De Zerbi

De Zerbi, il bel giuoco e la stampa italiana

Roberto De Zerbi ha esordito in Premier League. Alla sua prima partita sulla panchina della squadra già rivelazione grazie a Graham Potter, ha pareggiato 3 a 3 contro un Liverpool piuttosto in difficoltà. Per la stampa italiana Roberto De Zerbi é un genio. É tutto merito suo. É iniziata la sua era al Brighton & Hove Albion Football Club, che prima di lui sembra non essere esistito.

La stessa stampa italiana che quando Max Allegri ha vinto 5 scudetti di fila, arrivando anche a giocare 2 finali di Champions League, dava il merito ad Antonio Conte. Peccato che il bell’Antonio la finale di Champions League, praticamente con la stessa Juventus, l’abbia vista in televisione.

La stessa stampa italiana che, dopo aver esaltato Simone Inzaghi, oggi, lo reputa un pirla. Ha vinto due trofei ed é arrivato secondo in campionato, a 2 punti dalla vincitrice, al primo anno all’Inter. É stato eliminato in Champions agli ottavi pur battendo il Liverpool ad Anfield, ma il merito, l’anno scorso, era di Antonio Conte. Peccato che il bell’Antonio, gli ottavi di finale, con un’Inter più forte, li abbia visti dal divano.

Soprattutto: perché l’effetto Conte alla Juventus è durato cinque stagioni mentre all’Inter solo una?

Non capisco perché Roberto De Zerbi venga mitizzato in questa maniera, senza aver fatto nulla di particolare per meritarlo.

Ho sempre pensato che De Zerbi, potenzialmente, potesse e possa essere il primo allenatore italiano della nuova generazione a tornare sulla panchina di una grande europea. Lo penso e lo pensavo ben prima che lo mitizzassero senza alcun motivo. Sì, perché il Sassuolo, tolto lui, é rimasto lo stesso, forse anche meglio. Il suo Shakhtar Donetsk era un mezzo disastro, diciamolo, e perse proprio contro l’Inter di Inzaghi. Spero che cresca, per ora mi sembra uno dei tanti che si veste e si atteggia da Guardiola. Per tanto, merita il lavaggio del posteriore da parte di una stampa vittima di uno strano incantesimo.

Un incantesimo che nasce da Arrigo Sacchi, certo meritevole di lodi per aver portato il professionismo estremo in Italia, una mentalità nuova e metodi di allenamento avanzati, meno per ciò che ha fatto dopo 3 stagioni di Milan. Lodi esagerate e stucchevoli dopo 30 anni, a dispetto del risultatista e quindi spesso criticato Fabio Capello, che invece ha vinto sempre e comunque. Chi parla del Parma di Sacchi non lo ascolto nemmeno. A furia di mitizzare tutti gli allenatori che fanno brillare le squadre delle Serie inferiori e delle giovanili siamo pieni di Maestri Giampaolo che distruggono i ragazzi sin dai primi calci. Preferiscono fare il Grande Fratello che giocare a calcio.

La stampa italiana è quella che dà dei bolliti a Carlo Ancelotti e José Mourinho ed esalta De Zerbi senza che abbia fatto nulla di particolare. In nome del bel giuoco, come se il bel giuoco volesse dire qualcosa e fosse un valore universalmente riconosciuto.

Se chiediamo a 100 persone diverse che seguono il calcio davvero – che vedono per davvero le partite, cosa rara – avremmo 100 idee differenti di quel che significa bel giuoco. Eppure, in Italia, sulla categoria bel giuoco s’è fondata la verità calcistica degli ultimi 30 anni, esattamente quelli che ci hanno portato via tutti i campioni, il titolo di miglior campionato del mondo e la Nazionale dai Mondiali. Noi, un tempo patria dei Gianni Brera, dei Beppe Viola e dei Raimondo Vianello, per il versante più d’intrattenimento, Siamo vittime degli Adani, dei Cassano e delle Bobo Tv. Noi che abbiamo vinto tutto giocando all’italiana, oggi perdiamo tutto per inseguire il Guardioismo, ché il Cholismo è l’anti-calcio.

Sono 30 anni che ci ripetono ossessivamente che i tecnici italiani sono i migliori del mondo, che la Scuola di Coverciano è all’avanguardia. Peccato che, all’estero, in squadre dal blasone internazionale, allenino solo Ancelotti e Conte. Due della vecchia guardia, il secondo neanche nella primissima fascia di Club. C’è De Zerbi in Premier League, per la nuova e neanche giovanissima generazione, osannato per un pareggio ottenuto con una squadra che ha cambiato allenatore perché quello che aveva è passato al Chelsea.

C’è Gennaro Gattuso al Valencia, considerato un pirla in patria, che ha un anno in più di De Zerbi, considerato un giovanissimo genio a 43 anni. Marco Rossi, che nessuno considera perché si è sempre fatto gli affari propri. Francesco Farioli, che tutti esaltano perché ha allenato i portieri di De Zerbi e sta facendo così bene in Turchia.

Stessa Turchia in cui Montella e Pirlo hanno annegato le proprie ambizioni, per la stampa italiana. Eppure è il trampolino di lancio dell’allievo di De Zerbi. Decidetevi.

Poi c’è tutta una serie di allenatori italiani dispersi per il globo che nessuno considera neanche. Nel resto del mondo ci sono molte altre scuole che sfoderano allenatori anche più giovani dei nostri e preparati, spesso anche più dei nostri. Perché non accettiamo i nostri limiti e da questi non ripartiamo? Nessuno chiama più gli italiani per crescere. Sono sempre più eccezioni, sia in campo che in panchina.

Il Chelsea ha preso Potter, non De Zerbi che era libero e più giovane di quattro anni. Ci sarà un motivo?

De Zerbi, il 18 novembre 2013, firmò il suo primo contratto da allenatore con il Darfo Boario con cui retrocesse in Eccellenza. Il 1º luglio 2014 diventò il nuovo allenatore del Foggia. Concluse la stagione 2015-2016 al secondo posto in classifica del girone C della Lega Pro con 65 punti, classificandosi per la disputa dei play-off come migliore seconda dei tre gironi, poi persi in finale contro il Pisa. Il 14 aprile 2016 vinse la Coppa Italia Lega Pro battendo in finale il Cittadella. Nonostante il prolungamento del contratto fino al 2019, il 14 agosto 2016 la società ufficializzò il suo esonero a causa di divergenze di vedute.

Passato al Palermo, l’unico successo in Serie A di quella stagione, De Zerbi, lo ottenne il 21 settembre seguente, nella trasferta contro l’Atalanta. Il 30 novembre la società siciliana, infatti, ne comunicò l’esonero. Il 23 ottobre 2017 fu nominato nuovo allenatore del Benevento in sostituzione di Marco Baroni. Nonostante il buon impatto avuto sul gioco della squadra non riuscì a salvare i sanniti dalla retrocessione. Si piazzò all’ultimo posto con 21 punti. Al termine del campionato, annunciò l’addio al Club campano.

Nel mese successivo alla separazione dal Benevento, venne ufficializzato come nuovo allenatore del Sassuolo, prendendo il posto del non confermato Beppe Iachini e sottoscrivendo un accordo fino al 30 giugno 2020. Dopo tre stagioni di buon livello sulla panchina neroverde, con un undicesimo e due ottavi posti (l’ultimo a pari punti con la Roma che si qualifica alla Conference League per la differenza reti), il 16 maggio 2021 l’allenatore annunciò la sua decisione di lasciare il Club a fine stagione. Il 25 maggio 2021 fu nominato nuovo tecnico dello Shakhtar, con cui firmò un contratto biennale. Ottenuta la qualificazione alla fase a gironi della UEFA Champions League nei turni preliminari, ha vinto la Supercoppa d’Ucraina, battendo 3-0 la Dinamo Kiev. Il 13 aprile 2022, quasi due mesi dopo l’invasione russa dell’Ucraina, il campionato è stato sospeso, con lo Shakhtar al primo posto in classifica. Oggi ha sostituito Graham Potter passato al Chelsea.

Graham Potter, nel 2011, iniziò allenando l’Östersund, piccola squadra svedese all’epoca militante nella quarta divisione nazionale.

Nel giro di due anni, grazie a due promozioni consecutive, portò la squadra in seconda serie, categoria mai raggiunta dal Club prima di quel momento. Dopo una tranquilla salvezza nella Superettan 2013 seguita da un quinto posto nel 2014, la sua formazione conseguì il secondo posto nel 2015. Questo permise all’Östersund di raggiungere una storica promozione in Allsvenskan, ovvero la più alta divisione nazionale.

All’esordio assoluto nella massima serie, la squadra chiuse il torneo all’ottavo posto. Il 13 aprile 2017, Potter e l’Östersund alzarono la Coppa di Svezia, grazie alla vittoria per 4-1 in finale contro l’IFK Norrköping. Questo successo permise all’Östersund di qualificarsi all’Europa League per la prima volta. Nel corso della competizione continentale, i rossoneri eliminarono nei turni preliminari Galatasaray, Fola Esch e PAOK Salonicco. Superarono un girone composto da Athletic Bilbao, Hertha Berlino e Zorja Lugansk. La corsa europea si interruppe solo ai sedicesimi di finale per mano dell’Arsenal, nonostante una prestigiosa vittoria all’Emirates Stadium nella partita di ritorno.

Nel giugno 2018 Potter e il suo assistente Billy Reid lasciarono l’Östersund per trasferirsi allo Swansea City, squadra militante in Football League Championship (seconda divisione inglese), che li acquistò in cambio di un milione di euro nelle casse svedesi. Al termine di una stagione altalenante, gli Swans chiusero il campionato al decimo posto in classifica.

Nel 2019, dopo un solo anno allo Swansea, Potter è diventato il nuovo allenatore del Brighton, squadra militante in Premier League. Sotto la sua gestione, i Seagulls, dopo aver centrato due salvezze agevoli, hanno chiuso la Premier League 2021-2022 al nono posto, miglior piazzamento di sempre per il Club.

Il Chelsea ha scelto Potter: voi chi avreste assunto tra i due?

No, non sono un risultatista, mi pongo solo una domanda. C’è chi apprezza il gioco rispetto ai risultati e ha ragione, a proprio avviso. Come ha ragione chi la vede in modo più pragmatico e cerca il risultato in modo meno strutturato, adeguando la propria idea al materiale umano a disposizione. Senza richieste eccessive e senza divergenze d’opinione in nome della propria idea di calcio.

Le squadre di Guardiola sono molto ben organizzate ma io credo che non tutti vogliano le squadre molto ben organizzate. Perché l’organizzazione la puoi avere, la devi avere in fase difensiva. In fase offensiva se ti leggono bene è molto più facile. Se io volessi fare il Real Madrid organizzato dovrei dire a Benzema: ‘senti tu devi fare il delantero sempre, devi fare il centravanti, non devi andare a sinistra perché a sinistra c’è Vinicius’. Ma se il genio Benzema pensa che a sinistra possa creare qualcosa di positivo per la squadra… Perdiamo un po’ di organizzazione? Sì. Ma ne acquistiamo in creatività, imprevedibilità. Io distinguo bene. Nell’assetto difensivo l’organizzazione dev’essere perfetta e maniacale. Perché quando non hai la palla se non sei ben posizionato vuol dire che non sei attento. Con la palla, invece, se mi leggono… Se io ho sempre Modric sulla tre quarti, lo leggono. Ma Modric si sposta, va a sinistra, va a destra. A volte Kroos va in mezzo ai due centrali. Sono indicazioni che tu dai ma non è categorico. Lo decidono loro. Avere le squadre molto ben organizzate in fase d’attacco non so se sia un vantaggio.

Carlo Ancelotti a Paolo Condò, Sky

Come ho sempre ritenuto De Zerbi uno che potrà ambire ai Club più importanti del mondo, non lo esalto per cose che non meritano esaltazione. Come non ho mai reputato dei bolliti Mourinho e Ancelotti, così non li reputo dei geni. Li ritengo semplicemente persone di buon senso. Che hanno una carriera che non può non contare nulla, al pari di Allegri o Simone Inzaghi, i più criticati del reame.

L’ancelottismo è il camaleontismo? Sì, non mi vergogno di difendere nella mia area se dopo abbiamo la possibilità di fare un contropiede ben fatto, con passaggi, perché no. Io credo che i successi di quest’anno del Real Madrid siano arrivati col gioco basso che è iniziato con la partita con lo Shakhtar. Dopo le due sconfitte con Sheriff e Espanyol c’è stata la pausa e durante la pausa ho parlato con diversi giocatori e abbiamo trovato la soluzione nelle partite che sarebbero seguite – la prima era con lo Shakhtar – nell’avere un blocco più basso: difendere meglio e sfruttare di più la velocità in contropiede. E da lì, con lo Shakhtar abbiamo vinto 5-0 (lo Shakhtar di De Zerbi e del possesso palla), e da lì abbiamo fatto nove o dieci vittorie di fila con un blocco basso. Non stavamo a preoccuparci di andare a pressare a tutto campo.

Carlo Ancelotti a Paolo Condò, Sky

Perché anche Ancelotti è stato un integralista, ma al Milan capì che si poteva anche trovare una soluzione vincente senza alcun integralismo, in base ai calciatori a disposizione. Quello è stato l’inizio dei suoi successi. L’umiltà di ammettere che l’orchestra va costruita per esaltare i musicisti, perché sono loro che suonano, non il Direttore.

Io non ce l’ho con De Zerbi, né con gli allenatori integralisti, ma con la stampa italiana. Vorrei solo che la si smettesse di creare miti senza meriti per distruggerli alla prima difficoltà. Iniziare a dire la verità sarebbe il miglior modo per iniziare a risolvere i problemi. Del calcio in questo caso, che è sempre specchio fedele della società.