design

Design: perché il Made in Italy costa così tanto?

Il Design è una risorsa consolidata per l’Italia. É una medaglia esibita nel mondo che, ad oggi, rimane appuntata sul nostro petto. Il Design italiano, però, non è roba di adesso sebbene si possa avere questa impressione visto il parossismo, soprattutto qui all’ombra della Madonnina durante gli ultimi lustri, intorno al Salone del Mobile. Ormai ci sono più designer che cuochi o tatuatori qua a Milano. 

Al contrario del Fashion, il Design ha una tradizione solida e stolida. Si è originata quando lo sviluppo della produzione industriale di qualsiasi cosa ha superato il concetto di produzione artigianale finalizzata al bisogno immediato e locale (alla Mastro Ciliegia per intendersi, N.d.R.) .

design

Il Design, in origine, è un prodotto industriale nazionale che entra nelle case, senza distinzione di classe e di censo, nella forma di: una caffettiera Bialetti; una biscottiera UFO in plastica arancione di Massoni, ecc. ecc. Oggetti che svolgono la propria funzione al meglio e decorano l’ambiente.

I mobili sono, però, il punto debole, il nervo scoperto. Esiste una satolla industria del mobile che va in tandem con il design e che arricchisce e crea centurie di cumenda tra Brianza e Cantù.

L’industria dei mobilifici italiani, invece, la distinzione di classe e censo la fa eccome. Così, questa tipologia di design rimane fuori dalle case degli italiani non abbienti che continuano ad abitare in case con mobilia da Mastro Geppetto, ma realizzati con pessimi materiali e orribili forme in scala industriale.

Bisognerà aspettare l’arrivo della svedese IKEA perché dei mobili decenti per qualità e appeal siano disponibili a tutti gli italiani a un prezzo decente.

Sulla scia dell’Ikea si fa strada Flying Tiger, sempre scandinava e vicina alla Svezia in quanto danese, per completare quello che manca in una casa. Anche in questo caso abbiamo a che fare con oggetti di un certo appeal a prezzi più che decenti.

Gli svedesi, gli scandinavi in generale, non sono da meno degli italiani in quanto a tradizione di design; anche per loro è una risorsa e una medaglia appuntata al petto esibita nel mondo. Proprio come nel nostro caso, un certo design scandinavo non è proprio alla portata di tutti gli scandinavi, ma hanno creato alternative che lo siano. In Italia non è così.

A proposito di realtà come Ikea e Flying Tiger si è detto che: non è vero design; è design plagiato/copiato; è fast design non lontano dal fast fashion di H&M… che per altro è una catena svedese.

Tuttavia, queste realtà, scandinave, sfornano di continuo nuovi designer e fanno collaborazioni con designer hype che sfornano nuovi prodotti che entrano in milioni di case; in parallelo al design cool ed anche in case di chi ha accesso al design luxury.

Cos’è andato storto nel design italiano per cui i prodotti sono diventati inaccessibili agli italiani? Se non acquistando derrate alimentari da sfamare il Bangladesh all’Esselunga per incamerare bilioni di punti fragola in aggiunta a euro fruscianti. Inoltre, per oggetti sempre più stilizzati e senza appeal? 

Il design scandinavo ha saputo essere più democratico o più eclettico per penetrare così globalmente? Perché un italiano, in un’Italia dove gli stipendi sono fermi da 30 anni e il lavoro a tempo determinato è utopia, dovrebbe pagare una agenda italiana con chiusura ad elastico come una graphic novel quando la trova al giusto prezzo nei negozi scandinavi?  

Ci ha risposto Paolo Marasi che con Tommaso Livio forma il combo di designer Po/Bo (PREMI QUI) (Poor Boys era la scritta stampata sulle razioni alimentari distribuite durante la Grande Depressione, N.d.R.):

«Il design italiano è sempre stato costoso. La differenza è che, nel tempo, il potere d’acquisto è calato, i costi di produzione aumentati e gli stipendi sono rimasti invariati.

Negli anni ’80, in media, ci si poteva permettere una buona parte dei prodotti made and designed in Italy, oggi no. I prodotti odierni sono esclusivamente per chi è estremamente appassionato e canalizza le sue spese in questo settore o per chi ha a disposizione molto denaro.

La maggior parte della popolazione, a mio parere, viene posta davanti alla scelta sostanzialmente sbagliata, tra: un prodotto non made in Italy, economico (tipo Ikea), che svolge la propria funzione, esteticamente neutro; un prodotto made in Italy costosissimo, di ottima qualità, ma anch’esso con poca personalità, omologato.

La scelta è subito fatta, neutro per neutro si sceglie il meno costoso. Se un oggetto non ti fa battere il cuore la scelta avverrà sempre con il portafoglio.

Il design italiano deve adattarsi a troppe cose per poter essere efficace e presente nella scena, come costi e velocità di realizzazione, che implicano stilizzazione e impersonalità

Il design scandinavo è riuscito ad essere democratico mentre il design italiano è rimasto sul piedistallo. Mai si è messo in discussione e mai si è adattato alle nuove esigenze della nostra società, trasformandosi in una nicchia.

Abbiamo fatto la storia quando alcune figure hanno messo in discussione i valori del passato e le dinamiche di utilizzo degli oggetti. Oggi, queste figure vengono venerate come degli dei e pochi designer/aziende cercano o sono incentivati a fare quello che hanno fatto le icone del passato che ogni tanto vengono tolte dal frigorifero e messe in bella mostra.

Ciò detto, un italiano dovrebbe pagare un’agenda italiana come una graphic novel forse e soltanto per la qualità, la longevità e le garanzie di sostenibilità ambientale, che sono valori che vanno di pari passo con il design italiano. Purtroppo, ad oggi, queste caratteristiche non sono abbastanza, non sono percepite come necessarie, e si possono ritrovare a volte anche in prodotti esteri. La soluzione per quanto mi riguarda è conoscere i vincoli della progettazione, sapere dove si può o dove non si può agire per creare dei prodotti non comuni che si distaccano anche di poco da quelli di ieri.

Bisogna creare cultura della sostenibilità con oggetti pensati per non consumare materiali ed energie; bisogna smettere di voler essere Michelangelo o di progettare oggetti con forme ipercomplesse e iperinutili; è necessario concentrarsi sui piccoli dettagli, sulle emozioni e sulle vibes che un oggetto ci restituisce.