Il Natale è la festa annuale che commemora la nascita di Gesù e fin qui…
Il 25 dicembre è il giorno della sua celebrazione religiosa e culturale da miliardi di anni e fin qui…
Nel Basket, con la B in maiuscolo, la figura religiosa di Gesù ha due volti con un diverso colore di pelle.
Esiste un White Jesus e un Black Jesus.
I due soprannomi trovano dimora nell’anima e nel corpo di Bill Rieser e Earl Monroe.
Sul secondo servirebbe un libro a parte e una enciclopedia dov’è racchiusa la scienze e l’arte del suo modo di giocare.
Nel primo invece c’è quel qualcosa d’irripetibile che non si è mai raccontato. Mi ha sempre affascinato la sua storia, l’ho voluta approfondire girando per le strade di New York proprio il 24 dicembre del 2017. Tra le luci e gli addobbi di rito di questo periodo dell’anno in una caffetteria iniziò la mia giornata.
«Do you want something else?»
«No thanks, I’m ok».
«You’re here to play basketball on December 24th? bullshit! [ahah]»
«Yes man! And do you know bout basketball courts in this area?»
«Ya gotta go to Jefferson Park, there is were The White Jesus was born».
Quel giorno venni deriso come non mai, e pensare che volevo solo festeggiare il Natale alla mia maniera.
Tra l’East Harlem e la parte alta di Manhattan c’è un piccolo quartiere italiano dove sorge un eccellente ristorante con il nome di “RAO’S”. La sua caratteristica principale è la sua facciata dipinta di rosso, impossibile da non notare.
La zona è chiamata “Second Little Italy”, e questa fetta di terreno newyorkese negli anni 60-70 era dominata dalla mafia. Proprio in questo contesto nasce: Bill Rieser.
Un giorno da ragazzo mentre cercava di tornare a casa venne fermato proprio dietro l’angolo del ristorante da “Johnny”, noto serial killer della zona. Sotto minaccia lo obbliga per duecento dollari ad entrare in un appartamento e prendere delle partite di droga da parte sua.
Bill a casa non ci andò quasi mai, cominciò a drogarsi continuando a fare il “drug dealer”. L’episodio che lo scagionò da tutto questo fu quando si ritrovò una pistola puntata alla testa durante uno scambio iniziato male.
All’epoca frequentava una scuola dove lo prendevano parecchio in giro e durante una lite, dopo averne stesi più di un paio, lo fecero inginocchiare, gli aprirono la bocca e gli bucarono ripetutamente la lingua con una bottiglia rotta.
Dopo quest’episodio Bill cambiò scuola e finì alla Benjamin Franklin High School dove lui e Matty Cappuccilli rappresentavano solo due dei quattro studenti bianchi presenti in tutto l’istituto su 2.500 alunni.
Nel 1976 ad Harlem girava voce che questo quindicenne riuscisse a reggere il colpo contro le leggende di Rucker Park, tra cui un certo Earl “The Goat” Manigault, uno dei più grandi giocatori della storia del gioco. Il suo nome a NYC lo pronunciano Earl Mani-Goat, dove GOAT sta per Greatest Of All Time.
All’epoca Billy era alto un metro 92 cm ma saltava 111,76 cm e andava su per schiacciare con una tale cattiveria, che il suono dell’affondata rimbombava per tutto il quartiere senza l’uso dei megafoni.

Il problema è che era bianco e giocava sull’asfalto dominato dai neri, e a Joe “The Destroyer” Hammond, altra leggenda del gioco, pare non andasse molto a genio.
Per giocare certe partite su questi playground devi guadagnarti il rispetto con un “REP”, ossia una giocata esuberante o degna di nota che rappresenti il tuo talento: può essere una schiacciata o una stoppata al tabellone o anche un crossover che siede a terra il difensore. La “REP” per Billy arriva quando schiaccia per due volte consecutive mentre proprio Joe cerca di stopparlo. Schiaccia così forte che le sue mani ed il suo polso destro sanguinano per qualche minuto.
Subire una schiacciata in testa era già terribilmente imbarazzante se poi aggiungete il fattore “pelle bianca”, l’imbarazzo è elevato al cubo. Fu allora che tutti lo cominciarono a chiamare “WHITE JESUS” perché sulle mani aveva quelle sorti di cicatrici lasciate dall’impatto col canestro, come una sorta di “stigmate”.
Al La Guardia House spesso dopo una schiacciata di Rieser, il pubblico di colore era così arrabbiato che gli gettavano contro le sedie di metallo.
Nel 1978 aveva umiliato il grande Sidney Green suo rivale alla PSAL e aveva schiacciato in reverse in testa all’ex New York Knicks, Dick Barnett, dopo avergli rifilato un “pinning” memorabile, ossia una stoppata con inchiodata al tabellone.
Sembrava tutto perfetto… Contro la Morris High School del Bronx realizzò 36 punti sotto gli occhi di tutta la nazione, senza errori su azione e dalla lunetta. Lo volevano tutti e tutti volevano offrirgli una borsa di studio per il college.
Ma un petroliere gli regala una cutlass nuova fiammante e gli mette ogni volta centinaia di dollari sotto lo zerbino della porta per ogni schiacciata eseguita con la maglia del Centenary College.
Durante una partita gli salta il ginocchio, si opera ma perde molta fiducia e dopo due anni fallimentari alla Eastern Kentucky col numero 22, smette di giocare e torna a casa. Non divenne mai un professionista, il sogno della NBA non si concretizzò mai. Le voci sul ginocchio però sono altre: si narra di una caduta dalle scale dopo una serata a bere birra fino al limite di sopportazione umana.

In questo periodo la sua vita diventa un disastro, ritorna il fantasma della droga con l’alcool e la moglie lo pianta su due piedi portandosi con sé la figlia.
Quando tutto cade e niente è più come sembra l’umore gioca brutti scherzi ma la Bibbia… già la Bibbia! Lo salva dopo averla letta per giorni in una squallida stanza d’hotel. Qui trova la forza per farsi perdonare dalla moglie e per diventare un ministro di Dio.
Il ragazzo soprannominato il “Gesù dalla pelle bianca” su di un campo da basket viene salvato proprio dalla parola di Dio.
Buon Natale a tutti.
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