Il Kappa FuturFestival è indimenticabile

Il Kappa FuturFestival è stato il festival più bello di questa estate. Ci abbiamo provato in tutti i modi a farcelo passare dalla testa ma l’atmosfera che si vive durante quei giorni è irripetibile. Tempo fa vi avevamo creato una guida dettagliata su ogni artista (clicca qui) perché… parliamoci chiaro, nell’aria e sulla carta si sentiva già l’originalità di tutto.

Spiegare a parole ciò che si è vissuto non è facile. Raccontarlo a chi non l’ha vissuto o a chi non ha potuto o voluto essere presente ad una manifestazione del genere è quasi impossibile. Io personalmente ho perso il conto di quante emozioni si provino nello spazio di 12 ore, a prescindere dal tipo di musica che è in ascolto.

Durante uno dei set, mi sono appositamente voluto fermare per guardami intorno: una scarica di energia ti pervade il corpo, immediatamente. Poi, guardando nel dettaglio in questo mare umano di colori, si possono scorgere persone provenienti da qualsiasi parte del mondo, che creano connessioni (anche momentanee) che nascono semplicemente da uno sguardo, un sorriso o l’aver casualmente fatto lo stesso passo a tempo con la cassa. La gioia, i sorrisi, gli abbracci, le fondamenta del legame tra ogni persona sono qualcosa che durante il Kappa FuturFestival trovano la loro massima espressione ed aumentano la loro potenza in maniera esponenziale. La selezione musicale che può soddisfare i gusti di chiunque, i stage e la loro struttura di luci e video e il Parco Dora vestito sempre in maniera impeccabile per l’occasione, forniscono un favoloso e caldo abbraccio alle oltre 90000 persone che sono accorse per questa edizione. 

GIORNO 1 – VENERDI’ 30/06

Un insolito inizio Giugno accompagna il Kappa FuturFestival di quest’anno. È da almeno un mese che la città di Torino è pronta all’invasione ed a vivere uno dei festival più frizzanti della scena tecno. Nonostante il meteo minaccia pioggia per tutto il pomeriggio, la carica del popolo del Futur non si scende minimamente, anzi. Lo si può notare dalle facce che mi sfrecciano accanto mentre mi avvio al gate per ritirare il mio accredito.

Sarà stata la fama che si è costruita nel corso degli anni o la line-up creata per quest’anno, ma non mi ricordo un venerdì così popolato. Il dovere chiama ed anche fare la (normale) fila per i bracciali è una prassi a cui si deve sottostare. Dopo un po’ di attesa, lo staff del Kappa FuturFestival è stato molto gentile dal portare me ed altri addetti stampa in giro per i palchi. Prima volta per il sottoscritto e devo ammettere che l’emozione era tanta. Mentre salivo le scale dello Jager stage, le gambe mi tremavano un po’.

Questo effetto però era dato non dalla mente, bensì da uno scatenato Kilimanjaro che metteva le basi per un ottimo inizio sin dalle prime ore della kermesse. L’inglese è famoso sì per la sua musica che mischia ritmi africani ad una potente cassa dritta, ma ancor di più per come vive i suoi live. Vedere da circa tre metri come salta da un lato all’altro del palco, sale sul tavolo, chiama di continuo l’attenzione dalla folla è un genuino specchio di come questo ragazzo adori e si diverte a suonare per gli altri. La folla ricambia la sua energia ed è proprio un bel modo per iniziare così un festival.

Sarebbe carino rimanere qui, ma il tempo corre e ricordo che quest’anno l’organizzazione ha deciso di aggiungere un palco in più, salendo a cinque. Questo significa sì più artisti, ma anche il dover correre di più. Ci trasferiamo quindi al KOSMO Stage, dove sta suonando una delle mie “hidden gemms”: AYS. La ragazza svizzera ci accoglie col sorriso mentre è concentrata a mixare la sua musica. Avendo sempre ascoltato generi come hip-hop, soul e funk, la sua musica incontra benissimo i miei gusti. Guardate questo piccolo estratto e ditemi se questi bassi non vi fanno venire voglio di muovere il culo.

Dopo un veloce giro al Futur Stage, targato Afterlife per il primo dei tre giorni, si ritorna in quello principale a causa dell’imminente pioggia. Ad aspettarmi, ci sono uno dei nomi che ha più richiamato gente in questa edizione: i Major Lazer, accompagnati dall’occasione dai maestri dell’amapiano, i Major League. Sul loro modo di saper coinvolgere la folla nulla da dire, i particolar modo per il duo africano, però non rimango convinto di ciò che sto vedendo. Sarà stata la loro selezione, pregna (ovviamente) di amapiano, con drop che sembrano non arrivare mai e, quando lo fanno, risultano scialbi, ma non rimango impressionato dalla loro performance.

Poco male, perché scendo dalla mia postazione privilegiata, per dirigermi alla volta del Nova stage. Lì stanno suonando due artisti su cui avevo puntato forte, ovvero Krystal Klear e Matisa. Se sul palco sono opposti negli atteggiamenti, l’irlandese più calmo e l’italiana invece che quasi sembri voglia scendere dal palco per ballare con il pubblico, la loro selezione combinata è un’interessante incontro tra i due mondi. La synth-wave di Klear imbastisce la tavola per la tecno e l’acid di Matisa, in maniera mai banale, lasciando che il background di entrambi trovi libero sfogo durante le due ore di set. Prima di concludere questo paragrafo, una speciale menzione d’onore ai stivali rosa di Matisa: l’avevo detto io “best dressed dj”!

Scelgo quindi di tornare da uno dei miei dj preferiti, ovvero Mr. Danilo Plessow, meglio conosciuto come Motor City Drum Ensamble. Vorrei scendere un pochino nei tecnicismi, ma oltre a non esserne così in grado, non è questa l’intenzione del report. Solo per portare un set in vinile in una manifestazione del genere, deve almeno godere della vostra stima.

Ad un certo punto, dallo Jager stage sopraggiunge un boato. Non stando ne “L’attacco dei giganti”, il motivo può essere dato solo dalla sopraggiunta del nome di punta di questa edizione: gli Swedish House Mafia. Dopo un periodo di rottura, con la conseguente prosecuzione in solitaria, i tre svedesi si sono recentemente riuniti e sono tornato a calcare il palco insieme. Mi lascio attirare dalla folla e rimango una buona ora ad ascoltare la loro performance, dopo essere sbucati da una coltre di fumo.

Volenti e nolenti, questi tre hanno segnato l’adolescenza di molti e lo sanno bene: pescano frequentemente nel loro repertorio lungo tutto lo show, che di base ricalca i ricami dell’EDM più che dalla tecno. Non rimango così affascinato come le altre persone intorno a me, ma rendo atto ai pluripremiati dj di saper come intrattenere la folla, oltre al fatto che mi sembrano onestamente felici di partecipare al festival.

È il momento però di dirigersi verso gli artisti che molti di noi avevano cerchiato in rosso nel programma: i Tale of Us. Mi posiziono al Futur una mezz’ora prima del loro spettacolo, incuriosito dal voler ascoltare il set di un loro collaboratore, ovvero Stephan Bodzin. Il suo passato da compositore di musica di teatro fa capolinea durante le sue tracce, costruite come fosse un’opera lirica, incentrandosi in particolar modo sui violini e su climax ascensionale. Ovviamente non ci saranno soprani o tenori a reggere tutta la linea melodica, bensì colpi di cassa crudi ed hi-hat martellanti. Un’ottima performance da parte del tedesco, che meritava sicuramente un po’ più attenzione da parte del pubblico.

Come detto, infatti, la gente arriva in maniera incessante per vedere il duo italiano. L’hype viene ripagato: i TOU sono ormai ben rodati e tra la loro selezione e le loro ormai famose visual, vengono fuori due ore tra i migliori eventi a cui abbia mai partecipato. Anyma e Mrak sono abbastanza furbi da non spingere solo sull’acceleratore, favorendo continui cambi di ritmo nella loro melodic tecno. Si susseguono infatti loro pezzi e remix vari, come quello di “Ghosts again” dei Depeche e di “Turn on the lights” di Skrillex.

Spazio anche per il “Manifesto” di Mrak, EP di due tracce pubblicato da pochissimo, accompagnati visivamente da una sorta di Inferno industriale a cui si opporrà poi una sorta di ingresso per il Paradiso. Il gioco di luci completa lo spettacolo, nonostante la pioggia, che sembra quasi scendere apposta durante quelle due ore per creare qualcosa di magico. Chissà cosa avranno in mente dopo questo spettacolo, diventato ormai famoso globalmente. 

Lascio dietro di me gli EVA di Anyma e decido di sdoppiarmi per la chiusura. Inizio al Nova Stage dove Robert Hood e la figlia Lyric stanno letteralmente facendo saltare i partecipanti. I Floorplan controllano da dietro i deck il pubblico grazie alla loro selezione di funk, soul, hip-hop e R’n’b, centellinata in maniera sapiente all’interno della loro house music. Le old head avranno sicuramente apprezzato questo show, reso più accattivante e moderno dalla presenza di Lyric, che allarga un po’ di più i confini musicali segnati dal padre, inserendo tocchi di pop contemporaneo.

Continuerei molto volentieri a restare a ballare su quel prato, se non fosse che un altro duo abbia destato fin troppo la mia curiosità nei giorni passati: sto parlando degli Astra Club. La neonata coppia è formata dall’italiano DJ Tennis e dalla turca Carlita. Gli viene affidato il main stage ed il tetto del Parco Dora sembra che stia per cadere da un momento all’altro, talmente i due spingono forte nei subwoofer.

Colpi di cassa incessanti letteralmente di obbligano a staccare i piedi da terra e ballare. Dietro la consolle i due si muovono molto bene, nonostante i non ancora numerosi show insieme, soprattutto quando è la volta di osare e foraggiare il pubblico con un remix tutto loro di “One more time”. Una fantastica conclusione per il primo giorno del Kappa FuturFestival, che infatti fa salire a molti la voglia di partecipare ad uno dei vari after organizzati per l’occasione. Per quanto mi riguarda, c’è bisogno di ricaricare le pile, domani c’è un’altra “battaglia”.

Giorno 2 – Sabato 01/07

Torna a splendere il sole per il giorno centrale del Kappa FuturFestival, il che vuol dire principalmente una cosa: si ballerà senza preoccuparsi del meteo. In realtà, data l’esperienza dell’anno passato, il mio timore più grande era di quello di dover rifare una fila di due ore sotto il caldo cocente. C’è infatti da ricordare che il sabato è sempre il giorno più frequentato: dati alla mano, sembra aver visto la partecipazione di più di 90000 persone. 

Quando arrivo all’ingresso del Gate B, la lunga fila di persone che si staglia davanti a me fa ritornare i fantasmi di un anno prima. Devo ammettere però che la fila risulta molto più scorrevole ed in circa una mezz’ora sono dentro. Un plauso quindi all’organizzazione per aver quantomeno migliorato la gestione della folla rispetto all’edizione 2022. Ovviamente si può ancora migliorare, ma questo dimostra come lo staff rimanga sempre in ascolto delle lamentele dei partecipanti.

Ma torniamo alla musica. Dopo aver velocemente superato i controlli, mi trovo sotto la tettoia ad ascoltare un “vecchietto” inglese che, a piedi nudi, sta ballando dietro la consolle mentre brandisce le sue cuffie come fossero un lazo. Sto parlando ovviamente di Fatboy Slim, una new entry di spessore per il Kappa FuturFestival, che fa saltare tutti a tempo con una selezione abbastanza variegata di tecno. Passando anche per l’acid, compone il suo set inserendo ovviamente anche pezzi suoi come (l’immancabile) “Right here, right now” e tracce di altre repertori come “Keep on rising”. Unico momento di flessione quando propone “September” degli Earth, Wind and Fire. Un’idea anche carina che però non trova una realizzazione da Futur: remix abbastanza scialbo che prevede solo l’aggiunta di una semplice cassa dritta. Si poteva fare meglio per questa traccia, ma il set in generale è stato più che godibile.

Finito questo show, mi dirigo al nuovo palco di quest’anno: il Voyager. In quel momento si sta esibendo un nome forte della tec-house mondiale: Seth Troxler. L’americano fa il suo conducendo un set senza sbavature ma anche senza particolari momenti di picco.

Approfitto di un momento di calo per vedere cose succede al Futur, che si trova praticamente di fronte. BPM martellanti escono della casse mentre in lontananza scorgo l’artista che si sta esibendo: Indira Panagotto. La spagnola conquista il pubblico con il suo cocktail di psy, trance ed acid velocizzato al 1000x, con drop che sembrano andare in una direzione, per poi cambiare improvvisamente, ritornare sui propri passi e fermentano fino ad esplodere con dei potenti bassi. La ragazza ci sa fare e lascia un’ottima prima impressione sia a me che a tutto il pubblico presente. Un nome quindi da segnare in agenda se siete amanti del genere e la trovate a suonare dalle vostre parti.

Decido di rimanere in mezzo a quel prato per godermi la chiusura della Panagotto e la conseguente apertura di un’artista tra i miei preferiti dell’edizione 2022 e che sta conquistando sempre più consenso. Sto parlando di Nico Moreno, artista della scuola francese che fa della dark music il suo cavallo di battaglia. Il francese non perde tempo e sin dall’inizio mette alla prova la folla: come il famoso “cavatappi” di Laguna Seca, la sua hard tecno è una curva in discesa a tutta velocità in un tracciato fatto di BPM altissimi, bassi laceranti e synth che ti prendono a schiaffi. A questo menù esplosivo, si aggiunge anche il dj stesso che è una macchina da guerra dietro i deck, abile sin da subito a coinvolgere sempre il pubblico, ballando a tempo con noi ma senza trascurare la cura nei dettagli della selezione. Bravo Nico, ti sei riconfermato ad alti livelli.

Purtroppo non posso rimanere a gustarmi tutta la performance, quindi decido di trasferirmi presso un altro stage. Nel mentre, ripasso al Voyager dove si sta esibendo la colonna portante della minimal tecno, ovvero Ricardo Villalobos. Sarà stato il volume non altissimo dell’impianto, ma il dj sembra aver portato un set non particolarmente fresco. Sia chiaro, la sua performance risulta comunque godibile, ma resta su di un livello praticamente uguale per tutto il set. Mi aspettavo qualcosina in più…

Faccio quindi una capatina al Nova per ascoltare Dj Bone, vestito sabato nella versione Doc Ciroc. In questi panni, il dj conduce la nave su di un mare di disco ed house, aggiugendo ogni tanto qualche virata verso il funk ed R’n’B. È una di quelle perfomance dove il telefono deve decisamente rimanere in tasca, ci si lascia trascinare dal capitano dietro ai mixer e si balla non curante della gente intorno. Per aver 52 anni, il “ragazzo” di Detroit sa ancora il fatto suo.

Continuando la saga dei dj navigati che hanno ancora da dire la loro, allo Jager si ripropone un duo già visto l’anno scorso: Carl Craig al deck e Jon Dixon ai tasti. La coppia sembra messa apposta lì dal lato opposto a Dj Bone, per creare questo collegamento tutto made in Detroit. A differenza del loro collega però, Craig e Dixon propongono una Detroit tecno più melodica, non stagnandosi sui drop di cassa dritta. Un bel viaggio sostenuto dal piano di Dixon, costruendo così un live unico nella tre giorni del Kappa FuturFestival.

Durante il finire dello show, mi sento stringere tipo sardine nella latta dal mare di persone che sta arrivando. L’app del festival mi ricorda il motivo: sta per cominciare la sua esibizione un altro nome di punta della scena mondiale, che corrisponde al nome di Peggy Gou. Un boato accompagna la sua entrata sul palco, tanto da lasciare di stucco la stessa coreana. Dopo i primi secondi di imbarazzo, si schiaccia play ed inizia il suo set.

Davanti a dei banner di lei che cavalca un drago, la boss di Gudu Records conduce un concerto che si stacca dai suoi degli anni passati: la tecno è molto più vivida e presente, tralasciando da parte il suo lato da producer, che ammicca molto di più alla nu-disco. Una scelta che ho decisamente apprezzato. L’unica pecca risulta però è che la dj spinge solo in quella direzione, non effettuando particolari cambi di ritmo. Uno show quindi che rimane sempre sullo stesso livello. La gemma risulta però ovviamente il momento in cui riproduce la sua nuova hit, “(It goes like) Nanana”. Può piacere o meno, ma è sempre bello vedere così tante persone cantare insieme.

Anche questa giornata giunge al termine. Chi ha preso il biglietto per un solo giorno cerca disperatamente già il biglietto per la domenica. Dopo una cena veloce, c’è chi come il sottoscritto decide invece di rinunciare all’after party e provare a riposare. Tra meno di 10 ore si deve tornare a ballare.

Giorno 3 – Domenica 02/07

Il caldo torinese non concilia di certo il sonno, rendendo movimentato anche il momento di riposo. Poco male, si deve tornare al Parco Dora per il terzo ed ultimo giorno del Futur Festival. Ammetto che me la prendo con molta calma, approfittando anche del ritorno degli stream su YouTube. Verso le 15 tocca a Carl Cox in back-to-back con Nicole Moudaber. I due sembrano abbastanza rodati e danno vita ad un ottimo e convincente set.

Mi avvio abbastanza tardi per i miei standard, trovandomi di fronte al Gate per le 17 meno qualcosa. L’entrata è molto più agevole rispetto al giorno prima, sia per l’orario che per la giornata sicuramente meno frequentata di per sé. Entrando, passo prima dal Kosmo Stage incuriosito di ascoltare un nome storico ed underground della scena disco italiana. Sto parlando di Leo Mas, fine esperto musicale e conosciuto soprattutto per aver dato vita ad un genere tutto suo, dal nome Balearic Beat. Il suo experimental set sguazza ampiamente all’interno di questo genere, pescando dai vasi di reggae, soul, funk, latin, afro, electro, post punk, new wave, indie e synth pop. Un peccato che non ci sia così tanta gente a godersi lo spettacolo.

Forse è anche “colpa” (o merito) di chi si sta esibendo al palco principale. Bandiere brasiliane vengono sventolate sotto cassa per Vintage Culture, un dj che dopo aver spopolato in patria, sta acquisendo sempre più fama globale. Il tutto è dovuto al suo sound, che rimanda ai vecchi stile di musica dance e tecno, con un uso più frequente di campioni vocali e sintetizzatori. Ruiz si diverte moltissimo mentre suona, in particolar modo quando il pubblico accompagna le tracce da lui scelte. Anche per lui quindi un ottimo debutto al Kappa FuturFestival.

È il momento però di spingere sull’acceleratore. Decido quindi di correre al Futur Stage per uno dei miei preferiti. A petto nudo e con l’immancabile mascherina che gli copre metà volto, I Hate Models sta mettendo a dura prova l’impianto del palco situato più lontano di tutti. La polvere creata dai partecipanti va quasi a coprire la vista della consolle, dando un’idea di quanto il francese stia dando libero sfogo alla sua hard/dark tecno. Si salta, si sorride, si balla tutti insieme a 180 BPM ed oltre. Sicuramente, tra le migliori 3 performance della giornata, nonostante un impianto che domenica non è sembrato all’altezza degli artisti che ha ospitato. Come direbbe Cassano: sciapò!

La scarica di adrenalina creata da IHM sembra svanire quando finisce il suo show, tra la delusione di tutti che volevano che il dj continuasse la sua esibizione. Neanche il tempo però di maturare questo pensiero, che dalle casse partono i potenti colpi di batteria dei 999999999. Il duo italiano non sa cosa significhi partire con un climax ascendente e non lascia spazio ai noi poveri partecipanti di avere un attimo di respiro. Tanto meglio, siamo pronti a ritornare a martellare a tempo con i bassi. Lasciano una così buona impressione che tutti hanno voglia di risentirli al più presto. Bravi ragazzi, continuate a spaccare tutto.

È il momento però di cambiare completamente tipo di genere. Al Nova Stage sta per mettere mano ai controlli un nome che ha conquistato il cuore di tutti grazie alle sue esibizioni in giro per il mondo, in particolare grazie alle sue performance per Boiler Room. Si tratta di Folamour, dj d’oltrealpe che ripesca brani dal passato dandogli una ventata di aria moderna. Non so descrivere con esattezza cosa faccia una volta messo mano ai CDJs, ma quello che posso dirvi è che una gioia per gli occhi e le orecchie ascoltare un artista del genere. Si chiude gli occhi e si balla, liberi da qualsiasi pensiero e con un sorrisone stampato in faccia. Non è forse questa la magia della musica? Grazie Folamour, i ragazzi sono stati molti bene.

Il pressing delle concomitanze della scaletta mi porta però a non potermi permettere di ascoltare il francese fino alla chiusura. Bensì devo ritornare al Futur stage per ascoltare l’ultima mezz’ora di Chris Liebing. Un muro di suono mi investe una volta superato l’accesso al palco. La causa è il TR303 usato dal tedesco per farti sentire rimbombare i bassi nella cassa toracica. Hard tecno di scuola germanica quindi, che trova il giusto spazio nella cornice di questo palco.

Si rimane lì incuriositi dalla chiusura di Carl Cox e del suo hybrid set. Sono molto onesto: ero pronto ad essere sconvolto, soprattutto vista la line-up che l’ha preceduto. Invece, anche a causa di problemi tecnici dovuti alla mancanza del basso, la performance dell’inglese risulta piatta e non mi emoziona per nulla. Un vero peccato, perché l’hype che mi ero creato era molto alto.

Decido quindi di concludere il mio Kappa FuturFestival al main stage. Al posto di Danny Tenaglia che ha dovuto dare forfait per problemi di salute, la chiusura è stata affidata a Dj Bone. Una piacevole sorpresa per quanto mi riguarda: un set incentrato sulla Detroit tecno, dando ampio sfogo ai subwoofer ma che spazia ampiamente tra i generi, cogliendo di sorpresa molti del pubblico. Lo dimostra l’uso continuo di remix di brani della black music: momento migliore infatti è quando risuona la voce di Lauryn Hill e la sua “Ex-factor” (“Nice for what” di Drake vi dice qualcosa?). Un paradiso per un amante del genere come me e sicuramente la degna conclusione per un festival di questo calibro. 

Considerazioni finali

E quindi, qual è il bilancio finale di questo Kappa FuturFestival 2023? Provo a riassumere nel seguente modo:

Thumb Up

1. La selezione musicale: può venire criticata dai cultori della tecno vecchio stile, ma la line-up di questi ultimi continua a trovare il mio appoggio per la versatilità che ha nuovamente dimostrato. Dance, disco, hard, acid, trance, house ecc. Ognuno ha trovato pane per i propri denti;

2. Un’organizzazione migliorata, merito di tutto lo staff del Kappa FuturFestival che è riuscito quantomeno a migliorare alcune delle lacune dimostrate negli scorsi anni. Migliorata anche la nuova organizzazione “urbanistica” del festival stesso;

3. Il popolo del Futur. Le persone che invadono il Kappa FuturFestival sono sempre bramose di connessioni e questo è veramente ciò che rende speciale questo evento;

4. L’utilizzo di un bellissimo contorno come quello del Parco Dora, forse fin troppo trascurato nel panorama torinese per eventi di ogni tipo, impreziosito dalla scenografia di alcuni stage (in particolare il Kosmo).

Thumb down

1. Continua la mia battaglia a favore dell’acqua gratis ai festival. Questa è una cosa che sta accadendo nei maggiori festival internazionali e che vorrei venga riproposta anche qui. O almeno, che non venga fatta pagare 3 euro come è successo a questa edizione del Kappa FuturFestival.

2. Il suono dei palchi durante i tre giorni. Tralasciando dei problemi di natura tecnica (che possono capitare), a mio avviso il volume è risultato più basso rispetto alle scorse edizioni. Non so se è stata una scelta dettata dal provare a venire incontro alle persone che abitano intorno al Parco, però in alcune occasioni il volume era molto basso;

3. Non è proprio una critica, però il Voyager stage penso abbia sofferto un po’ la presenza del vicino Futur, che alcune volte copriva il dj che si stava esibendo.  Se lo staff vuole mantenere anche per l’anno prossimo la formazione con cinque palchi, deve fare un pochino più di attenzione su questo problema.

Il lunedì dopo il Kappa FuturFestival ho cercato un po’ di commenti in giro per il web. Come ho letto, ci sarà “andata anche mia nonna che ascolta il liscio”, ma perché voler specializzare un genere che affonda le proprie radici nell’inglobare qualsiasi tipo di persona, senza pregiudizi? Sono sicuro che c’erano molti non strettamente appassionati del genere, ma che hanno capito quanto sia bello questo festival dopo aver ballato ed abbracciato degli sconosciuti fino a cinque secondi prima. Quindi, la musica che propone può anche non rientrare nei vostri gusti, ma il tipo di esperienza è qualcosa che consiglio a tutti di fare. Spero quindi vivamente di incontrare quella marea colorata e piena di vita che invade il Parco Dora anche l’anno. Grazie Kappa FuturFestival, anche quest’anno è stato un vero piacere ballare con te.

THINK LATER, DANCE FIRST.


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