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Ribéry si ritira: vive le Franck!

Franck Ribéry si è ritirato dal calcio giocato, all’improvviso. Un poeta del calcio che lascia certamente un vuoto, nel cuore di chi, come me, lo ama da sempre. 

Ancora tre mesi fa mi sentivo bene. Un ritiro precampionato alla grande, poi le prime fitte al ginocchio dopo un triangolare a luglio. Alla prima di campionato contro la Roma ho giocato sul dolore. Non sono una persona fragile, ma per i 3 giorni successivi non sono riuscito a muovermi. I dottori hanno detto che la situazione era molto grave. Ho provato a recuperare. Non riuscivo a credere di essere costretto a smettere. Avrei voluto scegliere io quando dire basta, invece il mio calcio è finito.

Franck Ribéry, intervista alla Gazzetta dello Sport

Ribéry è stato costretto a dire basta all’età di 39 anni. Dopo 26 titoli conquistati. 632 partite divise per 8 Club, in cui ha segnato 151 gol e servito 224 assist. 81 partite anche con la Francia, per la quale ha realizzato 16 gol e 25 passaggi decisivi.

Zidane è il calciatore più forte con cui ho giocato. Con lui ho avuto la fortuna di disputare il Mondiale 2006. Era la mia prima volta in nazionale e, anche se abbiamo perso la finale contro voi, rimane un’esperienza indimenticabile.

Franck Ribéry, intervista alla Gazzetta dello Sport

Tra i titoli vinti da Ribéry, una Champions League e nove scudetti con il Bayern Monaco. In eredità ci lascia gol e colpi di classe incredibili.

Se sono stato uno dei primi 5 giocatori al mondo? Sì. 

È l’affermazione con cui si chiude l’intervista alla Gazzetta dello Sport. Scippato di quel Pallone d’Oro che i suoi tifosi gli hanno attribuito a ogni emozione che ci ha regalato. Ha dimostrato il proprio valore sul campo, che ha vissuto con la stessa irrequietezza che non ha mai nascosto nella quotidianità; con lo stesso amore e la medesima passione che ha sempre mostrato nella vita e che chiunque abbia avuto il piacere di incontrarlo racconta senza indugio.

Non ho mai conosciuto nessuno che non ne abbia parlato più che bene, anche fuori dal campo. Perché non si può separare la vita dalle opere di un artista come Ribéry.

Ribéry imparò sin da bambino a sudarsi la maglia. Abbandonato in un convento dai suoi genitori naturali trovò, fortunatamente, una nuova famiglia pronta ad amarlo. La stessa infanzia a Boulogne-sur-mer, una città industriale, lo mise subito di fronte alle difficoltà della vita. Il calcio lo ha salvato. Ha salvato lui e i suoi cari. In questo caso non è retorica.

L’incidente subito dal piccolo Ribéry non è certo un segreto. É un episodio che ha condizionato fortemente la sua vita. Per chi non lo sapesse, infatti, aveva solo 2 anni quando rimase vittima di un incidente stradale insieme ai genitori. L’impatto fu talmente violento da sbalzarlo fuori dall’abitacolo. Si salvò, o non saremmo qui a scriverne, ma le cicatrici sul viso non sono mai passate inosservate. Spesso sono diventate anche oggetto di fantasiose leggende e puttanate sesquipedali.

Nessuno mi guardava o mi giudicava per le mie qualità tecniche. Tutti, e quando dico tutti non escludo nessuno se non i miei genitori, commentavano il mio aspetto fisico e giudicavano dall’alto delle loro conoscenze la bruttezza del mio viso, dovuta ovviamente alla ferita. Le offese degli altri ragazzi erano dolorose, ma quelle che facevano più male erano quelle degli adulti che dall’alto della loro maturità mi giudicavano con lo sguardo.

Cicatrici che sono anche un segno tangibile della forza interiore che da sempre caratterizza Franck Ribéry.

Non mi sottoporrò mai alla chirurgia estetica e sapete perché? Perché questa ferita fa parte di me. Mi ha forgiato e reso un uomo migliore e non intendo per nessun motivo al mondo cancellarla.

Ha detto così, Scarface, come lo chiamavano i tifosi del Galatasaray. É entrato nel cuore di tutti, anche dove non ha giocato.

Il cuore di Ribéry ha conquistato tutto e tutti e si è fatto conquistare dall’amore. Si è convertito alla fede islamica adottando il nome di Bilal Yusuf Mohammed, dopo il matrimonio con Wahiba Belhami con cui ha 5 figli. Di origini algerine, è molto seguita sui social e sta insieme a Ribéry da quando erano ragazzini. Lo perdonò, nel 2010, a seguito dello scandalo con Zahia Dehar e lo raggiunse in Sudafrica per supportarlo mentre era impegnato ai Mondiali.

Amor, ch’a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona.

Scrisse un signore di Firenze, città che lo ha stregato, anche se, oggi, Franck ha scelto Salerno.

Resta a Salerno, nello staff, per continuare a insegnare calcio, come ha fatto per tutta la carriera.

Oggi dice addio uno dei più grandi campioni degli ultimi 20 anni. Una leggenda dentro e fuori dal campo. Siamo onorati di averlo avuto come calciatore e di averlo ora come manager, con la voglia di tenercelo stretto per un bel po’.

Ha dichiarato Daniele Iervolino, Presidente della Salernitana.

In precedenza, Franck Ribéry aveva giocato alla Fiorentina, purtroppo per parecchio tempo senza pubblico. Privando Firenze, città d’arte per eccellenza, della possibilità di ammirare dal vivo le pennellate dell’ennesimo fuoriclasse che ha avuto la fortuna di ospitare.

Firenze somiglia a Salerno perché anche lì vivono per il calcio. Città bellissima, piena di turisti da tutto il mondo. Si mangia molto bene. Con il Club è finita come è finita, ma la Fiorentina è stata una bella esperienza. Peccato aver giocato quasi un anno senza tifosi a causa del Covid. Ma la gente mi ha voluto bene: sono uno che dal campo esce sempre con la maglia sudata.

Lo saluta Dusan Vlahovic, che a Firenze lo ha vissuto da molto vicino. Firenze, mi piace pensare che non sia stata una tappa casuale nella vita di Ribéry, poeta del calcio.

Grazie di tutto, mio Kaiser. Buona fortuna, unico e solo Franck.

Reputo poeti del calcio quei talenti che non si sono mai espressi totalmente o che non sono stati univocamente apprezzati e incensati dalla critica.

Sono da sempre i miei preferiti, nel calcio come nella vita, forse proprio perché sono un po’ anch’io come loro. Ho sempre amato i pirati, le scelte complicate, le sfide impossibili e ho un carattere fin troppo schietto e sincero, difficile da gestire, anche da me stesso, figuriamoci per gli altri. Chiedo scusa se alle volte sono stato un po’ troppo diretto.

Spesso i poeti del calcio non sono arrivati a completarsi per problemi propri, caratteriali. A volte la sfortuna si è accanita sul loro fisico; altre volte sono stati i vizi a bloccarli. Mi viene in mente Yoann Gourcuff che, come dice il mio amico Enrico Lazzeri: «É uno che avrebbe potuto giocare poeticamente negli anni ‘70», ma che alla fine non ha mai giocato neanche realmente.

A volte i poeti non hanno trovato la pace e l’equilibrio necessario o, più semplicemente, l’ambiente giusto. Wesley Sneijder, ad esempio, l’ha trovato realmente solo all’Inter con Mourinho, mentre Domenico Morfeo, così come David Ginola e molti altri ancora, non hanno mai trovato realmente la pace.

Trovò la serenità Éric Cantona allo United, l’unico vero King per me. L’ha trovata, per nostra fortuna, a Monaco di Baviera, uno dei miei più grandi idoli calcistici di sempre: Franck Ribéry.

Ribéry è il gioiello del calcio francese. É uno che mi ha sempre esaltato in campo e divertito fuori, seppur non fosse un giullare ma una poeta urbano, con una vita da film, esattamente come la sua carriera in campo. Amo il calcio francese, in particolare alcune squadre e certi calciatori, e amo il Bayern Monaco al punto che se avessi fatto il calciatore avrei voluto giocarci per anni, proprio come ha fatto Ribéry. Merci pour tout et Vive le Franck!