Austin Peralta è l’angeleno che ha cambiato tutto

Austin Peralta è un nome che ci è già saltato fuori tra le storie che vi stiamo raccontando qui su RIS8.
Chi dice che il jazz non suona rock?
E sopratutto chi dice che l’elettronica non suona punk??
Le mani di Austin sugli 88 tasti bianchi e neri, si muovevano come se fossero state fatte su misura per qualsiasi pianoforte o fender rhodes. La sua firma è scolpita su molte armonie nei dischi che hanno cambiato il nostro secolo. È stato inventato anche un sound nuovo poi però una mattina finì tutto.

Se vivi negli States, sai benissimo che la California non è uno stato ma bensì una nazione a sé. Los Angeles anche se non è la capitale, è senza dubbio la città più unica al mondo.
Loro la elogiano con la frase: «there’s no other Hollywood, duuude!».

La parola dude sta’ per amico e appunto, sì! Qui, in un solo quartiere è racchiuso l’intero universo del cinema mondiale e non solo.
Uno dei suoi soprannomi è Tinseltown, fabbrica dei sogni e spesso il sogno americano su questi acri di terreno, se pur anche solo su pellicola, si è avverato per molte persone.

La cosa più curiosa però è l’altro soprannome, quello legato alla città che ospita questo quartiere, The City Of Los(t) Angeles. La città degli angeli perduti. In questa storia abbiamo il cinema e abbiamo un angelo che si è perso lungo la strada della sua vita. Facciamo ordine però e partiamo da Venice, la città con l’aspetto più bohémien degli Stati Uniti. 

In questo contesto nacque Stacy Peralta che all’età di quindici anni girava su e giù fino al Cove di Pacific Ocean Park per surffare.

Perché qui, c’erano delle onde incredibili e meravigliose anche se molto pericolose. Il parco prima era un luogo bellissimo e pieno di divertimento ma all’inizio degli anni 70 fu abbandonato del tutto e venne soprannominato Dogtown. Ancora oggi il posto non è adatto ai turisti. Stacy formò a quindici anni, con i suoi amici, un gruppo di surf e skateboard con il nome Z-Boys.

Non vi torna niente in mente? Ma come… non avete mai visto il film Lords Of Dogtown?
La vera storia di cinque ragazzi sotto il filtro a colori caldi di Elliot Davis, che hanno riscritto le leggi dello skate e del surf.

Ancora oggi ciò che hanno inventato, come le gare e la tipologia di stile è invariato e non scomparirà mai. Stacy portando in giro i suoi movimenti su tavola incontrò la bionda Joni Caldwell che sposò da lì a poco donando la vita a Austin.

La fantasia, l’intuizione e la velocità d’esecuzione sono cose che non s’insegnano, ce l’hai nel dna e lui ce l’aveva fin da subito. Perché? Perché a 8 anni suona da dio già i brani di Chopin e altri brani della musica classica. Crescendo il padre ha dovuto assecondare anche i suoi gusti nel vestire, indossava gli stessi complenti ottocenteschi del compositore prima citato.

Nella Sunny California del 2000 non era proprio il massimo. In più è in fissa col cosmo e crede già che la sua arte ha un legame forte tra le stelle, i pianeti  e l’energia che crea il suono ogni volta che le note si uniscono sul pentagramma.

Non ha nemmeno finito la scuola e nelle interviste dichiara già che: «l’arte non può essere considerata come una convenzione urbana. Trascende i confini e non dovrebbe essere vista attraverso una lente terrena o non terrena ma deve travolgere e portati in un’infinità di mondi. La musica è il cosmo».

I suoi coetanei non li vede, non li doppia nemmeno, lui va’ proprio ad un altra velocità mai vista prima. Infatti mentre il padre girava uno dei documentari più belli su Los Angeles a livello mondiale svelando le origini delle famigerate gang di strada, Crips e Bloods… e mentre dava vita alla strepitosa carriera di Tony Hawk più qualche discusso spot per Burger King, Austin Peralta, pubblicò Maiden Voyage con il bassista Ron Carter e Mantra con Buster Williams.

A 15 anni dopo l’esibizione al Tokyo Jazz Festival, non c’era più ombra di dubbio, questo mucchietto di ossa dai capelli lunghi biondi è un prodigio. La voce tra i jazzisti di Los Angeles non ci mise molto a girare arrivò persino a McCoy Tyner, uno dei pianisti più potenti e stimolanti del 20° secolo, che volle conoscerlo immediatamente.

Sono tutti pazzi per il giovane ragazzo bianco ma le sue giornate spesso finivano nel garage dietro la casa del padre ad improvvisare con un ragazzo poco più grande di lui, Kamasi Washington, lo stesso che negli ultimi 3-4 anni ha fatto rinascere il jazz sul mercato mondiale e lo ha reso moderno senza snaturarlo.

Nel frattempo lungo le strade di Winnetka nella San Fernando Valley, c’è un ragazzo cresciuto tra la collezione di dischi della nonna Marilyn McLeod, è il nipote di Alice Coltrane e cugino di Ravi Coltrane.

Sta’ letteralmente alzando l’asticella creativa, si fa chiamare Flying Lotus e su ogni disco che produce per il momento ha mandando fuori di testa giornalisti e colleghi. Le sue esibizioni dal vivo sono accompagnate dai visual, dalle immagini e dalle grafiche di David Wexler, meglio conosciuto come Strangeloop. Quest’ultimo è il tramite dell’amicizia più importante per l’innovazione della musica degli ultimi 25 anni.

Comunque la scena è stata questa, Austin nel backstage che rincorre Flying Lotus dicendo: «Hey, yo! Amico! DAMN! Dudee! Coltrane! Nipote di Alice! Piacere io sono Austin». Flying rispose con un semplice “K” stringendogli la mano e bisbigliando “questo è matto”. Finito lì, non successe nulla.

Un giorno però, Strangeloop, si presentò in studio da Lotus con vari demo di brani completamente sperimentali dove al piano ed in altri suoni armonici c’era Austin Peralta.

L’espressione di Flying mentre quest’ultimo era al piano dopo l’invito a casa per collaborare è stata accompagnata dall’esclamazione oh!SHIT! per ben 40 minuti.

Lo obbliga ad entrare nella sua giovane etichetta discografica la Brainfeeder. La rivoluzione della musica parte da qui, da quest’incontro. Contemporaneamente scrive anche 4 brani nel nuovo disco di Shafiq Husayn dei Sa-Ra Creative Partners, l’artista che salvato Anderson. Paak dall’essere un senza tetto prima del successo.

Siamo sull’onda più alta dell’oceano e in movimento a 360 grandi su questo jazz unito all’hip-hop che abbraccia il soul.

Mai sentito delle composizioni del genere prima d’ora.
Ogni fine sessione in studio gli artisti escono cambiati da lui, oltre ai già citati compone per: Thundercat,  Erykah Badu, The Underachievers, Lapalux, Daedelus, Amon Tobin, The Cinematic Orchestra, Ras G, Samiyam,The Gaslamp Killer, Tim Ries, Teebs, Heidi Vogel, Gray Reverend, Natasha Agrama, Miguel Atwood-Freguson e molti altri. 

Questa connesse tra lui e l’universo quando è al piano e in giro per il mondo accompagnando il bassista Thundercat è sempre più forte, nelle interviste parla di energie che lo attraggono e ha letteralmente delle visioni su che tasto toccare al piano. In un video live dove ri-suona il brano Mmhmmm e si vede che il piano rhodes ha un tasto bloccato, lui lo suona uguale senza togliere armonia alla composizione. 

Non aveva paura di morire, secondo il nipote di Alice Coltrane, il suo sé superiore era parte della sua anima. Il nome della sua band era Deathgasm, ispirato dal libro tibetano dei morti e dal film di Gaspar Noé – Enter The Void.
Sentiva che la sua musica aveva il potere evocativo di dar vita a luoghi spirituali, far percepire sensazioni come l’amore, un orgasmo o la tristezza.

Eppure all’apice della sua ispirazione un anno dopo l’uscita del suo disco Endless Planet, i suoi polmoni collassano durante il sonno dopo una bevuta al Bar Marmont con Thundercat finita alle 5:15 del mattino.

Lo trova il suo compagno di stanza senza respiro intorno alle 13, lo ha strozzato una polmonite aggravata dalla combinazione di alcol e droghe.

I farmaci come lo Xanax e il Valium che tenevano a freno le sue paranoie e visioni hanno contribuito a finire il quadro clinico del decesso a soli 22 anni.
L’ultima canzone che Austin Peralta che ha suonato dal vivo la sera prima di lasciarci è stata la sua versione di Goodbye Pork Pie Hat di Charles Mingus.

Il pork pie è un capello tondo con un orlo sottile, una corona bassa e piatta decorato con un nastro più una piuma sul lato sinistro. Il jazzista Lester Young è stato il principale esponente di questo accessorio ed è il simbolo di una generazione afroamericana amante del jazz.

La versione di Austin Peralta di questo brano è qualcosa di indimenticabile anche se lui era bianco e non ha mai indossato quel tipo di capello. Attualmente il suo corpo è sepolto al Mount Sinai Memorial Park se mai passaste per un saluto, lasciate il capello e un fiore sulla sua tomba come gesto di addio perché lui ha dato vita all’era che ha cambiato la musica di oggi come aveva fatto Miles Davis con il disco Bitches Brew, persino Flea dei Red Hot Chilli Peppers ha amato la luminosità che ha dato Austin Peralta alla musica. 

Le sue armonie modificando un vecchio proverbio yiddish può diventare così:

Le note al momento giusto
sono come un diamante incastonato nell’oro
se poi sono state scritte
da un angelo allora possono
splendere per sempre.



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