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Riviera: la nascita surf e l’ineffabile Taz

Quando si parla di surf nazionale si parla principalmente di costa ovest. Si tende a tralasciare la costa est. Si fa sicuramente un torto non tanto alla riviera adriatica quanto al surf italiano, perché si trascura una parte di storia importante. É oggettivamente vero che le condizioni per surfare non sono ottimali, come quelle della costa tirrenica. Le onde sono per lo più poco consistenti e anche la frequenza è minore. Inoltre, la temperatura è quasi artica in inverno.

Tuttavia, la Romagna, la sua riviera e i suoi abitanti hanno nel DNA uno spirito di intraprendenza e di ospitalità che ha pochi rivali su questo pianeta. Anche li l’urgenza del surf arriva. 

Nel ravennate gli abitanti hanno la vocazione all’agricoltura e alla pesca. Sia in acqua dolce, lungo i vari affluenti del Po con la pesca con grosse reti quadrate, sia in acqua salata dove si fa pesca d’altura. Oltre a ciò hanno uno spiccato spirito d’intraprendenza che si traduce in imprenditorialità. 

Fatto il quadro della riviera adriatica iniziamo a parlare dell’Andrea Tazzari, il Tazzo.

Il Tazzo è di Ravenna. Ha il suo approccio al surf nel 1982 nella zona prediletta da Pupi Avati per ambientare i suoi horror gothico-rurali, a Lido di Spina. Quando tutti veleggiano sul sailboard, che da noi chiamano windsurf, lui inizia a fare bodyboard sulle onde create dal refolo di vento del tardo pomeriggio usando due rulli d’alaggio.

Anche per lui il tarlo che ha scavato il solco è stato Un Mercoledì da leoni di John Milius visto in una arena estiva (cinema all’aperto). L’urgenza di surfare è immediata ma soddisfarla non è semplice. Come abbiamo visto, però, l’intraprendenza è nel DNA locale. L’urgenza di surfare è anche condivisa da altri. Tra questi l’amico Marco Gerbella che, di ritorno da un viaggio in interrail, da Biarritz, porta con sé la scoperta del surf. 

Per fare surf non occorre molto alla fine. Occorre certamente il surfboard. Così, nel 1983, con Marco Gerbella, Guancia (Lodovico Baroncelli) e un gruppetto di amici si costruiscono un surfboard. Non viene nemmeno malaccio, al punto che hanno diverse richieste e in 3 anni ne vendono 42.

L’idea, a dirla tutta, non era nemmeno quella di surfare in riviera, ma di vendere qualche surfboard e poi andarsene a surfare a Biarritz.

Parzialmente va così perché con l’incasso delle vendite dei loro surfboard marchiati Tazz&Gerby (notate l’assonanza con Tom&Jerry?) vanno sì a Biarritz, ma scoprono che in effetti anche in riviera si può surfare!

Alea iacta est! Nel 1987 nasce Danger surf shop aperto con Alex Cantelli. É il primo surf shop della riviera dedicato al surf da onda. Parallelamente i surfboard, ora del brand omonimo del surf shop, vengono fatti in collaborazione con Tommaso Mancini che, professionalmente, produce windsurf con il suo brand Logical.

Intanto il Tazzo frequenta l’Università di Bologna con indirizzo matematica. L’intento era quello di fare il programmatore. La speranza era che la facoltà inserisse i corsi di informatica, cosa che poi succedesse, ma il nostro avrà già mollato il colpo.

In effetti il surf si è già impossessato del nostro gentiluomo di fortuna e del Guancia. Il Guancia possiede, probabilmente, la più grossa collezione di surfboard in Italia. Roba di gran pregio. Formano, con altri amici, il Riviera Surf Club che, poco dopo, diventerà F.I.S.O. (Federazione Italiana Surf da Onda).

Sia il Riviera Surf Club che la F.I.S.O. hanno uno spirito molto So-Cal e cioè non improntato sui contest quanto sul fun-fun-fun.

I contest sono sharade tra amici e tra amici si spostano in cerca di altri spot lungo la riviera e da lì nasce: SurfNews! Sono i tempi in cui i surfer ascoltano ancora punk e il d.i.y. è sempre la via più immediata per fare le cose che bisogna fare. Go for it, dudes and betties!

SurfNews nasce come ogni fanzine che si rispetti: fotocopiata. É una fanzine perché è fatta da fanatici del surf. Per questo motivo è anche un fUnzine. É uno spasso che informa. All’inizio sono 4 fogli fotocopiati per poi diventare centinaia di 4 fogli stampati. Poi i fogli si aggiungono e così le rubriche. Report di viaggi, interviste, recensioni. Spieghe di surfboard e pinne, recensioni di libri e recensioni di video, tutto inerente al surf. La soundtrack è quella di quegli anni: punk, h.c., reggae, skacore, garage, insomma… quella roba lì di quegli anni li. La grafica idem.

É già tanto ma è solo un contorno, perché il grosso, il pezzo forte, la Nike di Samotracia che svetta sul radiatore sbuffante è lo speciale SurfNews spot guide.

É un lavoro pionieristico di importanza fondamentale. É il Manuale delle Giovani Marmotte di ogni surfista. Tutti gli spot principali sono mappati. Hanno mappato  proprio tutti gli spot. É un lavoro da frati cistercensi e con trasporto corale. Infatti, tutti surfer della penisola ne sono coinvolti (io stesso segnalai lo spot di Sarchittù nel 1998). La comunità surfistica italiana si definisce anche dalla mappatura degli spot, mappatura che verrà poi ripresa e inserita in guide estere di divulgazione planetaria.

Verrà ripreso anche il format, che passerà da fotocopie in b/n a edizione a colori spillata. Fino poi a diventare un pocket, spesso in full color ottimamente impaginato con costoletta. Pieno di recensioni di surfboard, interviste, recensioni di video,(in vhs prima e in dvd poi ), libri, cd musicali e rubrica di fumetti ( ne avevo fatti un paio anche lì ai tempi). Il tutto è gratis e distribuito in centinaia di surf shop e negozi della penisola quando i surf shop erano ancora sinagoghe. La rivista era spedita gratuitamente  a quasi tutte le aziende surf oriented che operavano in Europa. Non mancano i surf report dei viaggi. Poco dopo, infatti, aprirà anche Surf Report, webzine on line in anticipo sui tempi.

Nel 2003 il Tazzo improvvisamente sparisce dai radar. Prende su il suo quiver di surfboard e in un programma dell’UNESCO apre una delle prime web radio da qualche parte sulla costa meridionale dell’India e vi rimane quasi 20 anni, per poi tornare a casa. 

Come nelle due fondazioni asimoviane, in parallelo ma concentrandosi su aspetti diversi del surf, nella costa est – rispetto alla costa ovest – si mettevano le basi del surf nazionale di oggi. A ognuno il proprio. Questo è tutto, questo è quanto, questo è tanto.

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P.S. La riviera Adriatica è l’unico posto dove posso stare in coda nel mio New Beetle con i surfboard sul tetto senza accorgermi del tempo, immerso in una main street sfavillante di luci di discoteche, sale giochi, ristoranti, hotel, bazar, gelaterie e tipelle che sgambettano sui marciapiedi in un’atmosfera da American graffiti. Sicuro che, prima o poi, adocchierò un beach break con ondine da inizio di Un mercoledì da leoni.