Se Verstappen non avesse avuto quel problema meccanico avrebbe vinto anche a Jeddah. Partendo dalla P15. Non so cos’abbia Perez con i circuiti cittadini ma eccolo lì davanti, che fa sudare la rimonta al compagno e poi la porta a casa. Ottima guida.
Lasciando perdere il guasto – se così possiamo definirlo, perché nemmeno in questo caso Max si è dovuta fermare – cosa vuoi dire alla RedBull? Vola di suo senza mangiare le gomme e se apre il DRS… Penso si possa considerare la miglior F1 dalla McLaren MP4/4 di Gordon Murray. 15 vittorie su 16 GP.
Fernando ci ha regalato l’unica gioia, seppur sofferta, a Jeddah.
Alonso di nuovo in prima fila alle qualifiche e poi in testa alla prima curva. C’è chi ha esultato e chi mente. Nessuna illusione ma almeno stava andando tutto bene e avevamo qualcosa da guardare.
Invece, ecco il giudice di gara con l’ennesimo asso nella manica, infliggendo a Nando una penalità da 5 secondi per essere partito in posizione errata. Non più avanti, nota bene. Leggermente a sinistra della riga. Lasciamo perdere…
Per una volta Stroll arriva in suo aiuto, anche se involontario, e lo cava fuori dai guai rimanendo a piedi con la sua Aston Martin. Bandiera gialla e poi safety car. Anche se Stroll l’aveva già parcheggiata fuori dal tracciato. C’era un angolo dell’alettone posteriore che, con una certa inquadratura, sembrava essere ancora dentro la pista per un 3mm buoni quindi, giustamente, la bandiera gialla non era sufficiente. La sicurezza innanzitutto.
Fernando sconta la sua penalità e via. Fine? No, assolutamente. 50 giri dopo, a gara finita, i giudici di gara deliberano che il cavalletto aveva toccato la macchina durante lo stop e quindi altri 10 sec di penalità ad Alonso. Podio perso, ci sale Russell. Due ore più tardi cambiano idea. Alonso torna sul podio a Jeddah. Numero 100 in carriera. Che fatica.
Quanto mi mancavano le pagliacciate dei giudici di gara che vanno in modalità full nazi per boiate del genere.
Poi assegnano punti per un mondiale dopo tre giri in mezzo al diluvio o fanno entrare trattori da 20 tonnellate in pista mentre le auto ancora girano a visibilità zero. Anche se andrebbe chiesto “quanto c…. è difficile non toccare una macchina per 5 secondi?” Provate a casa e poi fateci sapere.
Le aspettative erano poche ma cribbio…
Mentre si dipanava tutto questo, o il poco e niente di esso, uno si sarebbe potuto chiedere cosa stessero facendo le Ferrari, le Mercedes o le Alpine, tutte in agguato dietro a quelli che corrono per davvero.
Erano presenti fisicamente ma non in gara. Ci sono chiaramente due categorie in pista, ad oggi, e c’è poco da fare.
Le Rosse son riuscite giusto a far fare bella figura alle Mercedes. L’unico sobbalzo emotivo è stata la differenza gomme tra Russell ed Hamilton. Alpine è chiaramente lì attaccata, Ocon è un pericolo costante, ma non sembra voler andare oltre, anzi, riesce a farsi intimorire da quelli dietro. Gasly è ancora in fase caricamento.
Il resto della marmaglia non ha fatto granché, ma devo dire che tra Piastri e Sargeant ho visto belle cose a Jeddah.
Purtroppo sono gambizzati entrambi dai tagliaerba che guidano. Anche Yuki ha corso bene ma ha mancato i punti. Magari quest’anno riesce a tenersi il sedile.
Ferrari se possibile, invece, regredisce. Avevano persino impostato una strategia giusta ma la safety car ha neutralizzato tutto. Nel finale, ancora una volta, discussione tra muretto e Sainz, dove per l’ennesima volta aveva ragione lo spagnolo.
Ora io mi chiedo: Sainz non sarà magari il top driver della griglia ma una certa esperienza ce l’ha. Ma è possibile in così tante occasioni, compresa la sua vittoria a Silverstone, ne sappia di più della gente che sta ai box?
Nel mentre, il motore tanto pubblicizzato è ancora a mezzo servizio per paura che si rompa. Io lo sbatterei al 100% e se si rompe amen, forse acceleriamo questo strazio.
Se volessimo trovare una nota positiva, ci sarebbe un team radio di Leclerc dove finalmente s’incazza con il suo ingegnere per una comunicazione in ritardo.
Non sembra aver imparato granché dall’anno scorso e non mi pare il caso di addossare a Charles anche il training dei suoi collaboratori.
Articolo di Francesco Cazzaniga