Non solo Italia-Germania 4 a 3. Il 1970 fu un anno duro per l’Italia, con particolari somiglianze con il 2020/2021. Un anno scosso dalla strage di Piazza Fontana, avvenuta il 12 dicembre 1969. Una classe politica e un governo in grosse difficoltà per il problema terrorismo e per quelli economici; per una vera e propria decomposizione dei partiti sotto la spinta centrifuga dei personalismi e delle clientele che si stavano creando nelle Province, che, di lì a qualche mese, sarebbero state Regioni.
I primi mesi dell’anno furono dominati da avvenimenti di carattere politico. Nel mese di febbraio, infatti, ci furono le dimissioni del governo Rumor, poi riconfermato. Nacque lo Statuto dei Lavoratori mentre, nel mese di giugno, arrivarono, per l’appunto, le prime elezioni regionali.
Nel 1970 si festeggiarono i cento anni di Roma capitale; trasformata per l’occasione, in teatro di numerosi eventi mondani e culturali. Mentre la televisione vedeva la nascita di Giochi senza frontiere e Rischiatutto. Quest’ultimo, programma che, insieme al suo conduttore Mike Bongiorno, entrerà nella storia della televisione non solo italiana.
L’edizione di Canzonissima del 1970 fu una delle più celebri. Presentata da Corrado e Raffaella Carrà, che lanciò il famoso Tuca Tuca, vide passare sul palco ospiti di grande rilievo come Gigi Proietti, al suo debutto, Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Renato Rachel e Alighiero Noschese.
In ambito musicale destò clamore lo scioglimento di The Beatles, che quell’anno iniziarono le proprie carriere soliste.
Fu comunque un anno ricco di novità. Videro la luce, infatti, album leggendari come Déjà vu del super gruppo Crosby, Stills, Nash & Young; In Rock dei Deep Purple; Trespass dei Genesis; Atom heart mother dei Pink Floyd e Abraxas di Santana.
In agosto si svolse l’edizione più celebre del festival sull’Isola di Wight. Protagonista assoluto fu ancora Jimi Hendrix che, qualche settimana dopo, venne trovato morto in un appartamento a Londra, in seguito a un’intossicazione da barbiturici.
Dopo i Beatles, quindi, terminò, in modo decisamente più tragico, la parabola di un vero e proprio genio, entrato per sempre nella leggenda del rock.
Correva l’anno 1970 quando un italiano su quattro finì a letto con l’influenza. 13 milioni di italiani erano stati colpiti, tra il 1968 e il 1969, da un virus influenzale sconosciuto, proveniente da Hong Kong e diffusosi negli Stati Uniti, che sterminò tra 750.000 e 2 milioni di persone.
Il virus ebbe una ripresa nel tardo 1969 e primo 1970, e ancora nel 1972. In Italia causò circa 20.000 morti tra il 1969 e il 1970. Poco più di cinquant’anni fa. Il che significa che molte persone che oggi stanno soffrendo per il virus Covid-19, a 20-30 anni, avevano già sperimentato sulla propria pelle o in famiglia quella che è passata alla storia come l’Influenza Spaziale, per il recente approdo americano sulla Luna. Un video dell’Istituto Luce sintetizza, con sobrietà, la cronaca del tempo.
Prima di agosto però, il calcio si affermò sempre più come lo sport preferito dagli Italiani. Fu l’anno dello storico scudetto del Cagliari del grande Gigi Riva.
L’avvenimento clou, però, furono senza alcun dubbio i Mondiali di calcio in Messico. In particolare, la semifinale Italia-Germania, vinta dagli azzurri per 4-3 ed entrata nella storia come: La partita del secolo.
L’Italia era campione d’Europa in carica ma questo, certo, non la rendeva favorita. La semplice presenza dei brasiliani ai campionati del Mondo di Mexico 1970 faceva apparire proibitivo il sogno iridato per chiunque.
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Gli stessi Campioni d’America in carica dell’Uruguay non potevano dormire sonni tranquilli. L’Inghilterra detentrice del titolo, discusso e casalingo, sapeva che sarebbe stato molto difficile riconfermarsi. Quell’edizione dei Mondiali di calcio, tuttavia, non è passata alla storia soltanto per la vittoria dello squadrone di Pelé, che rappresentava soltanto la punta di un iceberg composto da fuoriclasse assoluti e inarrivabili in ogni ruolo.
Mexico ’70, infatti, è entrato nella storia soprattutto per quella che gran parte della critica mondiale definisce come la partita più avvincente di tutti i tempi: Italia-Germania 4 a 3.
Era il 17 giugno di 50 anni fa. Allo Stadio Azteca di Città del Messico erano presenti oltre 102mila spettatori, sugli spalti; mentre altre centinaia di milioni di abitanti del pianeta erano collegati, per la prima volta, in Mondovisione. Italia-Germania si giocavano la possibilità di sfidare, in finale, il Brasile, che nel frattempo aveva sconfitto per 3-1 l’Uruguay nell’altro confronto di semifinale. La vincente di Italia-Germania avrebbe sfidato i Verdeoro il 21 giugno 1970, per l’ultima edizione dell’allora Coppa Rimet, che avrebbe lasciato, dopo 40 anni, il posto alla Coppa del Mondo FIFA.
A Mexico ’70 arrivarono alle semifinali tutte e tre le squadre che avevano già vinto due volte il trofeo: Brasile, Italia e Uruguay. Il regolamento FIFA prevedeva l’assegnazione definitiva della coppa alla nazionale che avesse vinto la rassegna per tre volte. La Celeste ormai era stata eliminata dalla Seleçao, così l’Italia restava l’unica compagine in grado di strappare definitivamente il trofeo al Brasile. Prima però avrebbe dovuto battere la Germania.

Italia-Germania cominciò alle 16, ore locali, di mercoledì 17 giugno 1970. Il caldo, raccontano le cronache, era torrido, ma nessuno si risparmiò. In Italia era tarda sera, ma nessuno capace di intendere e di volere si perdse lo spettacolo, che ancora oggi racconta emozionato.
Non ricordo cosa mi disse Albertosi dopo il 3 a 3 della Germania, non certo cose belle. Ero in trance agonistica, mi sentivo in colpa, volevo prendere il pallone, dribblare tutti e segnare. Alzai la testa e c’erano solo maglie bianche, così passai il pallone e corsi verso l’area. Boninsegna, grazie alla sua forza fisica impressionante, arrivò sul fondo, entrò in area e mise la palla in mezzo; calciai e fu il 4 a 3 che tutti ricordano. Rientrai negli spogliatoi convinto di aver segnato quel gol di sinistro, colpendo forte sotto l’incrocio e finché non mi fecero vedere le immagini rimasi convinto del mio ricordo, tanto da litigare con chiunque sostenesse che avevo segnato di destro, rasoterra, spiazzando il portiere. Il mio istinto aveva agito per me, fortunatamente.
Così Gianni Rivera raccontò il gol decisivo della partita del secolo durante la presentazione della sua autobiografia. Era la semifinale di Messico 1970, Mondiale che vide l’Italia sconfitta in finale dal Brasile di Pelé. O Rey che, durante l’altra semifinale, calciò fuori un pallone a porta vuota, contro l’Uruguay, rifacendosi con gli interessi durante l’ultimo atto contro gli Azzurri. La nazionale italiana, reduce dalla lunga e faticosa semifinale, fu, infatti, sconfitta dai sudamericani 4 a 1: Pelé, Boninsegna, Gérson, Jairzinho, Carlos Alberto.
In molti ricordano i Mondiali di Messico 1970 come i più belli della storia. Per Italia-Germania forse perché furono i primi a essere trasmessi in televisione, grazie al lancio del primo satellite geostazionario della storia.
Telstar fu il nome scelto per quell’innovativo veicolo spaziale e fu anche il nome che adidas attribuì al pallone che le avevano per la prima volta commissionato, proprio per quella competizione.

L’epoca moderna del pallone da calcio e, probabilmente, del calcio in generale, nacque proprio in quel momento. Serviva un pallone che risaltasse immediatamente all’occhio sgranato delle telecamere dell’epoca, che si notasse anche in bianco e nero, perché quello di cuoio si mimetizzava tra le varie sfumature del grigio televisivo.
Il Telstar fu il primo pallone di sempre con i 12 pentagoni neri su fondo bianco. Lo stesso pallone venne riproposto anche durante l’edizione seguente, in Germania e da quel momento il calcio fu sdoganato in televisione, che oggi domina e controlla i ritmi di tutte le competizioni.