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Surf: alcune specifiche come in Posta Restante

POSTA RESTANTE era la seconda pagina, la seconda rubrica, dopo INTRO, su SURFER – la Bibbia del surf! – più interessante del panorama surfistico. Si approfondivano questioni e argomenti del numero precedente e se ne introducevano di nuovi.

Era la mia rubrica preferita e ho pensato di citarla in queste righe che auspico chiariscano i dubbi suscitati dal mio precedente articolo (leggi qui).

L’ultimo articolo pubblicato, infatti, ha avuto molti riscontri e molte visualizzazioni. Lo scopo del mio scritto era di fare un quadro della situazione e, magari, creare una discussione sull’argomento. Ho usato iperbole e paradossi pur cercando di contestualizzare, nell’insieme, i vari punti toccati ed evitare che venisse frainteso il senso e si pensasse a una provocazione fine a sé stessa.

Probabilmente alcuni hanno frainteso e, di conseguenza, non hanno gradito. Mi hanno scritto per lamentarsi. In alcuni casi sono stato colpito anche dal fuoco amico. Stando a quanto mi è stato scritto dalla maggior parte dei lettori, l’articolo è piaciuto. Potrei ritenermi soddisfatto perché, alla fine, non si può accontentare tutti. Questa cosa del «non si può accontentare tutti» è un po’ una toppa e non è mai piaciuta. Magari è vero, ma bisogna tentare di accontentare tutti quindi voglio spiegare in poche battute il mio intento a chi avesse frainteso.

Se vieni frainteso è perché non hai fatto un lavoro eccellente, magari hai fatto un lavoro efficace ma non eccellente. Il mio intento non era attaccare chi fa yoga o insinuare che sia estraneo al surf.

Una delle più iconiche legend, Gerry Lopez, fa yoga da sempre e lo ha diffuso nel surf-mondo. Non era mia intenzione denigrare la rubrica di surf della Gazzetta, scrivo anch’io una rubrica settimanale; né le surf school: sono istruttore di surf ed organizzo corsi di surf. Non volevo neppure prendermela con i tour operator, dove spesso vado a tenere dei workshop. D’altro canto, quando lamentavo l’inadeguatezza di molti surf-shop, sottolineavo, al contempo, l’essenzialità della loro funzione.

Circa geometri, ingegneri, consulenti, dentisti, manager ecc. ecc. era ovviamente una iperbole e, infatti, la stragrande maggioranza dei miei amici si trova a svolgere queste professioni. Circa i van, la maggior parte delle volte che parto con i miei pards per un down patrol o un surfari andiamo in van. Io ho avuto 3 van. Al nostro corso di surf, Surf Experience, portiamo le  persone con un comodo van. Potrei continuare a puntualizzare ma rischierei di annoiarvi se non l’ho già fatto, al limite rileggete l’articolo che si trova QUI.

Veniamo al dunque. Tutte queste cose di cui ho parlato sono sicuramente tra gli ingredienti del surf e nessuno lo mette in dubbio e nemmeno io. Sono elementi che ne fanno parte. La mia critica è che questi elementi che contribuiscono a definire e ad arricchire il surf non possono sostituire l’essenza principale del Surf.

Imparare a stare in equilibrio su una asse scivolando sulle onde e fare parte di una cultura secolare, di una pratica millenaria che inizia nell’arcipelago polinesiano. É necessario tenerlo sempre presente. Si rischia di perdere l’identità e la cultura del surf perché il rischio è di trasfigurare il surf in un mero sport o in una posa.

Avevo premesso nell’articolo che, in altri paesi dove il surf è storicizzato, si vive la stessa preoccupazione, ma con molta più serenità e meno scalpore di fronte ai frequenti articoli sul tema. Succede spesso. Magari avrei fatto bene a tenermi sul vago e sul generale, senza entrare nello specifico dei confini nazionali, ma sono sicuro che non avrei fatto un buon servizio a nessuno, tantomeno ai ragazzi che si approcciano al surf. Loro sono la priorità per la sopravvivenza del surf italiano che, comunque, non è disgiunto dal surf planetario. Vale anche per chi non è più un ragazzo questo discorso.

Un’altra iperbole che ho scritto era la frase: «Oggi nessuno dei pionieri del surf italiano inizierebbe a fare surf. Io no di sicuro».

Pensavo che fosse presa per tale o come una provocazione; al limite come un paradosso, perché più passano gli anni più sono un accanito surfer. Mi mettevo  nei panni di un ragazzo come lo eravamo noi che, inconsapevoli, ci siamo trovati a essere pionieri di qualcosa mentre cercavano solo di stare tra amici e di divertirci, scivolando sulle onde con le nostre assi da surf. Né più né meno. Senza sovrastrutture e senza essere abbagliati dagli specchietti come allodole. Questo era quanto volevo dire e trasmettere

Spero che sia arrivato, adesso, anche a quei pochi che hanno frainteso. Mi dispiace se ci sono rimasti male. Vorrei aggiungere che questo articolo va letto in continuità con gli articoli precedenti, per continuità narrativa, di storytelling se preferite. All that’s folks!