Un ragazzo di 18 anni ha fatto un cross e sono tre giorni che su quotidiani e televisioni ne parlano come se fosse Maradona. Poi ci stupiamo che la Nazionale italiana non giochi i Mondiali dal 2006.
HIGHLIGHTS ITALIA VS GERMANIA
Questo è avvenuto dopo che la Nazionale di Roberto Mancini ha pareggiato 1 a 1 contro la Germania, grazie a un’azione sulla fascia del nuovo simbolo del neonato ciclo azzurro.
Due sgroppate sulla destra – in una partita che se la Germania avesse giocato come gli unici 3 minuti in cui ha giocato davvero sarebbe finita come contro l’Argentina – sono bastati per gridare al fenomeno. Improvvisamente Wilfired Gnonto è diventato la pietra su cui rifondare l’ennesimo progetto ammiccante della FIGC. Che a sentir Gravina ci sarebbe anche da ringraziarli per quanto lavorano. Ché se non siamo andati al Mondiale la colpa è di un gol. Come se i gol nel calcio fossero un optional. Quindi: da Gnonto alle prime pagine.
Roberto Mancini, seppur lo reputi un ottimo allenatore e spesso ne abbia tessuto le lodi, è indubbiamente un gran piacione. Quello che a Versailles definivano le paraculò. Calcisticamente parlando, s’intenda.
Roberto Mancini è un grande intenditore di calcio e di calciatori, l’ho sempre pensato, l’ho detto in radio sin dai tempi di Radio Milan Inter e scritto spesso. Non temo smentite a riguardo. É vero, quindi, che, abbandonato in mezzo al mare con una zattera seppur ben accessoriata visto il cachet, ha dovuto fare di necessità virtù. Lo ha fatto raschiando il fondo del barile.
Mancini ha convocato in Nazionale tutti quei ragazzi che gli sembrano avere anche una sola qualità buona a qualcosa. Indipendentemente dall’esperienza: richiesta solo voglia di lavorare.
Scarseggia anche quella, a quanto pare. Chiedere a Lazzari e Zaccagni. Così ha creato una perfetta nazionale d’ignoti. Non scarsi, attenzione, semplicemente ha chiamato ragazzi che la maggior parte degli italiani non sapeva neanche chi fossero, dando alla stampa ciò che vuole la stampa: carne da macello.
Ecco che entra in scena William Gnonto, improvvisamente un Super eroe. Un ragazzo con indiscutibili qualità fisiche e, soprattutto, morali, vista la serietà mostrata in dirittura di Maturità Classica. Una rarità, se pensiamo ad alcuni numeri uno Campioni del Mondo ed Europa. Chiedere a Buffon e Donnarumma.
Quindi Gnonto ha già ben due caratteristiche che scarseggiano in Nazionale: serietà e abnegazione. Gli auguro una brillante carriera e di diventare davvero il simbolo della rinascita dell’Italia del calcio.
Ogni vittima, però, ha il proprio carnefice, in questo caso la stampa. La stessa stampa che ha trasformato in prime pagine parecchi ragazzi che volevano solo crescere, usandoli poi per accendere il caminetto. Non ultimo Lorenzo Lucca che, a gennaio, avrebbe dovuto sostituire Ibra al Milan e Immobile in Nazionale al Mondiale. Dopo 6 gol in 5 giornate. Rimasti tali dopo 30 gare complessive. Idem Gnonto: 33 partite, 8 gol e 3 assist nello Zurigo campione di Svizzera. Giocando 3 volte 90 minuti circa. 10 gol e 5 assist se si contano anche i 3 match di coppa nazionale, giocate quasi per intero. Ora lo vogliono tutti, speriamo non faccia la fine di quelli che emergono quando si pesca nel gruppo il primo che si mette in mostra. Se il ragazzo che si distingue non regge la pressione, la stampa lo cancella, ed è finita. Zaniolo, ad esempio, regge da due anni grazie ai gossip, diciamoci la verità.

Del resto, se abbiamo una classe politica/dirigente composta da soggetti torbidi e facilmente ricattabili, incollati alle poltrone da decenni, è perché nessuno fa loro domande scomode, inchieste serie o, più semplicemente, fa rispettare le leggi.
Così, Roberto Mancini, che dopo il 3 a 0 subito dall’Argentina era dato sulla panchina del PSG, con un solo cross si è ripreso il timone e la ciurma. Applausi.
Il mio ragionamento, sia chiaro, non ha nulla contro la linea verde, in assenza di altro. Deriva da quanto scrivevo qualche settimana fa. Nulla in contrario, ripeto, in una Nazionale d’ignoti ma cazzuta, ci mancherebbe. Come diceva Maurizio Mosca, in questo caso ce l’ho con: quello che ha detto Mancini una settimana fa, a margine dello stage. A proposito dei giovani bravissimi che non capisce perché non giochino in Serie A. Ricordate? Qualche giorno dopo il discorso di Gravina (LEGGI QUI).
Una frase del genere è quello che a Versailles definiva Le Paraculò. Da quel giorno Roberto Mancini, già dato per traditore a Parigi, è diventato il guascone D’Artagnan. Se va male: sono giovani e stanno ricostruendo. Se va bene: Mancini è il genio che ha lanciato Gnonto; che nel frattempo ha centuplicato il proprio valore per la gioia del procuratore. Solo per la rima, ci mancherebbe.
Un maeccanismo infallibile che sta facendo fallire il sistema calcio italiano. Creando illusioni.
Non sto dicendo che sia un’associazione a delinquere. Dico che, ogni attore, per salvare il proprio orticello, utilizza il linguaggio della Supercazzola, anche De Rossi nel post Argentina, ad esempio, e nessuno dice la verità. Quando ci prova Ancelotti dicono che sia una battuta. Carletto sarà anche un fine umorista, ma dire: «Bisogna prima vedere se al Mondiale 2026 ci andrà l’Italia». Non mi sembra un’ipotesi remota, bensì una solida realtà.
Perché il calcio italiano non lo rattoppi in due o tre anni convocando tutti i convocabili e i miracoli non sempre avvengono, seppur Mancini abbia la qualità migliore dei generali Napoleonici: il fattore C. Non quello di Ancelotti, che sono i Campioni, bensì la Capacità di saper scegliere gli uomini giusti e di farli rendere. Non è un caso che Balotelli gli abbia regalato una Premier League in condivisione con un gol di Aguero a speranze quasi scadute.
Questa volta si è rimesso in piedi grazie al Milite Gnonto di una Nazionale che riparte mentre la nave affonda e la stampa continua a suonare.
Sì, perché viviamo in un calcio che oggi non conosce più Zico, come ha detto in diretta FaceBook a noi di C’era una volta O Rei (PREMI QUI):
Oggi non giocherei perché il mio ruolo non esiste più.
Zico è Il Calcio ed è per questo che oggi non lo ricorda più nessuno che non lo abbia visto o sfiorato. Ci hanno convinto che il calcio sia un altro sport, come ha detto Redondo:
Zico, uno dei tre più grandi della storia del calcio. Oggi non giocherebbe, secondo lui. Quanta gente mi ha chiesto chi sia Zico, dopo che ho avuto il piacere di incontrarlo vicino a Udine, a una cena in suo onore, settimana scorsa.
Non guardo il calcio da anni. Sembrano Super atleti pronti a sfidarsi a colpi di tattica.
Conta più l’allenatore del singolo giocatore. Conta più la comunicazione di una giocata sul campo.
Chi conosce il calcio parla di calciatori, chi non lo conosce parla di tattica. Gli schemi sono numeri, sistemi. Nel calcio, come nella vita, l’uno vale uno, purtroppo, non funziona. Oggi tutti parlano di Sacchi, Guardiola, Sarri, Klopp, Nagelsmann; i pochi talenti puri a 20 anni sono gestiti come delle multinazionali e nessuno conosce più Zico. Perché nessuno parla più di calciatori, non conoscendo il calcio.