Joe: «Non è cosi. In California la maggior parte delle persone che conosco nel genere hanno fatto surf. In molti non hanno mantenuto l’attività, ma garantisco che in tanti lo fanno, anche ad una certa età. Negli anni ’60 quasi tutti i ragazzini che suonavano in surf bands venivano da ambienti di surfisti in realtà. Non i Beach Boys! È proprio per questo che alcuni gruppi di ragazzi li volevano menare… quei ragazzi che andavano ai concerti al Rendezvous Ballroom al sabato sera e che la mattina erano in tavola. La musica strumentale era riconosciuta come surf music. Un nome uscito per caso. Nessuno a tavolino l’ha chiamata cosi, sia chiaro.

I Beach Boys sputtanavano un mondo intimo. Sdogavano un gergo speciale e una immagine che era per molti ma non per tutti. Atteggiamento da locals, ed è questo che rendeva l’ambiente della surf music e del surf particolari. Queste cose non erano commerciali. Per questo i Beach Boys non piacevano ai surfers. Ma piacevano alle ragazze! Quelli che non erano californiani. Ma nel pieno entroterra americano, ben lontano dal mare, c’era chi addobbava la propria auto con tavola da surf per sembrare un surfer… tanto per farti capire quanto la moda del surf fosse forte nel 1962».

A parte Randy Nauert e Dennis Wilson (ok , lo so che i Beach boys non fanno un genere includibile nella surf-music!) conosci qualche altro membro di band in ambito surf music che faccia anche surf?

Surfer Joe: «Beh Dick Dale era un surfista, così come Eddie Betrand (Eddie & The Showman), il quale ha sempre dichiarato che ha vissuto la vita con la chitarra in una mano e la tavola nell’altra. Come dicevo prima, la maggior parte dei ragazzi che componevano le surf band negli anni ’60 in California venivano da un ambiente di surfers.

Quello facevano i ragazzi. Alcuni sono rimasti appassionati per la vita. Altri lo hanno fatto per moda, perché lo facevano tutti. Cos’altro c’era da fare sulla spiaggia di San Onofre nel 1962? Vedi gli amici, fai surf, ascolti la radio, suoni la chitarra. Hai 14 anni. I tuoi genitori hanno una bella casa. L’economia va alla grande e sono tutti ricchi in California o comunque non hanno problemi di soldi. C’e’ più lavoro di quanta sia la richiesta. Hai le macchine, hai la tecnologia, hai il sole 365 giorni all’anno. La gente si divertiva. La surf music è divertimento puro, punto e basta.

Non c’e’ tematica sociale, non c’e’ tristezza, non c’e’ malinconia. C’e’ divertimento, avventura, azione, suspence, sesso, auto veloci e volume. Tutto qui. Per quanto la musica impegnata sia bella e intensa e ti faccia riflettere, la gente si dimentica quanto sia utile invece quando la musica non vuol dire proprio un cazzo ma ti fa passare due ore di divertimento! Se devo riflettere e pensare al mondo di merda in cui viviamo oggi, basta che accendo la tv!»