Tra la riconferma del mare finto e la presentazione dei piloti in stile Avengers, a Miami trionfa solo il cringe. L’americano medio sugli spalti si gasa per sorpassi tra doppiati, mentre io penso ancora che sto guardando la F1 correre in un parcheggio.
Unica curiosità: sono arrivati tutti in fondo, niente safety car, nessuna rottura (se non di palle). A Miami, le qualifiche e le difficoltà a sorpassare ci hanno illuso di poter assistere a una gara più avvincente. Invece no.
Le illusioni sono arrivate tutte insieme sabato con il testacoda di Leclerc. Ha interrotto le qualifiche con una bandiera rossa a meno di due minuti dalla fine quando, sia lui che Verstappen, non avevano ancora sfoderato il loro tempo migliore. Viste le difficoltà a sorpassare avute l’anno scorso, ci siamo illusi che questo potesse ravvivare lo spettacolo della domenica.
Invece, per RedBull solo una piccola variante al copione ormai usurato. In 13 giri Verstappen ha annullato questo deficit, passandone anche due alla volta, Leclerc compreso. Partire così indietro è stato un vantaggio per lui. La Schmidt gli ha fatto montare le Hard alla partenza. Sono durate tantissimo e per tutti si sono rivelate le più performanti.
Quando poi la pista era ormai gommata da più di 40 giri ha cambiato con le Medium e ha avuto pochi problemi a passare il compagno, sulle Hard ormai consumate, per andare a prendersi la vittoria.
Nuovo fondo, vecchia Ferrari. Se a Baku c’è stato un sussulto che ha illuso sulle possibilità delle Rosse, Miami ha dimostrato che forse era più dovuto al circuito che non agli aggiornamenti.
L’inseguimento finale di Alonso su Leclerc in Azerbaijan è dimostrazione di quanto un piccolo margine faccia poi la differenza sulla lunghezza di una gara. A Miami portano un nuovo fondo che non sembra aver fatto nulla e i piloti non brillano, anzi. Sainz fa la sua gara, anonima. Poco può e poco fa quando Russell, Alonso e Verstappen lo passano: tutti in DRS, tutti nello stesso punto a fine rettilineo.
Leclerc, in confusione totale, va dritto nel muro nelle libere, testacoda in qualifica e in gara si fa fregare da Verstappen cercando di passare Hulkenberg e poi suda dietro a Magnussen. Gli ci vorranno tre tentativi per arrivare 7°. Stessa strofa del compagno quando arriva Hamilton. Non sono arrivati grossi errori strategici dal muretto ma, dopo un weekend così, poco importa.
Mercedes ringrazia e ribalta la brutta prova delle qualifiche; seppur rimangono i dubbi per l’inconsistenza cronica della vettura. Nemmeno Toto Wolff ci sta capendo qualcosa. Mercedes imbarazzanti in qualifica e domenica finiscono ognuno davanti a una Ferrari. Una magra consolazione per un’occasione persa. Sempre a punti ma, in ogni caso, troppo altalenanti per come ci hanno abituati. Russell come Sainz, che ha meno skill e più testa.
Per una ragione o per l’altra, le eterne rivali stanno scivolando inesorabilmente alle spalle di un’Aston Martin ormai a trazione Alonso.
Dietro le RedBull, c’è solo Nando. In 57 giri ha dovuto passare solo il connazionale su Ferrari e nemmeno faticando. Aston Martin non esiste, Stroll è relegato in fondo, l’avere una macchina competitiva non è sufficiente se sei scarso. Fernando corre da solo. É l’unico a mantenere un distacco comunque pesante da Perez ma, a propria volta, prendendosi minuti avanti alla plebe. Nemmeno Verstappen può permettersi di guardare la gara dai maxischermi e fare i complimenti al compagno. Nando è Nando, 41 anni di scioltezza.
Invece per la rubrica “redivivi”, a Miami abbiamo scoperto che le Haas esistono e abbiamo ritrovato le Alpine. Brevemente in qualifica, poi domenica, poco a poco eccole entrambe a punti, senza suicidi e motori in fiamme. I due francesi se la sono presa comoda, hanno fatto la loro gara. Haas decisamente più spettacolare tra il quarto posto in qualifica di Magnussen e la sua battaglia con Leclerc. Il compagno Hulkenberg non va così bene ma, perlomeno, rincorre il trenino che se la gioca per il punticino del decimo posto. Dopo di lui c’è il vero fango, da cui gente come Tsunoda e Albon sembrano esserne sfuggiti a dispetto della macchina. McLaren invece, ci si è ributtata dentro, di testa. Se non avessero invitato Vin Diesel e il cast di Fast&Furious al box, non mi sarei ricordato neanche che fossero a Miami.
Il quadro più ampio non fa sconti nemmeno agli altri. Che la meccanica RedBull sia un passo avanti è accettabile, ma sembrano pesare più le deficienze della concorrenza nel noioso bilancio di questo mondiale. Team come Mercedes in balia della corrente. Ferrari: promesse di aggiornamenti e poi risultati figli del caso. Aston Martin dovrebbe essere il parvenu del circus e sono gli unici consistenti. McLaren a Baku ha visto la luce, ma erano i fari di una macchina.
Articolo di Francesco Cazzaniga