Jesse Mendes prenderà la cittadinanza italiana. Il 25enne Jesse Mendes è un Brasiliano. É un surfer del circuito WSL nel ranking Quiksilver. Non è un Pelagatti qualsiasi (cognome estremamente diffuso nel Milanese, che ha generato questo detto, N.d.R.). Se la gioca con Leonardo Fioravanti, Gabriel Medina e surfer di quel calibro. É un surfer fortissimo, altrimenti non sarebbe nella World Surf League.
Jesse Mendes è anche un bel personaggio che non si atteggia da personaggio.
Surfa su qualsiasi tipo di onda e non solo sulle onde epiche, in bella vista di fotografi e telecamere. Surfa anche le onde brutte, con i suoi amici non famosi surfer. Jesse Mendes è un colpaccio per la FISW (Federazione Italiana Sci Nautico e Wakeboard) e per il CONI! É una opportunità inaspettata per il surf italiano. Ha i suoi pro e i suoi contro, però.
Jesse Mendes è italiano. Prenderà a breve la cittadinanza italiana e gareggerà per la Nazionale italiana alle Olimpiadi del 2024 di Parigi. Il suo bisnonno, da parte paterna, era calabrese. Sebbene Mendes non mi sembri un cognome molto diffuso in Calabria.
Il punto non è il concedere o meno la cittadinanza a Jesse Mendes, ma il motivo e cosa c’è a monte.
A oggi, nessuno ha ancora capito perché il surf, sport con più di 100.000 praticanti in Italia, sia stato accorpato allo Sci nautico e al Wakeboard, con cui non ha nulla a che vedere. Comunque, per la FISW, Federazione Italiana Sci nautico e Wakeboard è sicuramente un colpaccio avere un surfer di quella caratura. Se lo aggiudica senza fare alcuno sforzo, dandogli semplicemente la cittadinanza italiana in prospettiva di benefici sportivi.
Non è la prima volta che accade e non sarà l’ultima. Il calcio ci ha abituati a questa pratica. Per sgombrare il campo, Malagò & Co. non sanno nemmeno cosa sia il surf. Ne sanno talmente poco che ci hanno messo la Sensini come sorvegliante. La Sensini, però, fa windsurf – che in tutto il mondo si chiama Sailboarding – che con il surf c’entra un accidente, quindi ne sa quanto Malago & Co. Quindi Jesse Mendes se lo sono ritrovati per caso, non certo per merito.
Con Jesse Mendes, Leonardo Fioravanti e, il giovane ma già veterano, Edoardo Papa, l’Italia avrà una maggiore possibilità di partecipare alle Olimpiadi del 2024 a Parigi per il surf.
A questo punto, però, bisogna fermarsi un attimo per spiegare che le Olimpiadi, per il surf, non sono proprio come per gli altri sport. Per diritto gareggiano 2 atleti (un uomo e una donna, N.d.R.) del paese ospitante e quindi francesi. Hanno diritto di partecipare 10 uomini e 8 donne provenienti dall’ultimo campionato mondiale WSL. A questi si aggiungono 4 uomini e 6 donne che si qualificheranno ai prossimi ISA World Surfing Games (WSL significa pro-surfer; ISA significa non pro-surfer ma in procinto di diventarlo, N.d.R.); i restanti 10 surfer saranno quelli qualificati ai Pan American Games (Il surf è stato inserito tra gli sport nel 2015, N.d.R.). Questi ultimi chiudono il gruppo dei 40.
Capirete che per gli italiani è molto complicato essere selezionati perché devono competere in un ambito europeo molto agguerrito. Sfidano surfer francesi, spagnoli, portoghesi e inglesi che che sono abituati a frequenza e qualità delle onde migliori delle nostre. A ciò, va aggiunta l’alta considerazione di cui gode il surf nei paesi appena elencati. Come abbiamo visto, purtroppo, non è proprio la stessa in Italia. Non dimentichiamoci la Germania che, attualmente, è la nazione che investe di più nel surf. Anche la Svizzera (che ha lo stesso mare che abbiamo noi in Lombardia, N.d.R.) investe molto nella nazionale di surf.
Jesse Mendes è un colpaccio!
Come mai noi abbiamo atleti fortissimi come Fioravanti e Papa? Qualcosa lo si dovrà pure al CONI e alla FISW? In effetti al CONI non si deve un accidente perché alla FISW sgancia poco, quasi nulla. Questo poco lo deve dividere tra Sci nautico, Wakeboard e Surf; quindi può fare molto poco.
Certo, la meritocrazia territoriale va un po’ a farsi benedire ma è un colpaccio!
Per intenderci, il surf non è uno sport democratico. Se il talento è importante, è ancora più importante la pratica. Senza la pratica non emerge il talento. Per praticare il surf a livello agonistico bisogna praticarlo quotidianamente, su onde adeguate, che vanno cercate fuori dall’ Italia; spesso anche fuori dall’ Europa. Quindi, in ultima analisi, ci vogliono tempo e danè (denaro, N.d.R.).
Tempo e danè che investono i genitori sui figli. Manca una struttura che possa fare fronte alla crescita del surf italiano, quindi è tutto sulle spalle dei ragazzi e dei loro genitori. Sorvoliamo sugli eventuali sponsor, visto che la surf industry è in crisi buia da più di dieci anni. I soldi, quindi, li dà a chi è già un pro e non si sogna nemmeno di sostenere chi tenta di diventarlo.
Il surf è molto democratico finché viene praticato come sport e stile di vita; per il proprio benessere e stare con gli amici, che a mio avviso è il vero spirito del surf. Diventa elitario quando si entra nell’agonismo.
Lo stesso agonismo, per altro, è sempre inficiato dalla roulette russa della qualità e del periodo delle onde, che variano tra una batteria in gara e l’altra. Una batteria può avere a disposizione, nel proprio lasso di tempo, delle belle onde; quella dopo potrebbe averle meno belle. Quella dopo trovare un mare pessimo oppure bellissimo. Le onde non sono mai uguali.
Edoardo Papa, tra i 3 italiani, è svantaggiato perché è di Pescara. É sulla costa adriatica dove le onde sono scarse in frequenza, qualità e misura. Ha già debuttato nel circuito WSL, però, ed era nella nazionale italiana che ha vinto il campionato europeo di surf. É un tipo determinato.
Il Leo nazionale è un portento. Cresciuto surfando tra le onde australiane; della costa atlantica; delle Canarie e delle Hawaii, proprio come Jesse Mendes. É un surfer sempre più performante e in evoluzione nello stile. Quando inizierà a calare di livello siamo sicuri che l’Italia andrà incontro a periodi bui. A meno che non punti sulla naturalizzazione di qualche altro talento o sui sacrifici di giovani surfer abbienti o dei genitori, nella speranza che ci sia il talento. Se non è la cosa più importante, è certamente la cosa che fa la differenza.
Dicendo che viene naturale avere un pelo di simpatia in più per Edoardo Papa non si vuole dire che viene a meno la simpatia per Leo Fioravanti o Jesse Mendes. Certo è difficile, anche cercando bene, trovare un po’ di simpatia per il CONI. Surfisticamente parlando.