Una qualifica ad altissima tensione. Una pole da 3 decimi su Verstappen. Una partenza perfetta (finalmente) e un ritmo, fino a metà gara, definibile come hammertime per i tempi che stava registrando. Sainz e Verstappen dritti, causa vento (?), nella stessa curva. Magnussen ed Hamilton che si toccano e finiscono in fondo alla griglia senza aver terminato un giro. Sembrava che il GP di Spagna fosse perfetto per Leclerc. Russell, poi terzo (!), e Perez all’inseguimento di Bottas hanno tenuto sempre alti i battiti anche dietro le prime posizioni.
Il GP di Spagna non ha mezze misure.
Tanti escono sconfitti, a cominciare dalla Ferrari che non consegna un vero incremento delle prestazioni a dispetto delle (ennesime) promesse. Sta correndo con un solo pilota e, per loro fortuna, quel pilota è Charles Leclerc. Nell’altra rossa c’è un Sainz che è veloce quando non serve, che va a prendere punti solo a chi è fuori dal Mondiale. Insomma, è quello che non c’è mai quando serve. Sicuramente conterà il fatto che la macchina non si guida com’è nelle sue corde. Non è, però, il solo in griglia a dover guidare queste nuove auto impostate molto sull’anteriore e che tanto, appunto, dividono i piloti.
Come mi ha ricordato qualcuno: il peggior Bottas. Oggi è arrivato quarto perché Hamilton stava cuocendo in macchina, dopo aver rimontato tutta la griglia. Con una macchina inferiore, che lo stava mettendo dietro dopo l’ennesima brutta partenza. Stavolta non c’era la scusa della pista sporca o degli australiani che non sanno frenare sul bagnato, poteva essere un caso isolato, ma non può essere la regola.
Se Sainz vuole vedere come si fa a fare il secondo basta guardare il messicano della Red Bull. Perez ha fatto una gara da manuale e, quando c’è stato bisogno, ha passato Russell con l’aggressività di un Luchador e tanto mestiere.
Oddio, anche tanta macchina. La Red Bull in gara va sempre tanto e si vede. Hanno annullato i due DNF alla sesta gara del Mondiale, Verstappen ha vinto tutte le gare che ha finito e qui lo ha fatto con un’uscita di pista e un DRS che non funzionava. Andando poi a riprendere il compagno prendendogli un secondo e passa al giro. Poteva essere tutto perfetto. Potevano portare a casa un pesante 1-2 prima di Monaco, il sorpasso in classifica con eleganza… ma è arrivato quel brutto messaggio radio:
Checo fai passare Max.
Che sia uno sport di squadra non si discute, per me è lo sport di squadra per eccellenza, però c’è un innegabile componente individuale. Un tempo il cosiddetto ordine di scuderia non si poteva dare. Salvo certi team, vedi Ferrari, ne fecero una regola prima e un’arte (povera) poi. Ma con quasi mezza gara davanti, un pilota che sta recuperando a quel ritmo sul compagno, non c’era bisogno di quel messaggio umiliante. Non c’era il minimo dubbio che non avrebbe ostacolato un giusto sorpasso.
C’era davvero il bisogno di esplicitare in questo modo? Qualcuno in Red Bull ha ancora dubbi sulla professionalità di Perez?
Verstappen si preoccupa puntualmente di ringraziare per radio il compagno, ma il danno è fatto, con l’aggravante dell’evitabilità.
Quello che invece se la gode per il suo numero due, che è veramente suo, è il team principal Mercedes. Se oggi Toto Wolff dovesse spiegare tutta quella fiducia in George Russell dovrebbe solo far rivedere i giri in cui si è difeso da Verstappen. Aiutato da un DRS sulla Red Bull che faceva le bizze. Sono stati momenti pazzeschi.
È stata un Gp di Spagna emozionante dall’inizio alla fine, ma sono quelle staccate l’immagine che ho impressa.
Non era importate chi dei protagonisti avrebbe vinto la gara o il Mondiale. Stavamo guardando quello che immaginiamo da bambini sia il correre in F1.
Prestazioni e qualità dei piloti si vedono molto più spesso sulla lunghezza della corsa. In certi casi neanche sul singolo risultato. Russell era già arrivato sul podio questa stagione, però si parlava sempre di Red Bull e Ferrari. Lui, però, è sempre arrivato a punti con una macchina che non era neanche l’ombra di quella promessa mentre faceva la sua gavetta in Williams: per me il DOTD e lui.
Mercedes ha deciso di aver fiducia in quella macchina così estrema rispetto a tutte le altre e sta iniziando a raccogliere i frutti.
Russell ha guidato da grande. A dire la verità anche Hamilton, che dal fondo della classifica a causa di un contatto con Magnussen al primo giro, si è ricordato come si chiama e ha risalito 14 posizioni
Non vorrei dirlo, ma mi dà l’idea di non averne più voglia. Chiedere di ritirare una macchina che non è rotta non sembra la frase di un Sir Lewis Hamilton 7 volte campione. Sinceramente non l’avrei premiato come Driver Of The Day proprio per quel disfattismo iniziale.
Se c’è stato un momento in cui Alpha Tauri sembrava quella che potesse giocarsela meglio a metà classifica, la GP di Spagna ho visto un Gasly non più brillante.
Soprattutto in qualifica non ha compensato le performance in gara della macchina. Certo, con i dovuti limiti della meccanica, mi ricordo che anche Russell guidava una Williams a pedali, ma in qualifica si faceva vedere in Q2. Sicuramente sono contento di vedere i progressi innegabili di un giovanissimo come Tsunoda. Non è consistente, ma il sospetto che sia la macchina a dar molto da pensare.
Facendo il paragone con altre scuderie come Alfa Romeo e Haas – motorizzate Ferrari, che sono passate da segnaposto a rischiare podi – una motorizzata Honda e secondo team Red Bull mi dava più speranze.
Poco cambia invece per McLaren, che sembra vivere alla giornata. Norris ha corso lo stesso, nonostante una tonsillite, ed è arrivato di nuovo a punti. Spesso, però, si ha l’impressione che quelle due auto arancioni siano lì a far numero. Oltretutto se McLaren brilla lo fa sempre e solo con lui, visto che Ricciardo non è pervenuto. Stiamo parlando di uno dei 5 più pagati. Avrebbe dovuto dimostrare tutto e di più ed è regolarmente dietro. Non dietro l’angolo pronto a fregarti il posto come certi Bottas, però! Se questo è il risultato, non voglio dire che sia a rischio come Latifi, ma dovesse continuare così il prossimo sarà un posto in Formula E.
Alpine invece sta trovando regolarità, non senza inciampi. I punti ci sono e, se non ricevono tutte queste attenzioni dalla regia, è anche perché non stanno sbagliando molto.
Ci sono stati alti e bassi in particolare con il pilota francese. Hanno fatto entrambi la loro gara, sapendo che, oltre un certo tempo, non sarebbero potuti andare Sicuro i piloti erano due. Considerata la situazione di tanti team che corrono con un pilota solo, non è un aspetto così scontato.
Chi può saperlo meglio di Bottas? Il finlandese dell’Alfa Romeo è da solo dall’inizio dell’anno e sta dando tutto, con meritati risultati. perché se la macchina è motorizzata Ferrari, il resto del team non è considerato di prima scelta, a dispetto dell’anzianità di Sauber nel Circus. Al GP di Spagna non è arrivato dove avrebbe voluto e la strategia del team ci ha messo del proprio. Non tanto per l’erronea convinzione che un cambio in meno avrebbe dato tutti quei vantaggi, ma per l’impossibilità di saper cambiare in corso d’opera.
Il saper cambiare in corsa è un aspetto che molto più di altri ci dà una misura delle effettive potenzialità di una scuderia.
Non è stata l’unica gara buona di Bottas, che si sta meritando più fan adesso che suda per ogni punto. Zhou, che è arrivato immeritatamente in F1, invece, non sembra stia trovando i mezzi per galleggiare. Se ormai ci sono dubbi che Latifi possa addirittura finire il suo campionato in Williams, il pilota cinese dell’Alfa Romeo non può certo stare tranquillo. Lo sa benissimo Albon che, anche se nel GP di Spagna non ha brillato, ha dimostrato di avere le qualità. Questo, comunque, non ha impedito a Helmut Marko di silurarlo ai tempi di Red Bull. Tempo al tempo? Sicuramente, però i posti a disposizione sono pochi e ambiti, di sponsor e nazioni che spingono per un loro pilota ce ne sono tanti.
Il GP di Spagna è l’occasione per fare il punto della situazione sullo stesso circuito dove sono stati fatti i primi test. É spesso la tappa del primo bilancio, per capire quanto si è cresciuti o cosa manchi all’appello.
Si è parlato tanto di quanto avrebbero influito gli ultimi aggiornamenti; della nuova Aston Martin e delle somiglianze con Red Bull. Delle ennesime modifiche di Mercedes senza ormai prestargli troppa attenzione. I Ferraristi erano famelici per le tanto attese novità che avrebbero dovuto restituire il vantaggio alle Rosse di Maranello.
La Catalunya ha tirato fuori dal cappello i timori sull’affidabilità della Ferrari, che fino a ieri sembrava essere l’unica a non doversi preoccupare di problemi tecnici. Ha rimesso sul podio una Mercedes che era l’ombra di sé stessa. Ha inchiodato alle proprie responsabilità piloti come Sainz e Ricciardo. Contemporaneamente ha spedito gli avvisi ad altri con cognomi celebri. Ha premiato Mercedes e messo in luce il suo pilota del futuro. Perché Russell, più di Hamilton, è stato pazzesco.