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Gotcha: è la storia del brand più figo di tutti, capito?

C’è stato un tempo in cui un brand è stato davvero il migliore di tutti. Stiamo parlando di Gotcha (premi qui). La vita di Gotcha è stata breve come l’arrivo di uno tsunami. Come uno tsunami ha sconvolto tutto; dopo, sono tornate la tranquillità e la noia. Gotcha era una creatura del vulcanico Michael Tomson.

Michael Tomson è uno che nella vita non si è annoiato un attimo. Era un tipo bigger than life.

Parlare del surf brand Gotcha non è facile. Va contestualizzato negli 80’s, nel surf-mondo e nel real-mondo. Non meno facile è descrivere il suo fondatore in poche parole. Michael Tomson, deceduto per un tumore 2 anni fa, era un tipo bigger than life.

Era uno della crew di Bustin’ down the door con suo cugino Shaun Tomson e le altre surf legends aussie della caratura di Mark Richards, Wayne ‘Rabbit’ Bartholomew e Pete Townend. La crew di BDTD furono quel gruppo di australiani e sudafricani che, all’indomani della shortboard revolution, si trasferirono alle Hawaii. Non pochi furono gli attriti con gli hawaiani, portando la pratica e la cultura del surf a livelli inimmaginabili pochissimi anni prima.


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Michael avrebbe potuto diventare un pro di quelli di un certo calibro. Per un certo periodo lo è stato, sebbene fosse meno elegante dei suoi amici, ma in quanto a fegato non aveva rivali. Se il cugino Shaun affrontava le onde con precisione chirurgica, Michael le affrontava con l’irruenza di un toro. Stiamo parlando di surfare sulle onde spietate di Pipeline. Fare i contest è molto impegnativo e richiede una dedizione totale di tempo e di concentrazione. Michael Tomson è troppo preso dal surf nei suoi molteplici aspetti e ben presto si annoia  dell’agonismo tout-court. In quegli anni i mutamenti sono veloci, repentini e travolgenti sia in acqua che fuori dall’acqua e Michael li surfa tutti.

A Durban fonda il surf magazine Down the line; poco dopo diventa assistant editor della rivista Surfing, rivale di Surfer

La vulgata comune che vuole il surfer un aitante minus habens viene smentita puntualmente anche questa volta. In questo caso dal nostro Michael Tomson che, quando con aitanza non scivola su onde double overhead, si intrattiene a dissertare di Tom Wolfe e Hunter S.Thompson; di design e di illustrazione con gli amici surfer e giornalisti Phill Jarrat e Matt Warshaw. Anche lui, d’altronde, come abbiamo accennato, con le parole se la cava altrettanto bene che con il surfboard; al punto di andare a scrivere sul prestigioso New York Time di apartheid nello sport e in particolare nel surf. Nel suo nativo Sud Africa, nello specifico, schierandosi apertamente con l’A.N.C. di Nelson Mandela. L’argomento segregazione razziale e discriminazione razziale nel surf meriterebbe un articolo dedicato prima o poi.

Michael Tomson è interessato a tutto e divora tutto instacabilmente. Gli anni ’70 volgono al termine e si entra negli anni ’80: cambia tutto.

Cambia la musica; cambia il design; cambia la moda; cambia il surf, che arriva al suo picco storico di evoluzione; cambiano le droghe, che con il surf sono quasi sempre andate a braccetto. Sarà a causa del tenente colonnello Ollie North, che finanziava la guerra contro i  sandinisti in Nicaragua con il traffico di armi in Iran e il traffico di cocaina in Centro America, comunque la cocaina invase gli USA a prezzi di saldo. Michael Tomson e i suoi pards non sfuggirono all’uso.

Negli anni ’80 il surf stava mutando di nuovo, stava esplodendo per numero di surfer, grazie anche alla bodyboard-explotation e al longboard-renaissance. All’ influenza dello skateboard sul surf che, a propria volta, aveva influenzato lo skate e stava prendendo sempre più piede con lo snowboard. Tutto è rivoluzione ma i brand del surfwear, che da sempre rappresentano il surf-mondo sono conservatori, sono fermi, sono indietro, sono inadeguati. Hanno perso appeal e non rappresentano più il surf-mondo. Questo fino a quando Michael Tomson con Joel Cooper creano Gotcha e tutto cambia.

Gotcha è il sasso nello stagno. É aggressivo, innovativo. Il suo immaginario si posa su un background fatto di surf ma anche di letteratura, di punk e di design.

Michael Tomson era molto amico di Johnny ‘Rotten’ Lydon, che sciolti i Sex Pistols si era trasferito in California, e si scambiavano consigli sugli outfit. Era nato il miglior brand di abbigliamento del mondo ed era il miglior brand di abbigliamento di surf.

L’uomo pesce stilizzato evocava la  celebre canzone Monster mash di Bobby & Boris and the Pickett. É preso da un b-movie con derivazioni lovecraftiane passate per un albo di fumetti della E.C. Comics. Contestualizzato in ambito surf passando dal punk é il logo di Gotcha insieme alla scritta con caratteri stolidi e la C girata verso sinistra dello stesso colore dell’uomo-pesce che è diverso però dalle altre lettere. I colori sono acidi, fosforescenti come i neon di Los Angeles. Sono rosa shocking, blu elettrico, ciano e così via… zero pastelli, zero patina, zereo nuance tenui. Non puoi non notarli e non puoi non metterti in guardia quando li vedi.

Non puoi non volere una t-shirt o un paio di boardshort Gotcha (premi qui).

Se sei del surf-mondo devi avere qualcosa di quel piccolo brand appena nato nella famigerata Laguna Beach; già base della Eternal Love Brotherhood, confraternità di narco surfer tra L.A. e San Diego. Gotcha si rivolge chiaramente ai surfer e la sua campagna marketing è chiara quanto aggressiva, includente quanto intransigente:

IF YOU DON’T SURF DON’T START. Se non surfi, non iniziare: Gotcha! 

In Gotcha sono tutti surfer e la loro linea di abbigliamento viene venduta solo nel  negozio appena aperto insieme all’amico Joel Cooper e in pochi altri surfshop. Le tshirt, i boardshort, le felpe, i jacket sono identitari.  Di punto in bianco brand come OP, Instinct, Gordon & Smiths, Quiksilver, appaiono vecchi e superati come i Grateful Dead con l’arrivo dei Dead Kennedys. Perfino T&C (Town & Country), con i suoi simpatici comics sulle t-shirt, non regge il confronto. Nemmeno il geniale surf brand australiano Mambo, innovativo, trasgressivo e irriverente, può tenere il passo con Gotcha.

In breve Gotcha invade il mondo e crea l’evento più figo di sempre il GOTCHA PRO dove il surf andava a braccetto con il rnr. I contest si concludevano con sfrenati beach party.

Per un decennio Gotcha è uno tsunami che si impone e travolge tutto, diventando un affare così grosso che sfugge al controllo di Tomson e dell’amico Cooper; cambia di proprietà in proprietà fino a finire in mano al gruppo Perry Ellis.

Con Gotcha si perde anche il brand MCD, More Core Division, che era sotto l’egida di Gotcha. Una sorta di side project, creato e co-gestito da Michael, che radunava il team di surfers più forti e più cool di tutta la storia del surf… qualche nome?

Martin Potter, Cheyne Horan, Gerry Lopez, Mike Stewart, Sunny Garcia, Brock Little, Rob Machado, Dino Andino, Matt Archbold , i fratelli Ho e Andy Irons.

Il grande cruccio di Kelly Slater, che dal surf ha avuto tutto e di più, è quello di non essere stato incluso nel team. Sembra una eresia ma si può ipotizzare che Slater, che già era forte forse anche più degli elencati, non fosse però abbastanza cool per essere in sintonia con quegli anni. Dopo la surf session i surfer andavano ai party dove si suonava r’n’r e non a giocare a golf… ma questa è una mia ipotesi, ovviamente.

Spiegare l’etimologia della parola Gotcha è un po’ complicato perché è surf-slang. É un neologismo, sebbene poi sia diventato di uso comune veicolato dal brand ma in sostanza vuole dire sia capito che preso.