Tarantino e il suo cult più importante: Pulp Fiction

Quentin Tarantino è stato uno dei registi più ricercati nella Hollywood della prima metà degli anni ’90. Specialmente dopo il successo di Le iene e il notevole interesse dello studio per sceneggiature come Natural Born Killers e True Romance. Sebbene gli sia stata offerta la possibilità di dirigere film d’azione ad alto budget come Speed e Men in Black, Tarantino decide di ritirarsi ad Amsterdam, dove finisce di lavorare alla sceneggiatura di Pulp Fiction.

Una raccolta di tre storie liberamente ispirate alla struttura dei romanzi moderni e al film horror in tre parti di Mario Bava, Black Sabbath (1963). La sceneggiatura finale di Pulp Fiction è il risultato della collaborazione di Tarantino con lo sceneggiatore Roger Avary, ed è considerata come uno dei capolavori del cinema postmoderno. Oggi abbiamo deciso di celebrare il suo compleanno proprio parlando del suo più grande successo.

Pulp Fiction, un pastiche di generi dal successo garantito

Con Pulp Fiction, Tarantino aspirava a rivitalizzare e combinare i cliché e gli archetipi più canuti del cinema. Per farlo li ha estratti non solo da generi di studio di livello A come il film noir e la rapina d’azione, ma anche da una vasta gamma di generi sensazionalistici come il Blaxploitation.

La decisione di Tarantino di sintetizzare elementi lowbrow e highbrow, spesso in modi sovversivi e anarchici, è uno dei tanti fattori che hanno portato i critici a considerare Pulp Fiction un esempio di “pastiche” e un imponente esempio di film postmoderno. La sua colonna sonora alla moda, i dialoghi duri e il cast stellare hanno contribuito a rendere il film un successo tutti i fronti.

Bruce Willis era la star del momento e l’uscita del film ha contribuito a far rivivere la carriera dell’idolo degli anni ’70 John Travolta. L’immagine di Uma Thurman nei panni di Mia Wallace ha dominato i materiali promozionali. Tarantino gira il film nel 1993 con un budget di 8,5 milioni di dollari, molti dei quali impiegati per la scena che tutti noi abbiamo nel cuore.

La scena da Jackrabbit Slim, dove Vincent e Mia vanno al loro pseudo-appuntamento, è stata la più costosa da produrre. Invece di assumere un compositore per scrivere la colonna sonora di un film, Tarantino ha assemblato un mix eclettico di canzoni popolari, dal surf rock, al funk degli anni ’70, al pop britannico, che sono diventate un cult a pieno titolo.

Il successo di Pulp Fiction

Pulp Fiction è stato presentato in anteprima al Festival di Cannes nel maggio del 1994. In quell’occasione vinse la Palma d’Oro, mentre l’anno successivo vinse l’Oscar per la migliore sceneggiatura originale. I critici hanno particolarmente elogiato il modo in cui la trama e la struttura non lineare del film impegnano l’intelletto e l’attenzione del pubblico. Mentre, la sua eleganza e imprevedibilità hanno lasciato gli spettatori completamente intrattenuti. Gene Siskel ha paragonato il film a precedenti opere cinematografiche sconvolgenti come Psycho di Alfred Hitchcock e Arancia meccanica di Stanley Kubrick. Ha scritto: “Come tutti i grandi film, critica altri film“.

Secondo molti critici e studiosi cinematografici, Pulp Fiction rimane il traguardo più importante di Quentin Tarantino come scrittore e regista. Il distillato più puro della sperimentazione estetica e narrativa per la quale è diventato così conosciuto negli ultimi venticinque anni.

Appassionato cinefilo fin dalla tenera età, i vari marchi di fabbrica di Tarantino sono tutti presenti in Pulp Fiction: narrazione non lineare, ultraviolenza, dialoghi incisivi, autoreferenzialità, musica eclettica e omaggi sintetizzati ad altri generi cinematografici.

Reference cinematografiche

Oltre a rendere omaggio a generi passati come il film noir, la New Wave francese, il Blaxploitation, Tarantino fa esplicito riferimento a pietre miliari del cinema. Tra le citazioni cinematografiche troviamo Psycho di Alfred Hitchcock, Liberazione di John Boorman e Bande à part di Jean-Luc Godard. Queste trasformano il film in una sorta di lettera d’amore al cinema. La sintesi creativa di Tarantino di generi lowbrow e highbrow, soggetti alla natura imprevedibile della vita, conferisce al film un’energia viva. Un’energia che mina costantemente le aspettative dello spettatore e dà vita a scene improbabili e comiche. Indimenticabile la scena di Jules e Vincent fradici e con indosso magliette stupide di Jimmie. Nulla contro Jimmie, è un man of culture del caffè.

La scena al Jackrabbit Slim‘s funge da metafora del modo in cui Tarantino ricicla e ripropone i tropi della storia del cinema e della cultura dell’intrattenimento americana. La sequenza inizia in una grande stanza popolata da sosia di Marilyn Monroe, Elvis e Buddy Holly e si conclude con Vincent che porta Mia di corsa a casa di uno spacciatore di eroina in modo che possa immergere un ago pieno di adrenalina nel suo cuore.

Il non-appuntamento di Vincent e Mia

Pulp Fiction decostruisce la storia del cinema, della televisione e della cultura popolare americana. Lo fa riproponendo decenni di musica, iconografia visiva e tendenze culturali nel contesto della Los Angeles contemporanea. Quello di Jackrabbit Slim, che Vincent chiama “museo delle cere viventi“, è essenzialmente una manifestazione del “pastiche” postmoderno. Un’opera che imita gli stili di altre opere.

Proprio come Pulp Fiction imita e assorbe una legione di influenze culturali, Jackrabbit Slim’s è composto da imitatori di icone del passato come Marilyn Monroe, Ed Sullivan, Mamie van Doren, Buddy Holly e altri.

La relazione tra i due protagonisti del capitolo è scoppiettante e pericolosa. Sebbene i due condividano la chimica, non possono consumarla fisicamente, il che conferisce alla scena in cui ballano insieme un ulteriore brivido. La canzone su cui ballano Mia e Vincent (“You Never Can Tell” di Chuck Berry) ci anticipa che i personaggi sono allegramente inconsapevoli del caos e del trauma che sta per verificarsi.