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Se l’Atletico Madrid è l’anti-calcio, la Serie A cos’è?

Se qualcuno fosse stato dichiarato colpevole per le plusvalenze, sarebbero stati costretti a chiudere il calcio italiano e buttare la chiave. Non ce n’è uno che sia pulito, evidentemente. Sarebbe stata solo la prima tappa dell’inchiesta, quindi meglio non farla neppure cominciare. Il discorso della concorrenza sleale, che sento e leggo da giorni, fa piuttosto ridere. Come se qualcuno fosse pulito e tacesse. Come si fa a pensare una cosa del genere?
Sarebbe ora di scendere dal pero: senza le plusvalenze il calcio italiano non esisterebbe da anni e questo si riflette nel livello tecnico generale. A me spiace che per eccesso di tifo non ci si renda conto della realtà. Come quelli che danno dell’anti-calcio a Simeone: se l’Atletico Madrid è l’anti-calcio, la Serie A cos’è?

Se l’Atletico Madrid è l’anti-calcio, la Serie A cos’è?

Quanto scritto qui sopra a proposito delle Plusvalenze basterebbe per spiegare il titolo che ho dato a questi pensieri calcistici in libertà. Se a qualcuno non bastasse, potrebbe rivedere gli highlights delle prime 4 di Serie A per capire meglio.


HIGHLIGHTS SERIE A


Gioire per l’eliminazione dell’Atletico Madrid dalla Champions League perché sono considerati l’anti-calcio è davvero stupido. Al netto dei gusti personali.

Certo, il gioco espresso dalla squadra del Cholo Simeone può non piacere. Esattamente come può non piacere il gioco delle squadre di Guardiola. Non è questo il punto. Ad esempio, per mio gusto personale apprezzo molto più il primo del secondo. Questo non significa che reputi il secondo un idiota e che gioisca per le sue eliminazioni. Vorrei che i migliori ci fossero sempre, soprattutto in campo ma anche in panchina.

Il calcio, come tutto del resto, è più bello se lo giocano i migliori. Sia Atletico Madrid che Manchester City hanno parecchi migliori. Forse non sono proprio tutti fuoriclasse, ma i campioni sono parecchi, sia da una parte che dall’altra.

Il City ha speso tantissimo per dare a Pep quel che desiderava. Guardiola ha avuto a disposizione ogni richiesta, spesso non riuscendo a chiudere il cerchio. É un pensatore, un filosofo, gli interessano le idee più che la sostanza. Il Cholo non allena certo la squadra della parrocchia, ma non può certo chiedere ai suoi capi di spendere quello che spendono a Manchester per Guardiola. Questo non significa che non abbia campioni o fuoriclasse, anzi. Certo non hanno realizzato ogni desidero di Simeone, ma l’Atletico Madrid è una signora squadra e il Cholo è un condottiero, che bada più alla sostanza che alle idee.

La verità è che, per passare il turno, l’Atletico Madrid avrebbe dovuto avere un pizzico di Guardiola in più. Mentre Pep ha dovuto cholizzarsi, al ritorno, giocando proprio il calcio primitivo del nemico per passare il turno.

Cholismo e Guardiolismo sono solo stupide espressioni create da una critica calcistica talmente sterile da doversi aggrappare a stereotipi e a uno schieramento binario, da social: mi piace o non mi piace. Come ha risposto Simeone prima della gara di andata:

«Non sta a me dire se siamo più offensivi di quello che si racconta. Ci sono i numeri, basta leggerli. Il modo di giocare si decide in base ai calciatori a disposizione. Guardiola fa un gioco perché ha elementi con certe caratteristiche, noi un altro. A qualcuno piacerà uno ad altri l’altro».

Il calcio si fa con i calciatori, non con gli allenatori. Per questo motivo, in Italia, non possiamo permetterci di parlare male di Simeone e dell’Atletico Madrid. Se reputiamo il gioco di una delle migliori squadre del mondo anti-calcio, come dovremmo definire lo spettacolo raccapricciante cui assistiamo in Italia? Avremo anche dei bravi allenatori, che sanno senza alcun dubbio far stare insieme una squadra mediocre, ma per competere con il calcio vero, quello che fanno all’estero, bisogna avere i calciatori. L’Atalanta insegna. Gasperini, senza alcun dubbio, ha messo insieme la squadra più europea di tutte le italiane, ma se non crescerà il livello degli interpreti non andrà da nessuna parte.

Lo dimostra lo stesso Ancelotti. Carlo Magno, forse il migliore da 20 anni a questa parte, senza Modric avrebbe visto i sorci verdi. Questo non sminuisce la grandezza di Carletto, dimostra che i grandi allenatori mettono davanti i calciatori, sempre. I commentatori inventano filosofie.

A Napoli e Liverpool la filosofia di Ancelotti non ha funzionato, certo non perché lui fosse bollito. Semplicemente non aveva i calciatori del livello adeguato al suo, cioè al top. Questo conta. É quello che dice Mourinho, che sostiene Allegri. Puoi vincere una volta con buoni calciatori, ma se vuoi vincere per anni devi avere i campioni.

Il talento è sempre lo stesso, in tutti i paesi del mondo. La Natura lo distribuisce senza favoritismi. Forse su questo potremmo essere tutti d’accordo. Capitano nidiate migliori e altre peggiori. Certo è che il talento da solo non basta. Nel resto d’Europa – per gli altri continenti cambiano le logiche – crescono i ragazzi in modo differente: fino all’adolescenza si divertono, quando decidono di farlo per mestiere li preparano da professionisti.

In Italia, dai 6 anni, troncano ogni tipo di discorso tecnico e di divertimento per la tattica. Perché in Italia abbiamo trasformato gli allenatori in protagonisti, non avendo più campioni in campo. Così, anche chi dovrebbe insegnare calcio pensa alla propria bacheca, pensa a mettersi in mostra, non a far crescere i ragazzi, a costruire calciatori. É ovvio che i ragazzi si annoino e non imparino a giocare a calcio. Quando dovranno scegliere tra un allenatore rompicoglioni che pensa solo al proprio successo oppure il divertimento con gli amici, è chiaro che sceglieranno il secondo.

In Italia non si gioca più a calcio per divertirsi, per strada o al parco. Sono tutti abituati a giocare su campi sintetici perfetti. Pagano per giocare (anche i genitori dei bimbi).

Giocare per strada significa rimbalzi irregolari, terreno irregolare, imparare a non cadere per evitare di farsi malissimo. Giocare su campi perfetti non fa migliorare colpo d’occhio e tecnica naturalmente. In Europa si gioca ancora per divertimento. Vedi ragazzi che giocano dappertutto. In Italia è vietato giocare a calcio quasi ovunque.

Il calcio, oggi, è più fisico e questo è evidente. Giocatori come Modric non li vedremo più, ma City vs Liverpool, la partita dell’anno, ha mostrato calciatori capaci di andare a una velocità supersonica con una pulizia tecnica che, forse, non mostrerà giocate come quella di Modric, ma ne evidenzia altre di altissimo livello.

Il talento si nota in altre maniere, sono cambiate le traiettorie e il modo di pensare il calcio.

In Italia abbiamo calciatori che faticano a stoppare il pallone perché sono dei presuntuosi, non per mancanza di talento: «Mister, io sono in Nazionale, non ho bisogno di allenarmi sulla tecnica». Il Barone Liedholm se non ti allenavi tutti i giorni sulla tecnica non ti schierava neanche se ti chiamavi Rivera, per dire…

Ribadisco lo stesso concetto delle ultime settimane: il problema del calcio, in Italia, è culturale.