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Tequila: non è colpa del verme, siete solo sbronzi

«Scoliamoci subito un bicchiere di quella robaccia col verme, muchachos». Chi non si è sbronzato almeno una volta nella vita con il tequila deve provvedere entro la fine dell’articolo. Non credete alle dicerie. Se c’è un verme sul fondo della vostra bottiglia di tequila, infatti, ci sono due possibilità: o state bevendo una porcheria; oppure lo scaffale degli alcolici è infestato da qualche insetto che vi ha anticipato.

A volte capita di trovare un verme o, più correttamente, un bruchino sbronzo, ma dentro le bottiglie di mezcal. Un liquore ricavato da una pianta parente dell’agave blu, da cui si distilla tequila.

Il mezcal, però, non contiene mescalina, come spesso si sente dire. Non c’è alcuna relazione tra i due termini. Mangiando il verme, o gusano, potrete sbalordire i vostri amici grazie a una sbronza epica e soddisfare in minima parte il vostro fabbisogno giornaliero di proteine. Purtroppo, non vi sentirete in paradiso, né sessualmente irresistibili come vuole la leggenda. Se, dopo aver ingoiato la larva, avrete allucinazioni o vi sentirete particolarmente affascinanti, è solo perché siete sbronzi. Esattamente come il povero vermicello: per anni e anni in ammollo in un alcol ad altissima gradazione.

C’è della mescalina nel peyote, derivato da un cactus che cresce, spesso, accanto all’agave blu.

L’agave blu, tra l’altro, non è neppure un cactus, perché dai cactus i messicani non ricavano alcun tipo di alcol. L’agave, infatti, è parente del giglio e dell’amarillide. Somiglia a una pianta di aloe, grande come un uomo ben piantato, con un’ananas gigantesco nel mezzo. Esistono oltre 130 varietà di agave. Per la produzione di tequila, però, se ne può usare solo una. Cresce nello stato messicano di Jalisco e in poche altre zone limitrofe alla sua capitale, Guadalajara.


PUEBLO MÁGICO, TEQUILA, JALISCO


Quando gli spagnoli insegnarono agli aztechi a distillare l’agave, questi ne ricavarono sostanze alcoliche già migliaia di anni fa. Eppure, ancora oggi, è difficile immaginare come sia complicato produrre tequila.

Innanzitutto, è necessario raccogliere il cuore della pianta, o piña, che porta il nome del frutto cui somiglia. Fin qui, nulla di strano. Se non fosse che tale ananas pesa solitamente più di un jimador (il poveretto che deve raccoglierla, N.d.R.) ed è circondata da centinaia di foglie carnose, ricoperte di spine. Dopo la raccolta, tali piñas vengono passate in forni a vapore o in pentole a pressione di larghe proporzioni. Questo, finché tutto l’amido non sia stato convertito in zucchero. Vengono, quindi, schiacciate, frantumate e sbriciolate per estrarne il succo. Questi bulbi giganteschi sono così duri e fibrosi che, spesso, le distillerie vendono gli scarti della polpa alle imprese di costruzione, che li usano per fabbricare mattoni.

Ciascuna distilleria ricorre ai propri metodi e tempi per trattare le piñas. Sono queste differenze che, in parte, spiegano i diversi sapori che può avere.

Il succo zuccherato filtrato dalla poltiglia risultante ha il nome poetico di aguamiel (acqua di miele, N.d.R.). Dopo l’estrazione, questo viene miscelato con l’acqua, lasciato fermentare e distillato due volte.

Il tequila blanco viene filtrato e imbottigliato subito.

Le bottiglie etichettate joven (giovane) oppure oro contengono semplicemente tequila bianca colorata con caramello o altri additivi. Invecchiando in botti di legno, la tequila diventa più scura e il suo sapore più intenso.

Il tequila reposado viene affinato in botti di legno per un periodo che varia da un minimo di due mesi a un anno. Il tequila añejo per un minimo di 12 mesi e oltre.

La città messicana di Tequila, fondata nel XVI secolo da un conquistador spagnolo, ha dato i natali a questa acquavite. La produzione, la coltivazione dell’agave, la vendita e la commercializzazione, ancora oggi, vede impegnati quasi tutti gli abitanti della città messicana.

L’origine del termine tequila, tuttavia, è ancora incerto. Nella lingua degli indigeni nahuatl, significa, in base a chi ti rivolgi:

Il posto dove si coltivano le piante. Il luogo delle erbe selvatiche. Il posto delle illusioni. La roccia che taglia… forse per gli spuntoni di ossidiana che costellano le colline intorno alla città.

Una cosa è certa: quando inizierete a bere tequila, di tutto quello che abbiamo scritto, non ricorderete nulla.