surf e basket

Surf e basket si somigliano e si pigliano

Prima che il surf prendesse il sopravvento totale, il basket occupava parecchio spazio nella mia vita. Compravo Super basket e I giganti del basket, conoscevo a menadito tutte le squadre NBA delle due coste. Tifo i Los Angeles Lakers e odio i Boston Celtics. Andavo a vedere le partite dell’Olimpia. Odio la Virtus ancora più di Cantù. Mi recavo almeno settimanalmente da All Basket in via Caltanissetta dove, non di rado, se avevi culo vedevi entrare in negozio Dino Meneghin, Mike D’Antoni, Roberto Premier e l’inossidabile Dan Peterson.
Avevo iniziato da preadolescente con il mini-basket e a giocare eravamo in pochi. La maggior parte dei miei coetanei, infatti, giocava a calcio. Non è cambiato molto neanche quando poi sono passato al basket vero e proprio. Ero un mediocre giocatore con qualche guizzo ed ero molto falloso. Ho giocato in qualche squadra: PGS Perugia, Melegnano Basket e Dresano Basket. Senza scordare le squadre delle varie scuole da cui venivo sbattuto fuori di anno in anno.  Anche adesso, che da mediocre sono diventato schifoso, non ho abbandonato del tutto il basket. Ho il canestro in cortile e ogni tanto mi trovo al playground di via Boeri con dei miei amici che fanno schifo anche loro a tirare dei fiacchi tiri a canestro. Fine della premessa. Ora che sapete questo, entriamo nel merito di surf e basket.

Qualche settimana fa, l’Alessandro Giust, che è un mio vecchio amico dai tempi del liceo, mi ha chiesto di trovare dei parallelismi tra surf e basket.

Per Alessandro, infatti, il basket non ha mai smesso di occupare totalmente la sua esistenza, come per me il surf. Apparentemente non ci sono punti condivisi tra surf e basket. In spiaggia, infatti, se si vede qualche palla è quella da beach volley o di qualcuno che gioca a calcio. Non ci sono canestri nei pressi dei surf-rack in spiaggia. Dal 2012 è nato il Sandbasket, che lascia un po’ il tempo che trova. Che senso ha un basket dove non si palleggia?

A ben guardare, però, alcune cose in comune tra surf e basket ci sono e non sono nemmeno così poche.

Il basket nasce nel 1891 grazie a un medico W.A.S.P. (White Anglo Saxon Protestant) canadese. Il suo nome era James Naismith, di Springfield nel Massachusetts, e lavorava per la YMCA (l’associazione cristiana resa pop dai Village People). Fu lui a utilizzare l’embrione del basket come forma di allenamento invernale per i giocatori di football. Presto, però, si diffuse a macchia d’olio negli USA e nel mondo. Il suo stesso inventore e la YMCA, che tanto aveva contribuito a diffondere il basket con la sua rete di ostelli, sembrarono prendere le distanze da un gioco che aveva assunto una piega turbolenta e troppo rude. L’allenamento, infatti, era pensato per la midclass W.A.S.P. ma era diventato un vero e proprio sport, sempre più praticato dalla working class. Non a caso fu la misura afroamericana a prendersi, in breve tempo, la predominante.

Quindi il basket da W.A.S.P. (White Anglo Saxon Protestant) diventa B.A.M (Black American Muslim) rapidamente. Le regole diventano via via più elastiche e nascono, così, il tre contro tre e lo street basket. Così la pallacanestro si affrancò dalle mura delle  palestre per trasferirsi nei playground degli slums dove, non di rado, incontra la droga.

Il surf non è stato inventato da nessun professore W.A.S.P. perché è una cultura millenaria che viene dall’arcipelago della Polinesia.

Appena arrivato dalle Hawaii in California, però, viene proposto: prima come attività fisica salubre e, poco dopo, come sport per la midclass W.A.S.P. californiana. Anche qua le cose non andarono proprio secondo i piani. Il surf, infatti, all’inizio, andrà a finire in mano agli W.A.S.P. che sono tutt’altro che midclass. Sono degli spostati, dei social dropout , se non addirittura white trash. Con il passare dei decenni, fino ad arrivare ad oggi, la quota W.A.S.P., infatti, andrà a farsi sempre più esigua.

Il basket nasce come allenamento e viene proposto poi come sport. Il surf arriva sulla costa californiana come attività salubre e anche lui viene poco dopo proposto come sport. Se il basket esce dalle palestre per trovare la sua identità, il surf non entra negli sporting club nautici ma abbraccia il nomadismo costiero. É lì che il surf trova la sua identità e, non di rado anche la droga. 

Surf e basket travalicheranno i confini, ben delimitati, dello sport per diventare vere e proprie culture identitarie. Che trovano i propri templi nei playground di periferia e nei parcheggi delle spiagge.

Si può obbiettare che il surf sia uno sport individuale e il basket di squadra. É vero, ma è altrettanto vero che, in entrambe le culture, è presente questo aspetto della cultura identitaria collettiva. Uno streetballer sarà  sempre a suo agio con un altro streetballer. Così come un surfer con un altro surfer, anche se magari non condivideranno null’altro che la propria passione.

Per gli afroamericani il basket è stata un chance di riscatto sociale, così come lo è stato il surf per hawaiiani e brasiliani. Surf e basket, proprio per questo, non sono mai voluti essere cool ma sono diventate le più diffuse e le più cool. Entrambe le culture sono costantemente sotto attacco del mercato e delle sue Shutz Staffen del media marketing, che perseguono l’obbiettivo di cultural appropriation per vendere il loro ciarpame.

Le due culture flirtano con il mercato finché la cosa fa comodo ma prendono le distanze appena questo minaccia la loro identità.

Inoltre, va detto che culturalmente sono gli unici due sport dove esistono ancora cervelli non in affanno, dove si prendono posizioni che sarebbe più conveniente e comodo evitare di prendere. Se si vuole verificare è sufficiente andarsi a cercare alcune dichiarazioni di Kareem Abdul Jabbar o di Joel Tudor.

Passando dal basket al surf ho trovato una sorta di continuità. Infatti, condividono momenti di dinamicità estrema e momenti ripetitivi.

In entrambi gli sport un momento di distrazione lo paghi caro perché ti potrebbe costare la perdita della palla o dell’onda …e poi, poche balle, gli outfit più fighi che un teen ager possa indossare fino ad  oggi rimangono quelli derivati dal surf e dal basket!

Chissà se l’Alessandro Giust è d’accordo su queste osservazioni. E voi siete d’accordo?