Axos ha da poco pubblicato il suo disco MANIE, un album che si sviluppa su 11 tracce, impreziosite dai featuring con Cicco Sanchez, Emis Killa, Ensi, Inoki, Jake La Furia, Nerone e Tancredi.
È il suo terzo album in studio, anticipato a distanza di poche settime dal singolo Paura di me.
Un tassello fondamentale nell’evoluzione del suo percorso artistico, dove la sua firma stilistica diventa sempre più riconoscibile.
In queste tracce è riuscito a unire le sonorità hip-hop con contaminazioni di varia natura, proprio come il suo background musicale.
Qui si lascia andare completamente a un viaggio introspettivo; si abbandona al vero se stesso anche in maniera meno criptica rispetto ai suoi precedenti lavori.
Tutto quello che c’è dietro e dentro di lui lo abbiamo scoperto in un pomeriggio con una chiacchierata tra una sigaretta e l’altra. Buona lettura.
È appena uscito il tuo nuovo disco, cosa stai provando?
Axos: «Non vedevo l’ora. Avevo tanta voglia di farlo uscire, tanta voglia di farlo ascoltare. È stato un processo veloce come un raptus, l’ho scritto effettivamente in un mese».
Quindi proprio di getto…
Axos: «Di getto totale, dopo aver accumulato e accumulato. Dopo un’esperienza introspettiva devastante, sono stato malissimo… ad un certo punto, però, sono esploso e ho composto il disco. Ho conosciuto JVLI che è il produttore che mi ha dato la base, le scarpe per camminare e io ho corso».
Quindi il processo creativo è nato prima dalla base o in maniera diversa?
Axos: «Il processo creativo è nato dalla congiunzione tra me e JVILI. È un artista incredibile, è un musicista, un produttore ma sopratutto una persona molto sensibile. È capace di capire e tradurre in musica le sfumature degli altri e quello che stai provando.
Quando ci siamo conosciuti io non sapevo che lui fosse così preso bene con me e la mia musica. Questa sorpresa mi ha dato ancora più sicurezza nel lavorare con lui. Questa voglia ti dona la fotta».
Quando ti sei innamorato per la prima volta della musica?
Axos: «La musica mi ha fatto innamorare da piccolo, ascoltavo i brani e piangevo, mi emozionavo. Avevo già capito che la musica mi faceva di brutto. Mi chiudevo in stanza già da piccolo e uno dei primi regali che mi hanno fatto i miei genitori è stato uno stereo.
L’ho ricevuto a sette anni e ce l’ho ancora lì, funzionante, quello stereo grigio e argento non me lo dimenticherò mai».
Da qui hai iniziato ad ascoltare dischi ogni giorni e ad ogni ora possibile insomma…
Axos: «Si, ero pieno di dischi poi avevo mia zia che in quel periodo era fidanzata con un dj, lo avevo in casa e quindi era diventato mio zio. Ovviamente lui mi ha invogliato ancora di più ma non ho mai pensato che la musica potesse diventare un lavoro.
Per me la musica è stato sfogo puro da sempre.
Axos: «Sono stato anche fortunato perché i miei amano la musica. Mia madre ama la musica latina o araba mentre mio padre tutt’altro, Rnb, house o la techno. Io a otto anni avevo giù una testa enorme con Coccoluto».

Insomma hai avuto dei bravi insegnati fin da piccolo. Ti sporcavi per bene le mani con la polvere dei dischi.
Axos: «Io quando vedevo mio padre allo stereo capivo veramente l’amore. Svegliarsi la mattina con la musica, sempre! Il weekend mi svegliavo che c’era già musica a palla in casa. Per me è stato poi anche naturale scriverla, da piccolo scrivevo anche senza saper scrivere».
Scrivevi anche sul banco a scuola immagino…
Axos: «Di brutto! Ovviamente! Ho questo ricordo di quando avevo cinque anni nella nostra prima casa… ero per terra, pieno di foglietti che riempivo di finta scrittura con una matita. Non erano disegni ma proprio finta scrittura, parlando tra me e me. Io pensavo che quello che facevo poi magicamente si trasformava in qualcosa che tutti capivamo visto che lo vedevo fare a tutti i più grandi».
Quand’è arrivato il momento in cui hai capito che la musica poteva essere un lavoro?
Axos: «Quel momento è arrivato quando mi ha pagato il primo affitto. Lì mi sono detto: Ok! Il frigorifero è pieno, ho una casa… questa cosa mi sta facendo vivere. Prima di quel momento, no».
Il passaggio da valvola di sfogo a lavoro, invece?
Axos: «Mia figlia. Se non ci fosse stata lei non avrei affrontato la musica con tutta questa foga. Sicuramente lei mi ha messo davanti a un bivio. Potevo prendere la strada sbagliata o la strada della musica, quella giusta. Il giorno in cui è nata mia figlia, avrei dovuto fare una cosa sbagliatissima l, che non ho fatto. È stato decisamente importate questo snodo della mia vita».
Sembra quasi un film…
Axos: «Infatti mi hanno contattato per un pezzo di una serie tv che parla di questo ragazzo che sembra proprio aver vissuto la mia vita. Mi hanno proposto uno script che era la mia vita. Quindi, con la scusa di dover scrivere questo brano, ho parlato di me con una sincerità assoluta. Stavo malissimo, proprio distrutto, non ho più scritto per tre giorni».
Hai un rapporto proprio viscerale con la musica.
Axos: «Non so perché ma mi legge dentro. Il pezzo si chiama Malavita è l’ultimo della tracklist nel disco».
Facendo un passo indietro: sei nato a Milano, come la senti questa città?
Axos: «Ho sempre avuto un sacco di odio per Milano. Ho avuto un po’ d’amore campanilista crescendo, perciò se mi parli male di Milano comunque mi gira il cazzo. Casa mia non so perché ma la sento in un altro posto. Ho sempre avuto un forte contatto con la natura, con i boschi. Milano ha troppo cemento, troppa falsità, troppa sovrastruttura. Da piccolo ho chiesto a mia madre di mandarmi, per favore, a vivere dai monaci tibetani».
A quanti anni gli e l’hai chiesto?
Axos: «A 10 anni volevo andar là. Vedevo che passavano il tempo seduti, mangiavano riso e imparavano delle mosse in mezzo alle montagne. Chiedevo a mia madre: scusate ma perché noi viviamo così? Siamo stupidi? Vi prego mandatemi lì. Non mi mancherete ma se volete venitemi a trovare. Mia madre non ha avuto il coraggio di mandarmi e l’ho rimproverata sempre per questo. Gli dicevo: hai visto tutti i casini che ho fatto? Se fossi andato lì…».

A un certo punto della tua vita però sei scappato da Milano però…
Axos: «Sì, mi sono perso. Sono stato in giro per un anno tra le panchine e i boschi della Germania.
L’episodio più bello di questo viaggio?
Axos: «Svegliarmi in mezzo ai boschi della foresta nera con un cerbiatto lì vicino».
Prima ero stato solo a Londra dove ho amato l’indifferenza delle persone e il fatto che potessi vestirmi come volevo. Una volta Milano non era così, era esattamente come il resto dell’Italia. Milano ti giudica in maniera subdola, rispetto al paesino da cui puoi scappare, qui lei ti droga. Se sei nato a Milano non vai via, ti droga in tutto».
Perché sei tornato allora?
Axos: «Quando sono tornato non ci credevo. È stata una donna a farmi tornare. Una donna. Ho preso otto treni dalla Germania senza niente per tornare da lei, dopo un anno».
Hai molte influenze all’interno del tuo sound, a ogni disco ti migliori, qual é il tuo Sacro Graal?
Axos: «Ci arriverò, devo migliorare la mia parte vocale, in studio imparo tanto e canto sempre. Pachy Scognamiglio è il mio vocal coach. Mi è stato dietro finché ha potuto perché ovviamente ha anche altri artisti, come Elodie ed altri. Non riesco a essere continuo, però una volta trovata la quadra giusta tutto si trasporterà in questa direzione».
Un episodio negativo o positivo che ti è successo durante la registrazione del disco?
Axos: «Eh… Ci sono state tantissime giornate nere, non so scegliere, perché in quel periodo ho solo risolto problemi. Stavamo preparando anche The Experience che è il live che faremo il 14 e il 21 aprile. Quest’organizzazione mi ha prosciugato la vita fino ad adesso. Ho avuto dei momenti in cui ho pensato: ‘No!… non ce la faremo mai’».
Qual é il disco che ascolti nei momenti in cui non ce la fai, quando hai bisogno di resettare per ripartire?
Axos: «Dipende da qual é il problema. Se fosse un motivo emotivo e personale lo risolvo ascoltando i Pantera».
Qual é il tatuaggio più importante che hai addosso?
Axos: «Quelli più importanti li ho sugli avambracci. Sono i mie libri. A volte mi metto sul letto e guardo gli avambracci, rappresentano tanti momenti della mia vita. Ho una candela sul braccio che ho fatto quando ho saputo che la mia ex era incinta. Questa candela mi fa ricordare sempre che ci si riaccende. Me la sono tatuata da solo e l’ho fatta accesa perché rappresentava un momento irripetibile e pieno di vita. Il tatuaggio per me è stato sempre un linguaggio bifronte. Una esterna, magari più tradizionale, fatta di simboli e l’altra che racconta di me e della mia vita privata».

Musica e moda, sopratutto oggi, vanno un po’ a braccetto. Tu, come la vivi?
Axos: «Io l’ho vissuta da una parte in maniera terribile, perché da piccolo ero povero e non potevo permettere tutti i vestiti clamorosi che avevano gli altri. Io avevo i miei vestiti e posso dire che non andavo in giro con gli stracci.
Se gli altri avevano i vestiti appena usciti, io avevo quelli di due stagioni prima. A una certo punto ho detto che mi faceva cagare.
Era una semplice reazione al fatto di non potermela permettere ma mi è sempre piaciuta. Infatti, a un certo appunto, ho detto: ‘vaffanculo è bellissima la moda, è bellissimo vestirsi’. É anche un linguaggio molto interessante. Io tento di vestirmi sempre in maniera diversa, mi piace. Mio padre era convinto che sarei diventato uno stilista, perché disegnavano vestiti per i giochi, per tutto. Poi ho rimosso, ma con il merchandising mi tolgo molti sfizi».
Prima la pandemia, ora la guerra, manca solo il palesarsi degli alieni. Secondo me arriverà prima un’invasione di zombie.
C’è un film, con Nick Frost e Siamon Pegg, dal titolo Shaun of the Dead in cui tentano di ammazzare uno zombie con i vinili… ecco, tu che disco useresti come arma?
Axos: «Oh, cazzo (ahaha). Un disco che mi fa proprio cagare (ahah)».
Potrebbe essere anche il disco più bello eh!
Axos: «Ah, una doppia lettura! Ma userei uno italiano bruttissimo… cazzo è difficile».
Aspetta facciamo un cambio, fammi pensare… su MTV tempo fa davano Celebrity Deathmatch hai presente?
Axos: «Si, fighissimo».
Chi affronteresti su quel ring e chi sceglieresti come alleato nell’incontro?
Axos: «Allora, due contro… voglio due tosti.
Sfido Rick Ross e Tony Effe! Contro me e uno che pesta… In Fight Club dicevano che i più duri sono gli alti e lunghi perché si battono fino allo sfinimento e sono taglienti. Mi serve uno alto e lungo… OBAMA! (Ahah) mi sa di uno che comunque, se lo fai incazzare, pesta di brutto».
Be’, dal south side di Chicago…
Axos: «Poi è diventato Presidente!».
Chiudiamo con i live…
Axos: «Ci sarà un tour e, a breve, annunceremo le date ma prima ancora ci sono questi due live The Experience. Sarà sicuramente un format che riporterò in giro, anche per meno persone, in futuro».
Ci sto investendo tanto ed è una parte di me molto importate, che arriva con un impatto puro ai miei fan o all’ascoltatore».
Allora ci vedremo sotto al palco, ma come ti vedi tra 10 anni?
Axos: «Assolutamente sì. Come mi vedo tra 10 anni… all’estero, bello attivo socialmente e, non mi chiedere perché, ma mi vedo benestante per aiutare le persone. Il mio obiettivo è quello di arrivare a un punto in cui aiutare non sarà più uno sbatti estremo. Mi vedo bene, e sono le?».
Sono le 17:21…
Axos: «Adesso salgo in macchina, mi chiami e al primo semaforo ti dirò tutt’altro. Tipo: Mi trasferisco in Jamaica (ahaha)».