Sixto Rodriguez ha un soprannome: Sugar Man.
Questo nickname è stato cucito addosso a numerosi artisti o atleti che hanno cambiato la cultura mondiale in qualche modo. Così su due piedi, essendo appassionato di basket, mi viene in mente Micheal Ray Richardson. Stella dei New York Knicks tra la fine dei 70 e i gli 80, con un talento indescrivibile. Pensate che i newyorkesi ripetevano due volte il soprannome ad ogni suo canestro: Sugar- Sugar!
Peccato che a volte il destino, anche al più talentoso mai apparso su di un campo da basket nella grande mela, riserva brutte sorprese. Molti ancora oggi si chiedono che fine abbia fatto Sugar, Sugar Ray… ma questa è un’altra storia. Oggi però non ci allontaniamo molto dalla città che non dorme mai. Andiamo a Detroit da Sixto Rodriguez, l’unico Sugar Man indiscusso della storia della musica.
Spoiler per i non credenti: la sua storia, filmata in un documentario girato da Malik Bendjelloul, ha vinto anche l’Oscar nel 2013.
La storia di Sixto Rodriguez ha inizio nel 1968, all’epoca era un cantautore folk alle prime armi cresciuto nei sobborghi di Detroit.
Nella metropoli c’erano le più importanti produzioni di jazz, blues e rhytm & blues d’america. Clarence Avant, produttore della della Motown Records e già manager di Miles Davis, scopri Sixto in un locale mal frequentato ma molto in voga in quei anni per la musica.
Lo notò perché durate l’esibizione suonò tutto il tempo con la chitarra in mano e dando le spalle al pubblico. Nel 1970 fu pubblicato Cold Fact, seguito l’anno dopo da Coming From Reality. I due album ebbero un successo progressivo e inaspettato. Vennero elogiati dalla critica che definì Sixto un poeta migliore di Bob Dylan, ma a livello commerciale furono un flop totale.

Nel frattempo il primo disco di Rodriguez raggiunse l’altra parte dell’Atlantico grazie ad una giovane statunitense fidanzata con un sudafricano. I brani del menestrello di Detroit, grondanti di impegno civile, fecero subito breccia nei cuori degli abitanti soffocati dall’apartheid.
Cold Fact però non c’era nei negozi di dischi perché il Sud Africa era sotto embargo. Riuscì comunque a diffondersi in tutto il Paese solo grazie alle musicassette copiate. Durante questi eventi, su Sixto Rodriguez non si aveva alcuna notizia, circolavano numerose leggende sul suo conto, compresa quella che fosse morto. Il governo dello Stato africano cercò in tutti i modi di limitare il fenomeno Rodriguez, perché oltre a conquistare cuori stava ispirando una nuova generazione di pensiero. Canzoni come I Wonder, fecero scalpore. La strofa I wonder bow many times you had sex, oggi innocua, nel Sud Africa conservatore dell’epoce era un atto rivoluzionario.
La censura sudafricana arrivò persino a graffiare con dei chiodi la superficie dei bootleg dei vinili per cancellare i pezzi incriminati.
Dopo tre lunghi decenni alcuni fan scoprirono che Rodriguez era vivo e vegeto, e decisero di provare a mettersi in contattato con il loro idolo. Tornato da lavoro Sixto rispose a forse la chiamata più emozionante della sua vita, perché la vita gli cambiò sul serio. Da un giorno all’altro ha scoperto di essere una rockstar, più famosa dei Beatles in un Paese dall’altra parte del mondo. A 56 anni si è ritrovato ad esibirsi nel Palazzo dello Sport di Città del Capo.
La prima data contò più di 20.000 spettatori, ne seguirono 6 di sold-out nel resto del paese. Il destino a volte gioca brutti scherzi, anzi ne fa di peggio. Però la passione ripaga sempre e prima o poi qualcosa accade. Alla fine non vi ho spiegato perché il nickname di Sugar Man.. semplice! È il primo brano del disco Cold Fact che da sempre ipnotizzato chiunque ascoltasse. Sono anche le prime parole che intonano le corde vocali di Rodriguez.
Stream Doc
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