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MARTINI

C’è qualcosa di speciale in un Martini old fashion

There is something about a Martini,
A tingle remarkably pleasant;
A yellow, a mellow Martini;
I wish I had one at present.
There is something about a Martini,
Ere the dining and dancing begin,
And to tell you the truth,
It is not the vermouth—
I think that perhaps it’s the gin.

[…]

A Drink With Something In It, Ogden Nash (1935)

Proprio così: «C’è qualcosa di speciale in un Martini», anche se è molto cambiato dai tempi in cui, se si chiedeva un Martini, arrivava la ricetta classica o una variante molto simile ad essa; che vi chiamaste James Bond o meno poco importava. Oggi, vi sono interi libri dedicati alla preparazione di questo drink. Ci sono anche una gran quantità di locali specializzati nell’offerta di un’ampia selezione di gin e, quindi, di Martini… o di altre varianti di miscele che non prevedono l’uso né del gin, né del vermouth, pur appellandosi al medesimo nome.

Mi chiamo Martini, vengo da Arma di Taggia, oppure no

Come per tutti i drink più famosi, l’origine del Martini cocktail è dibattuta. In molti ne reclamano la paternità. Dato per certo che si tratta di un cocktail di origine americana, in tanti ritengono che sia il nome del barista ligure di Arma di Taggia, che per primo l’ha servito nel 1912, a New York. Per la precisione l’avrebbe preparato per John D. Rockefeller. Secondo un’altra tesi diffusa, il cocktail sarebbe nato a metà ‘800 a Martinez, cittadina della California. Ancora, si dice che nasca da un cocktail di Jerry Thomas chiamato, appunto, il Martinez.

In realtà, il Martini che viene proposto oggi è soggetto a così tante trasformazioni – con l’utilizzo prevalente della vodka – che il termine ha perso qualsiasi significato preciso. Molti dei Martini e degli pseudo tali, oggi di moda, sono cocktail eccellenti, ma è comunque un peccato. Ormai la gente tende a dimenticare quanto meraviglioso possa essere un Martini classico: per più di un secolo il cocktail più in voga al mondo. La cui maestà è stata lesa, in primis, dalla crescente popolarità del dry e very dry. Questo trend, incoraggiato dai gusti di una spia inglese molto celebre, ha oscurato la fama dell’old fashion. Non c’è nulla di sbagliato, s’intenda, o di fuori moda nel preferire un Martini sporcato con una dose, più o meno generosa, di vermouth. Qui, però, vi diamo la ricetta classica.

Alcune osservazioni per la preparazione del Martini

É assolutamente necessario che il drink sia molto freddo. Quindi, usate molto ghiaccio e assicuratevi che la coppetta sia ben ghiacciata. Lo stesso vale per chi tiene la bottiglia di gin in freezer: non è mai abbastanza ghiacciato. Inoltre, la piccola quantità d’acqua rilasciata dal ghiaccio durante la miscelazione è essenziale per armonizzare i sapori del cocktail.

Conviene prepararlo in grosse quantità. Ad esempio, usando una caraffa di vetro dotata di un beccuccio stretto o schermato, per fare in modo che il ghiaccio non finisca nei bicchieri. Se miscelate il Martini classico in caraffa, potete leggermente ridurre la quantità di vermouth.

Il gusto è una questione delicata e può drammaticamente variare a seconda del tipo di gin e della guarnizione utilizzati. L’oliva conferisce un sapore molto diverso rispetto alla scorza di limone. Se, invece, si usa la cipollina, diventa addirittura un’altra cosa: un Gibson. Trovare il Martini più gradito al palato, può richiedere diverse sperimentazioni. É giusto così, del resto: il Martini si sperimenta da quando è stato inventato.

Ingredienti:

  • 60 ml di gin
  • 15 ml di vermouth dry
  • oliva o scorza di limone tagliata a spirale

Procedimento

Mettere gli ingredienti nel mixing glass con moltissimo ghiaccio. Mescolare bene e filtrare in una coppetta da cocktail ghiacciata. Guarnire con l’oliva o la scorza di limone; in questo caso preventivamente sfregata attorno al bordo del bicchiere.