casa di foglie

Casa di foglie: terrificante capolavoro incompreso

Sono molto stupito di quanto poco si sia parlato di Casa di foglie (House of Leaves, 2000), il romanzo di Mark Z. Danielewski. Sopratutto di quanto poco sia stato capito.

Un romanzo davvero molto strano. Sebbene sia uscito negli USA nel 2000, infatti, sin da prima della pubblicazione, ne giravano frammenti sul WEB. Questi contribuirono sia ad accrescerne l’hype che a comporne un volume, prima che fosse pubblicato un libro ufficiale.

In Italia Casa di foglie è stato edito da Mondadori, ben 5 anni dopo, ed è andato subito esaurito. Probabilmente perché stampato in tiratura bassa. Ormai, in Italia, siamo abituati a maneggiare solo Fabio Volo e Roberto Saviano. Fuori da quello si va in panico, così abbiamo dovuto  aspettare l’ottima casa editrice 66THAND2ND per averne una nuova edizione nel 2019.

Casa di foglie è un libro che molti ignorano, ma non lascia indifferente chi lo ha letto.

É un continuo intreccio di voci narranti che sviluppano la trama su diversi piani temporali e diverse angolazioni. Quindi diversi punti di vista. A seconda del narratore, infatti, cambiano l’impaginazione e i caratteri di stampa e le angolazioni di lettura.

A un certo punto del romanzo, l’impaginatura viene destrutturata assumendo una nuova struttura grafica che serve a contestualizzare lo stato d’animo di angoscia, terrore e follia.

Come se  ciò non bastasse, le note a piè di pagina sono un’ulteriore narrazione. Non sono semplici postille, bensì occupano metà della pagina, anche 3/4, esondando, a volte, in intere facciate. Sono note riferite a libri, trattati e studiosi inesistenti; qualora fossero esistenti, gli vengono attribuite tesi apocrife, inesistenti, uscite dalla fantasia di Danielewski per esigenze di trama. A volte ci sono addirittura le note nelle note!

La trama di Casa di foglie, in breve, racconta di un underdog di nome Johnny Truant che vive a L.A..

Subentra nell’appartamento di un vecchio grafomane, molto erudito e da poco deceduto, di nome Zampanò. L’appartamento è zeppo di carte scritte fittamente. É letteralmente invaso dagli scritti del vecchio. Altro non sono che un suo studio, una ricerca, un insieme di congetture, di riflessioni a proposito del filmato documentaristico amatoriale: The Navidson record.

The Navidson record comincia come i più classici filmati amatoriali di una felice famiglia di successo che si trasferisce in una nuova dimora in Virginia.

Va tutto bene finché, al ritorno da un week end lungo, si accorgono che è comparsa una porta che conduce in una sorta di armadio… che in effetti sembra più che altro essere un corridoio. Così, Navidson inizia a indagare. Coinvolge il fratello e alcuni professionisti che, con lui, faranno una scoperta raggelante: le dimensioni interne della casa sono maggiori di quelle esterne.

In parallelo, ma sfalsata rispetto a quella di Truant, compaiono frammenti di pseudo interviste a Stephen King, Hunter S. Thompson, Stanley Kubrick e Jaques Deriddà e ad altri personaggi della mid-culture, se non addirittura mass-cult. Oltre a queste due voci narranti ve ne sono altre due: quella della madre di Johnny Truant, per via epistolare, e quella di Karen, moglie di Navidson.

Casa di foglie è stato oggetto di discussione in ambienti da Club del libro, Circoli letterari, così come tra scalzacani e pelagatti con smanie da intellettuali e di essere sul pezzo.

I quali, del resto, non hanno capito un accidente. Inevitabilmente. Si sono affannati in discussioni in cui si ripeteva come un mantra la definizione di letteratura ergodica:

Tipo di letteratura che presenta una struttura narrativa e/o un’impaginazione non lineari e che, quindi, comporta un modo di fruizione in cui, diversamente dal solito, il lettore deve compiere lui stesso operazioni non convenzionali per ricostruire la trama e i significati del testo.

Sempre tra questi, i più onesti hanno ammesso di non aver capito un cazzo e lo hanno stroncato come una cazzata pretenziosa. Sopratutto, la loro confusione e delusione riguarda il finale del libro.

Abbiamo a che fare con giudizi e recensioni di intellettuali di mondo che non riescono ad interpretare il finale di un libro?

Gente che ha bisogno della spiega del finale perché altrimenti non riesce a capire quello che ha letto? Sì, sigh… sigh… è proprio cosi!

In effetti, Casa di foglie, opera di Mark Z. Danielewski, ha delle pretese ma non è pretenziosa.

É un romanzo che pretende dal lettore un minimo di capacità di fare collegamenti, affrontando uno schema di lettura che, senza questa capacità, risulta ostico. Soprattutto per persone abituate a leggere quel sepolcro sbiadito di Donna Tartt e altri autori da Circolino della lettura.

Se maneggiate H.P.Lovecraft ed il suo concetto di pseudo-libri, come il Necronomicon, ad esempio, e le sue descrizioni di edifici dalle prospettive assurde e perverse che portano alla follia; se avete familiarità con certi racconti di Rudy Rucker dove certi surfer si imbattono in Chtuluh e, per leggere il racconto, dovete capovolgere il libro una pagina sì ed una no; non vi spaventa un modo di scrivere che ricorda Balestrini ma anche il Brett Easton Ellis di Less than zero (1987); se avete visto gli horror Ballata macabra (Burnt Offerings, 1976) di Dan Curtis e La Casa (The Evil Dead, 1981) di Sam Raimi, ma anche Antrum (Antrum: The Deadliest Film Ever Made, 2018) di Amito e Laicini; se conoscete le suggestioni di Blair Witch Project (1999), allora:

Casa di foglie vi terrà inchiodati e vi travolgerà come un gorgo e non esiterete a riconoscerlo per il capolavoro vero proprio che è.

Una raccomandazione: leggete il libro senza fare trascorrere troppo tempo ma nemmeno troppo in fretta.