Si spengono le luci, tacciono le voci e nel buio… Checo sceglie la violenza. Tutto l’astio di Perez viene liberato in una sola gara. Durante il Gp del Giappone, che consegna il titolo costruttori alla RedBull. Titolo a cui non ha molto contribuito e che per alcuni era già deciso ad Aprile.
Qualcuno assopito durante il Gp del Giappone avrà sentito «secondo ritiro» per RedBull. Chissà l’emozione e la seguente beffa.
Oppure, l’incredulità di Verstappen al cambio gomme nel vedere Checo ancora in macchina, come in punizione. Infine, eccolo rientrare giusto per scontare una penalità. Gare brutte ce ne sono tante ma pensare di salvarne una dalla lista solo per gli autoscontri e le sportellate non mi sembra la direzione giusta. DNF di: due Williams, una al via e una nuova di zecca che partiva dalla pit lane. Una RedBull (due volte), una Sauber, una Aston e una Haas. Io mi sono appisolato lo stesso, ma qualcuno pensi ai meccanici. Da dimenticare.
RedBull festeggia, invece, il coronamento di un campionato quasi perfetto, vinto praticamente con un solo pilota e una macchina che non ha avuto un problema in un anno e mezzo. Sono pure cambiate le regole e, come tanti temevano, non hanno influito sulle prestazioni. Singapore è stato un felice intermezzo per tutti gli altri, secondo Newey è stato solo un pasticcio di regolazioni. E persino in quel frangente, Max ci ha comunque messo una pezza.
Il dominio di un singolo team fa parte della F1, ma in questo Gp del Giappone possiamo almeno gioire del primo podio di Piastri che chiude una doppietta McLaren dietro al solito olandese.
Tra lui e Norris le capacità ci sono, ma per ora il distacco meccanico è ancora evidente. Magari verrà il momento in cui il problema sarà scrollarsi di dosso la paura di vincere, ma hanno avuto anche loro un paio di saliscendi quest’anno. Se anche dovessero finire il campionato come gli unici veri inseguitori, a parte la costanza mancata finora, bisognerà vedere cosa c’è da migliorare nella macchina per l’anno prossimo.
Stesso discorso per Mercedes e Ferrari, mai come quest’anno a braccetto tra lampi di genio e anonimato. Se si parla di saliscendi in Mclaren, per queste due è l’ottovolante. Sintetizziamo? non hanno capito la macchina che hanno costruito. Sono partite malissimo ma un podio qua e là lo hanno sempre strappato, Fernando Alonso permettendo. Perché il progresso delle Aston Martin si è fermato al palo e ci è rimasto, ma qualche mese fa il contendente era un altro ancora. Anche lì si sperava in un qualche exploit del principe delle Asturie, ma poi quello che ha finalmente cambiato la musica sul podio è stato l’altro ispanico. Quello che divide il tifo italiano, che alcuni danno già sulla via di Damasco (leggasi Ingolstadt).
Ferrari in più di un’occasione si è scoperta performante in piste dove non se lo aspettavano e poi sono arrivate Monza e Singapore.
Un cambio gomme in Mercedes sembrava cambiare completamente le prestazioni della vettura ma hanno sfiorato due doppiette sul podio. A me sembra una gran confusione. Cambieranno diversi membri del team l’anno prossimo, soprattutto a Maranello, ma per via della regola del cosiddetto Gardening il loro apporto si farà vedere più avanti.
I team che stanno seguendo le loro vetture saranno ancora in gran parte responsabili della performance l’anno prossimo. Magari potranno intervenire sullo sviluppo in corsa e avranno un ruolo decisivo nella macchina per il 2025. Ma il gap che devono colmare è pesante. Il vantaggio che ha accumulato RedBull sforando il budget cap, ha pagato in termini di sviluppo almeno per un altro anno ancora. Questa è sotto molti aspetti l’aggravante di una regola scritta male. Si è valutato un eventuale sforamento guardando al totale del budget, quando lo sviluppo della vettura riguarda solo una ben più ridotta fetta. Il famoso 5% contestato a Red Bull aveva un peso ben maggiore ma detto così è passato come quattro cappuccini e due brioches.
Nessuno vuole togliere meriti ad Adrian Newey perché l’uomo è leggenda, ma l’inevitabile dubbio resterà ad oscurare il merito di due anni di dominio e forse è solo l’inizio…
Articolo di Francesco Cazzaniga
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