Casino Royale: Road to Polaris è la nostra storia

Casino Royale torna dal vivo, dopo l’uscita di Polaris, con uno spettacolo ideato appositamente per FOG: Road to Polaris. Un racconto sonoro che mette insieme i fili di una direzione estetica inseguita negli ultimi due anni ma racchiude un’intera vita.

Non sono la persona più indicata a scrivere con oggettività il report del ritorno sulle scene di Casino Royale. È incredibile come la mia vita sia legata a loro. Sia materialmente, tramite amicizie, conoscenze, lavoro – è naturale che sia così, se vivi e hai vissuto lo stesso sottobosco urbano. Sia spiritualmente, tramite l’ascolto, le parole, la musica – naturale che sia così, se ti sei nutrito dei loro suoni e ti sei dissetato alle loro stesse fonti.

Casino Royale hanno sempre saputo raccontare le cose un attimo prima che accadessero.

È per questo che i loro album sono dei romanzi di formazione per molti giovani abitanti del Pianeta Terra. Oggi abbiamo tutti qualche ruga e qualche cicatrice in più. Le cicatrici danno la sensibilità, cantavano i Fratelli Calafuria. Casino Royale ne ha sempre avuta parecchia, di sensibilità intendo.

Sia nella cura dei suoni, degli arrangiamenti. Eleganti, mai banali; sempre un passo avanti nell’attingere a piene mani dal magma primordiale che ha dato loro la vita.
Sempre alla deriva, in profondità, ma guai a dimenticare le proprie origini.

Ce lo insegnano secoli di umanità. Casino Royale, grazie a questo, suona potente e attuale, forse ancor più di ieri, quando in Italia sembravano degli alieni. Li senti nello stomaco. Li ricevi forte e chiaro.

Oggi sono Working Class Dandy, sono un riferimento, arbitri d’eleganza: ti trascinano nel loro mondo onirico e cinematico e stramaledici il fatto di essere inchiodato alla poltroncina del Teatro della Triennale. Fateci ballare.

Sia nella narrazione visiva che ha accompagnato una scaletta quasi perfetta. Perfetta come scelta dei brani, imperfetta perché io sarei andato avanti a oltranza: Suona ancora un’altra ora. Suona ancora.

Road to Polaris è stato un vero e proprio viaggio attraverso il romanzo scritto e diretto da Casino Royale & C. negli ultimi 30 anni contati male. Hanno sempre saputo raccontare le cose un attimo prima che accadessero, come scrivevo poco sopra.

Road to Polaris è un regalo che Casino Royale ha fatto alla Milano cresciuta con loro, a quella presente e a quella che verrà. Aiuta a cercare quale porta aprire su di un nuovo tempo. 

È un libretto d’istruzioni dal Manuale Casino Royale per il presente e il futuro, anche e soprattutto per le nuove generazioni: ci si salva insieme o non si salva nessuno. Sipario. Meglio: Scenario è definito. 

Io ora vedo e non prevedo

Aria di festa e apocalisse

Chi guarda dritto verso il sole e brucia

Chi è già oscurato dall’eclisse […]

Il viaggio è cominciato così, Tra noi. Si è poi sviluppato in una somma teologica di Casino Royale e del loro mondo, del nostro mondo.

Sorpresa piacevole anche la presenza di una fatata ed emozionata Marta Del Grandi che ha presentato un inedito scritto con Casino Royale.

Sinceramente non ho capito bene il testo, ma avrò tempo di impararlo come gli altri. Il gusto di Casino Royale è indiscutibile, sia nella scelta di Marta che nella fattura del nuovo brano (clicca qui ascoltare il suo disco).

Il DNA urban di Casino Royale si è geneticamente legato agli archi del Venaus Quintet e alle percussioni di Miccolis; grazie agli arrangiamenti e alla direzione del M° Giorgio Mirto e all’eleganza delle scelte di tutti gli attori in gioco.

Road to Polaris è stato un viaggio nel futuro. L’ho scritto: non sono la persona più indicata a scrivere con oggettività il report del ritorno sulla scena di Casino Royale.

Casino Royale

É stato tutto molto bello, tranne due cose che, sinceramente, non abbiamo capito, ma non c’entrano con la musica.

La prima è: per quale assurdo motivo la Triennale non ha tenuto aperto il bar?

Noi, come molti altri dello spettacolo delle 21.30, avremmo consumato volentieri. Anzi, eravamo arrivati prima apposta, visto l’obbligo di mascherina e il divieto di consumare all’interno del Teatro. È stata un’occasione persa sia per incassare qualche denaro – che credo non faccia schifo dopo due anni di chiusura -, sia per dare vita a luoghi che, di notte, spesso, sono desolati e desolanti.

La seconda è: davvero siamo ancora al provare la febbre a chi ha tre dosi di vaccino o ha fatto il Covid, avendo il Supermaxi Green Pass obbligatorio per entrare e mascherina?

Per fortuna il viaggio è stato intenso e queste sciocchezze rimangono gli unici nei della serata. Se ci fosse il DVD, come un tempo, lo vorrei. Per il gusto di mostrarlo, un domani, come le diapositive, alle cene di famiglia.


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