Ester Pantano, che si conferma con la fiction RAI Mákari uno dei volti più talentosi in Italia, ci racconta il suo mestiere che nasce dalla disciplina, da un’attitudine accogliente e soprattutto da una mente libera dagli schemi.
Per Ester Pantano, catanese, Mákari, arriva dopo il successo della fiction Imma Tataranni (dove interpreta Jessica Matarazzo). Sono bastate le prime due puntate di Mákari per far innamorare il grande pubblico del suo personaggio Suleima, una donna lucida, tenace e libera. Proprio come Ester che, da giovanissima, intraprende la carriera sportiva di ginnasta che le insegna la disciplina, caratteristica fondamentale per il suo lavoro di attrice. A 17 anni vola a New York per studiare, lì trova la sua dimensione perfetta ma il lavoro la riporta in Italia. Qui la sua scalata al successo comincia con il film Notti Magiche di Paolo Virzì nel 2018 e da lì non si è più fermata. Abbiamo avuto il piacere di intervistarla.
Ciao Ester com e stai e dove ti trovi?
Ester Pantano: «Sto bene, sono a Roma».
Quindi a casa, ottimo.
Ester Pantano: «Sì, sono a casa. (pausa) Ti ho appena detto una cosa importante, ti ho risposto sì, quindi ho chiamato Roma casa, ma io sono di Catania. Bisogna trovarsela la propria casa».
Parto con una domanda diretta, quando hai capito che volevi fare l’attrice?
Ester Pantano: «Il mondo della recitazione lo ha capito per me. Ho avuto diverse risposte positive in merito a ruoli che stavo interpretando. Così ho cominciato a capire che riuscivo a trasmettere qualcosa, che sapevo far emozionare le persone. Sentirsi dire: “Mi hai emozionato, mi sono commosso, grazie” a fine spettacolo non è così scontato. Quindi ti dico che ho capito di voler fare l’attrice una volta acquisita la consapevolezza di riuscire a trasmettere qualcosa a chi assisteva i miei spettacoli».
Raccontami il tuo percorso formativo:
Ester Pantano: «Il mio percorso formativo è legato allo sport. Ho praticato a livello agonistico per tanto tempo e questo mi ha formato a livello mentale e fisico».
Che sport hai praticato a livello agonistico?
Ester Pantano: «Ginnastica artistica arrivando in serie B e atletica leggera».
Sport che ti hanno insegnato qella disciplina che immagino ti sia tornata utile anche nel tuo lavoro di attrice…
Ester Pantano: «Assolutamente, anzi l’avevo dimenticata e nel momento in cui mi sono ricordata cosa fosse la competizione si è sbloccato il mio mondo da attrice. Mi spiego: quando vai a un casting giochi da solo, non vedi gli altri concorrenti, anche se stai partecipando ad una gara. Quindi quando ho applicato la disciplina delle gare ai casting tutto ha cominciato a girare per il verso giusto e io ho trovato il mio equilibrio».
Hai viaggiato molto all’estero per motivi di studio, so che ami NY e che vorresti tornarci a vivere, cosa ti ha lasciato questa città e perché sei tornata in Italia?
Ester Pantano: «Mamma mia New York… cosa mi ha fatto questa città? Boh! Che poi io sono siciliana che con New York non c’entra proprio nulla. Ci sono stata la prima volta con un progetto che si chiamava I Diplomatici. Avevo 17 anni era il 2008, quindi non ero libera di andare dove volevo e io sono una persona indipendente che ha bisogno dei sui spazi.
Non mi piace aspettare gli altri, né farmi aspettare, voglio essere libera di gestire il mio tempo. Voglio perdermi a guardare una cosa anche se non è un monumento, io non voglio sentirmi parte di un planning, non me ne frega di andare a vedere il MoMa perché sono a New York.
Voglio perdermi nella città, sedermi sulla panchina e osservare i vecchietti giocare a scacchi anche se non è una meta turistica. Me ne sono andata perché avevo bisogno di stare da sola per un po’ e per frequentare The Susan Batson studio, calcola che lei ha preparato Lady Gaga e Nicole Kidman tra i tanti, per me era come entrare in un tempio. Questo luogo mi ha lasciato un messaggio, ovvero che il sogno non ha età».

Che differenze hai notato?
Ester Pantano: «Qui da noi si tende ad insegnare a gruppi divisi per età, i piccoli, la fascia media e gli adulti, alla Susan Batson eravamo tutti mescolati e ogni giorno avevo compagni diversi, una cosa preziosissima per me. Tieni conto che una classe si forma quotidianamente, tu ti presenti, paghi e la frequenti, senza essere iscritto a nulla. E questo meccanismo fa sì che si crei una sfida diversa ogni giorno, la tua testa non si ferma mai.
E soprattutto eviti quelle dinamiche legate alla simpatia o alla bravura perché non sai mai con chi stai recitando e hai un obbligo di feedback da tutti. Imparare a guardare gli altri e non solo a stare sulla scena è una cosa importantissima che in Italia non ti insegnano. Un mutuo scambio potentissimo. Godi d’imparare».
Scusa ma perché sei tornata in Italia?
Ester Pantano: «Con questa domanda mi hai appena piantato una spada nella schiena. Sono tornata in Italia per lavoro perché avevo già un contratto, finito il lavoro volevo ripartire ma me ne è arrivato un altro e così via. Ogni volta che compro un biglietto aereo per New York mi arriva un lavoro! Forse per poterci tornare questo biglietto dovrebbe regalarmelo qualcuno.
Una cosa che invidio all’America è come viene considerato il nostro lavoro. Il lavoro artistico lì è un mestiere, c’è un grande rispetto. Io ero rispettata perché avevo un contratto in essere e in quanto persona che studia per una professione che allo stesso tempo sta svolgendo, come fossi un medico per fare un esempio. Una sensazione che in Italia non ho mai provato.
Qui si tende ad aspettare che arrivi un lavoro, in America nell’attesa c’è moltissima preparazione per esser pronti ad affrontare il lavoro quando arriverà. C’è una mentalità vincente in cui io da ex sportiva mi ritrovo perché quando perdi una gara t’impegni 70 volte di più per vincere la volta successiva, e cerchi di analizzare cosa non è andato e come migliorarti».
Possiamo dire che sei una di casa in ambito fiction di Rai1, ma per Mákari sei tornata nella tua Sicilia, nello specifico a Trapani, che esperienza è stata e cosa ne hai tratto?
Ester Pantano: «Vivere la Sicilia per quattro mesi in questo modo era una cosa che non mi capitava da otto anni, da quando sto a Roma torno solo un paio di settimane l’anno. Ho preso un ritmo e un tempo che non appartengono a Roma e nemmeno al resto del mondo.
L’isola ha i suoi tempi, ha un suo meccanismo che non puoi trovare altrove. Girare lì è stato sia un onore che una scoperta, perché è un versante che non conoscevo. E soprattutto la bellezza di tornare indigena nella mia terra, ma essere riconosciuta in quanto appartenente a una cultura ha i suoi pro».
Cos’hai in comune con Suleima il personaggio che interpreti in Màkari?
Ester Pantano: «Forse avere più possibilità di origine, di non appartenere necessariamente a qualcosa, di essere Siciliana ma di non essere schiava del meccanismo o del luogo comune siciliano. Di essere forte di sé e soprattutto del suo sentire, quel che veramente desidera senza scendere a compromessi che posso renderla felice ma solo per giustificare una felicità momentanea».
Suleima così come Jessica Matarazzo, ruolo che tornerai ad interpretare nella seconda stagione di Imma Tataranni…
Ester Pantano: «Sì abbiamo finito di girare la seconda stagione di Imma Tataranni e non ho ancora controllato i voli per New York! (ride). Non è vero li ho controllati e durante il lockdown costava meno volare a New York che in Sicilia… una follia».
Tornando ai tuoi personaggi, dicevo che Suleima e Jessica sono due donne forti. Pensi sia cambiato il modo in cui le donne sono rappresentate al cinema e in TV?
Ester Pantano: «Sì, assolutamente sì. C’è in atto una rivoluzione nel riconoscimento della donna, anche rispetto a quanto si è dovuto tacere in passato proprio riguardo a questo tema».

Ho letto che sei un estimatrice del lavoro di due registi cult come Michel Gondry e Xavier Dolan. Il loro immaginario è molto diverso dai ruoli che hai interpretato ad oggi che sono forse più terreni, reali. Gondry destruttura il cinema come fosse un sogno e Dolan gioca sull’emotività e sulla percezione che si ha di una determinata realtà. Che ruolo vorresti interpretare per loro?
Ester Pantano: «Allora per Xavier Dolan interpreterei la madre di É Solo la Fine del Mondo film tratto da una pièce teatrale. Una donna lotta contro la realtà che le è sfuggita di mano, la sua malinconia e il suo aggrapparsi a questo figlio senza realmente vederlo. Il suo idealizzare il figlio è per me romantico ma allo stesso tempo molto forte.
Io sono molto legata al lato femminile della mia famiglia, come mia mamma una volta ha scritto: “Sono il primo luogo che hai abitato e il primo che hai abbandonato”. Quello materno è un legame da cui non ci si riesce ad allontanare nemmeno desiderandolo. Quel corpo ti ha nutrito, l’allattamento per me è una cosa che va oltre, il corpo che genera nutrimento per un altro essere umano è la poesia più alta che si possa vivere.
Per quanto riguarda Gondry io sono una fan folle di Eternal Sunshine of the Spotless Mind perché va a toccare il tasto del ricordo, quindi un vissuto che tornerà a tormentarti. Quel dolore che non se ne va a meno che un’agenzia cancelli un essere umano dalla tua memoria. L’idea di raccontare i periodi e l’emotività di una persona tramite il colore dei suoi capelli, appellandoci a qualcosa che non è materico ma che Gondry riesce a rendere con una naturalezza incredibile, è qualcosa di geniale. Anzi è proprio il cambio repentino del colore di quei capelli a trascinarmi dentro a quell’universo di sogno dove, però, è tutto vero».
Oltre a recitare canti e balli, so che hai anche un progetto jazz. Ti piacerebbe interpretare un ruolo in un musical in cui puoi mostrare tutte le tue doti artistiche?
Ester Pantano: «Amo i musical, ho amato sia La La Land che Moulin Rouge che per me è un circo in continuo movimento, se fai un film del genere sei a posto per la vita. Sono storie raccontate in modo onirico e favolistico che però coincidono con la realtà».
Parlando di cinema, il tuo ultimo ruolo è stato quello di Caterina nel film Notti Magiche di Paolo Virzì, a quando un tuo ritorno sul grande schermo?
Ester Pantano: «Sto facendo dei provini ma non posso dire nulla e poi bisogna trovare il tempo di incastrare il tutto, non è così semplice».
Potendo partire ora dove andresti e perché?
Ester Pantano: «A Mogadiscio, in Somalia, perché è il luogo a cui appartengo per un quarto del mio patrimonio genetico. Mia nonna è somala e quindi ho voglia di visitare quei luoghi che ho sempre visto in foto, anche perché risalgono ad un tempo felice in cui non c’era ancora la guerra e non era ancora stato stravolto tutto.
Quindi so che non troverei la realtà che mi è stata raccontata, ma sento la necessità di andare a conoscere quei luoghi che mi appartengono per dare voce a una parte di me e alla donna che ho amato di più e che ha generato la donna che amo di più, mia mamma. Ho bisogno di riconnettermi con la mia parte femminile che proviene da lì».
C’è qualche aspetto della cultura somala che ti appartiene?
Ester Pantano: «Sì, il senso della comunità. Accogliere il prossimo e, se possibile, aiutarlo. I somali che si ritrovano dopo la diaspora nel mondo sono tutti fratelli. Le case in Somalia erano aperte, si accoglieva il prossimo e c’era sempre qualcosa per lui, che fosse un pasto, una chiacchiera o un te cardamomo e cannella col latte. Una delle cose che fa sempre parte della mia cucina».

L’accoglienza è anche una caratteristica dei siciliani, quindi Ester Pantano vale doppio: sei un concentrato di accoglienza!
Ester Pantano: «Sì, sono un centro accoglienza! (Scoppia a ridere)».
Visto che ti piace e sei brava cantare, qual è una canzone speciale per te:
Ester Pantano: «La Nenia che è la ninna nanna somala che mi cantava mia nonna ma anche mia mamma, quindi è la mia ninna nanna».