Amélie Poulain 21 anni dopo

Quando nel 2000 Jean-Pierre Jeunet prese in mano la cinepresa per dare vita a Il favoloso mondo di Amélie (disponibile su Prime video), non si aspettava di certo quello che sarebbe successo. Il film nel giro di qualche anno è diventato un successo dentro e fuori dalla sua cornice cinematografica e Amélie Poulain è diventata una vera e propria personalità a tutti gli effetti. Parliamo di almeno due generazioni di studentesse che hanno deciso di fare del bob e del disagio sociale il proprio cavallo di battaglia. In fondo le capiamo, è un mondo difficile, e ognuno di noi ha il proprio coping mechanism. La stravagante, iperattiva e romantica fantasia del regista è oramai il piatto più goloso del menù del cinema e ci ha rovinati tutti.

Amélie Poulain è l’eroina che ha fatto delle sue idiosincrasie il suo superpoteri

La giovane Amélie non parla molto e all’inizio del film, in una sequenza indimenticabile, ci viene presentato il grande trauma della sua infanzia. Una fantastica voce fuori campo ci presenta i genitori di Amelie e ci offre un’esilarante riassunto delle loro simpatie e antipatie, seguito da momenti tragicomici che ci preparano ad assaporare il resto della pellicola.

Amélie è alla ricerca del suo senso nel mondo e lo scopre quasi per caso. Un giorno, nel suo appartamento, si imbatte accidentalmente in una scatola di giocattoli appartenente a un precedente inquilino, che ora è un nonno solitario. Consumata da un diavoletto malizioso ma benigno, la giovane escogita un modo assurdo per restituire questi tesori al loro sbalordito proprietario. Così Amelie trova la sua vocazione: migliorerà di nascosto la vita di chi le sta intorno.

Dopo il suo primo successo come eroina della felicità Amélie improvvisa altri atti di gentilezza assurdi ed esilaranti. Il più divertente è sicuramente la vendetta nei confronti del fruttivendolo, degna di Charles Manson. No, non scherzo, lui amava fare queste cose. Un giorno irrompe nel suo appartamento e gli scombussola la casa: cambia le maniglie delle porte, modifica l’ora della sveglia e sostituisce il dentifricio con una crema per i piedi.

Si può essere naïf anche nell’amore?

I confortanti e infantili giochetti di Amélie vengono interrotti dallo shock dell’innamoramento. Il fortunato è un affascinante e misterioso sconosciuto, Mathieu Kassovitz che lavora con grande nonchalance in un sexy shop parigino. Il giovane sembra soffrire della stessa patologia di Amélie, disinteressato nei confronti del mondo si preoccupa solo di raccogliere le foto che le scartate dalle cabine fotografiche delle stazioni per trasformarle in collage di espressioni facciali fallite.

Amélie Poulain

Ad Amelie piace così tanto Nino che un giorno, quando lo vede nel suo caffè, si dissolve. Letteralmente. In una pozza d’acqua. Vuole Nino, ma qualche stranezza da folletto le impedisce di fare qualsiasi cosa in modo diretto e il successo non le riserva alcuna felicità a meno che non avvenga per serendipità.

Tempi duri per i sognatori

La trama semplice e bizzarra di questo film ha creato un ideale estetico della città di Parigi. Un mondo color sepia che nulla ha a che vedere con la Parigi del 1997. La vita moderna viene rimossa digitalmente: niente McDonald’s, niente Centre Pompidou, niente torri di vetro della Bibliothèque Nationale o Grande Arche de la Défense. È una città impacchettata, proprio come la New York di Woody Allen o la Londra di Richard Curtis, privata della realtà inadeguata, del razzismo e della povertà.

Amélie Poulain

Il regista ci prende sotto braccio, proprio come il cieco che Amélie Poulain cerca di aiutare, e ci racconta quello che vuole che noi vediamo. Ci mostra i dettagli folli di un mondo surreale e ci invita a mangiare i lamponi sulle punta delle nostre dita estraniandoci dalla realtà deludente della vita moderna.