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Gp Messico: dopo i Mariachi il grande sonno

Puntata soporifera quella del GP in Messico nel mezzo della telenovela budget cap. Verstappen parte in pole, Russell lo protegge da Hamilton e, in qualche giro, si costruisce un margine che a fine gara sarà di 15 sec sull’inglese. Perez comunque sul podio di casa, immediato poi a zittire i fischi all’intervista di Hamilton. Ministro della difesa di tutti.

Passi un anno a convivere con 13 safety car a weekend, e ti scopri ad augurartene una per sfuggire al torpore del GP del Messico.

Ricciardo in grande spolvero (7) ora che non conta più niente, decide di punire fisicamente il povero Yuki per la sua inconsistenza e lo sperona. Niente safety e giusto 10 secondi di penalità che poi a fine gara non faranno la minima differenza sulla classifica. 

Alonso sbiella la sua Alpine. Le malelingue penseranno che lo abbia fatto intenzionalmente (ammicco ammicco) ma la parcheggia nella via di fuga. Virtual per un giro, Verstappen si frega quei due secondi su Hamilton e poi si torna a correre. Non è giornata. 

Red Bull farebbe notizia se sbagliasse qualcosa. La macchina va come sempre. Hanna Schmitz (voglio avere i tuoi bambini) non sbaglia strategia manco nel sonno. Max la guida che nemmeno la già poca usura delle gomme riesce a scalfire e la gara è finita. Si permette di alzare e abbassare il ritmo a piacimento e di nuovo si dimostra un cronometro a battere gli stessi tempi giro dopo giro. Con rosse intorno che girano tenute insieme a scotch e preghiere o tedesche che fino a ieri facevano la strategia giusto tra di loro, parlare di campionato immeritato è delirio psicotico.

Piuttosto è stata subaffittata la concorrenza alla affidabilità. Che oltretutto ha tradito Verstappen giusto un paio di volte, tre Perez. Poi basta, a martello. 

Ci aspettavamo ben poco da questo GP del Messico, ma così è un po’ troppo poco…

Le ultime botte di questo campionato ormai assegnato potrebbero regalarci l’ultima sorpresa giusto alla fine. Red Bull, non paga di aver vinto i piatti principali, ci delizierà con un 1-2 in classifica piloti ma è la sfida per il secondo posto che potrebbe ribaltare le aspettative già riviste al ribasso di Ferrari. 

Come se non bastasse la sonnolenza coatta, aggiungiamoci una scuderia in meno a giocarsela dietro all’intoccabile Max. Sottraendo la bagarre iniziale dove le Rosse hanno duellato tra loro, sono poi scomparse dalla visuale ma non per colpa della regia, che onestamente è stata meglio del solito. Weekend incolore sin dalla qualifica di sabato. In gara né lo spagnolo né il monegasco hanno potuto granché con un motore depotenziato e hanno chiuso rispettivamente quinto e sesto. Ex Ferrari che tempo fa predicavano l’inattaccabile ricerca delle prestazioni a discapito dell’affidabilità ‘che tanto poi arriva’, devono assistere al naufragio delle proprie teorie davanti (meglio dire dietro) a una Mercedes che ha fatto del finire le gare la priorità, e che partita con un TROTTEN, a due gare dalla fine dista 40 pti.  

Ma in questo caso i numeri contano meno. Non m’interessa la classifica per sé ma il progresso. Ieri Hamilton ha mancato di nuovo di agguantare la vittoria che tanto cerca per inseguire il suo primato, e superare Sainz in classifica piloti è poca consolazione. Fatto, ma mentre la Ferrari inconsciamente regalava prima e si aggrappava al sogno poi, Mercedes si è inserita tra i piani alti e nelle ultime gare ha effettivamente sfrattato le Rosse. Hamilton in particolare, è diventato il nuovo P2 al posto di Leclerc. Magari non ce la faranno, chissenefrega. Ripeto: è la progressione che trovo indicativa. Serve a poco in ogni caso, Toto Wolff, intervistato in settimana mentre si asciugava le lacrime per i giovani virgulti di RedBull bullizzati a scuola, ha accennato allo sviluppo per il prossimo anno. Mentre il DNA della macchina rimarrà uguale ci saranno diversi cambiamenti. Sarebbe nel loro interesse lasciar arrivare seconda la Ferrari a questo punto per avere un pò di tempo in più in galleria del vento. 

Nella dormita di questo GP del Messico si è chiuso il sipario anche sulla questione dell’anno. La Federazione si è finalmente pronunciata sull’infrazione del budget cap da parte di RedBull.

Come volevasi dimostrare è finita a tarallucci e vino. Il team di Marko se la cava con una multa da 7 milioni e il 10% in meno di galleria del vento. 

Se vi pare poco, sentite qua: la multa è esclusa dal budget dell’anno prossimo, quindi 4 minuti di vendite di energy drink e via. Quel 10% invece è stato quantificato da Horner in mezzo secondo di velocità, ma non vi dice che lo possono spendere già nelle ore relative a quest’anno. Capisco e condivido la sua angoscia considerato che, vincendo il campionato ne avranno un altro 5% in meno e viaggiando in media sui 15 di vantaggio le prospettive per il 2023 sono tremende. 

Battutoni a parte, il regolamento ha dimostrato di non essere al passo con lo sport che dovrebbe regolamentare e le persone che dovrebbero imporlo non fanno eccezione. Poco importa che nero su bianco Marko&C abbiano effettivamente sforato di poco, lo dice il regolamento. Ma quel poco è potenzialmente decisivo e indica ancora una volta come anche al di fuori della pista l’intepretabilità a questi livelli sia inaccettabile. Stiamo anche parlando di belle cifre che con l’introduzione del budget cap hanno imposto ai vari team di spendere quei soldi altrove.

Se Ferrari ci ha tirato fuori un’altro team da corsa con una macchina sviluppata da zero, per tornare a correre a Le Mans dopo 50 anni, Mercedes ci ha fatto una barca da regata. 

Ora, come ho già detto, bisogna anche sapere dove spenderli quei soldi, ma il principio di fondo rimane sbagliato ed è inattaccabile. Come in altre occasioni ci siamo lamentati della gestione in pista e qualche passo nella giusta direzione è stato annunciato mi auguro che anche nell’ambito amministrativo si possa migliorare.

Soprattutto Horner e Verstappen (il daddy) però, dovrebbero essere quelli concilianti. Ordinare un silenzio stampa perché, salvo sfottò ingigantito come bullismo, i tuoi argomenti non stanno in piedi è poco costruttivo. Seidl da McLaren ha sbottato all’ennesima baggianata e ci sta. E il primo a pagarne le spese è proprio Max perché saranno i suoi campionati che verranno chiamati di cartone, a dispetto delle qualità, della consistenza e per tutto quello che ha faticato (e subìto considerando il padre) per arrivare in testa alla classe regina del motorsport.  Avere i soldi non basta.