calcio italiano

Il Calcio italiano è un altro sport

Non sono mai stato un tifoso della Ferrari. Non ho neanche mai particolarmente apprezzato Mattia Binotto. Ammetto, però, che la scelta di concentrarsi sull’auto dell’anno successivo, una volta appreso che non erano sufficientemente competitivi per vincere durante la stagione in corso, è stata intelligente. Ha fatto quello che il Calcio italiano non ha mai fatto.

Una decisione sincera, matura, consapevole. Ha permesso di migliorare già durante l’anno passato e di presentarsi, ai box 2022, in pole position. Questo non garantisce successi, ma certamente ha permesso alla Scuderia di Maranello di fare un incredibile balzo in avanti, mentre cresceva l’esperienza. Fondamentale soprattutto per il talento cristallino di Charles Leclerc e del suo scudiero, un altro bel personaggio come Carlos Sainz. Crescere insieme ha creato il gruppo.

Ecco, Binotto e la Ferrari hanno fatto tutto quello che il Calcio italiano non fa da almeno 30 anni: fregarsene della stagione in corso e programmare il futuro.

Non lo fanno i Club, non lo fa la Lega, non lo fa la Federazione, non lo fa il CONI, non lo fa il Governo. Direte: cazzo c’entra il Governo? L’industria Calcio italiano è tra le prime sette del paese, per fatturato e tasse pagate. Serve aggiungere altro? Ecco che, quindi, ci troviamo al cospetto dello spettacolo più triste mai proposto agli appassionati. Una Nazionale che dal 2006 non partecipa a un Mondiale e che, in prospettiva, si aggrappa alle briciole di pane per ritrovare la strada maestra. Una Serie A che si esalta per una mediocrità imbarazzante.

Il Calcio italiano propone una sfida che non esiste, tra tre squadre che non esistono. Le chiamano imperfette perché non hanno un progetto, un’idea, un’identità.

Il Milan ha cavalcato un entusiasmo e una coesione fuori dall’ordinario. È stato eccezionale nell’interpretazione di questi anni bui, ma ha fatto con quel che ha trovato. È la squadra con più stranieri in rosa. Perde ogni anno i migliori talenti. Ha qualche buon calciatore, ancora giovane, certo, ma alla loro età all’estero ci sono coetanei che giocano ad altri livelli. É forse la società che prova più a guardare il futuro, ma non ce la fa. Ha comunque dovuto preferire Ibra e Giroud ad altre idee.

Chi fa la differenza, spesso, non è una prima scelta nel proprio paese d’origine.

Chi fa la differenza, spesso, non è una prima scelta nel proprio paese d’origine. Se è un paese di prima fascia; forse solo di qualche nobile decaduta come Argentina o Brasile offre i Dybala, i Martinez, gli Arthur, i Leão. Vado a spanne, ma non credo di dimenticare chissà chi.

L’Inter ha certamente dei leader delle proprie nazionali d’appartenenza, ma sono anziani o, appunto, non fanno parte di selezioni di prima fascia. Non me ne vogliano Croazia, Slovacchia, Bosnia, Argentina, Olanda (nobili, certo, ma non brillano per risultati entusiasmanti da quanti anni?), ecc. ecc. è un dato di fatto. L’Inter non ha un progetto per crescere, cerca di galleggiare e di mantenere lo scettro di leader del Calcio italiano strappato alla Juventus, a fatica. Ha certamente qualche elemento in più delle concorrenti, ma non ha un progetto per il futuro molto differente. Naviga a vista.

Il Napoli smantellerà un progetto che non ha portato a nulla. Esaltazione immotivata di una squadra che «palleggia come pochi al mondo», disse già Carletto Ancelotti. Che, infatti, è stato cacciato. Una squadra e un Club troppo vittime di un’umoralità tipica della città d’appartenenza. Sembra sempre che De Laurentiis abbia un progetto per il futuro, ma non è vero. Adda passà ‘a nuttata.

La Juventus e la Roma, con Allegri e Mourinho, forse sono le uniche due, tra le sette sorelle, ad aver abbandonato, sin da subito, le velleità Scudetto per costruire la squadra del futuro. Si possono criticare quanto si vuole i due Mister, ma un conto è gestire al meglio quello che si ha a disposizione, un altro è avere il coraggio di dire: questi ragazzi, per vincere e diventare un grande Club, non vanno bene. La sincerità può far male, ma alla fine è l’unico modo per risolvere i problemi. Se la Juventus avesse battuto l’Inter, sarebbe a 3 punti dalla vetta, con il decimo attacco della Serie A e un inizio disastroso. La Roma è al quinto posto, con una squadra raffazzonata, diciamocelo. Chi dà la colpa a Mourinho e Allegri non vede le partite. Il livello è bassissimo.

Abbiamo due sole realtà che, passo dopo passo, pensando sempre alla stagione seguente, crescono: Atalanta e, da quest’anno, la Fiorentina. Solo che partono da realtà di provincia e, per arrivare al vertice, la strada è lunga, soprattutto all’interno di un sistema vecchio e malato. C’è un processo d’esperienza e consapevolezza più lungo da compiere. Certo non supportato dall’ambiente.

Quello di cui avrebbe bisogno il Calcio italiano è proprio della sincerità.

Servirebbe qualcuno che avesse il coraggio di dire che i calciatori che abbiamo non sono a livello degli altri, se Verratti è l’unico che gioca in un Club d’élite; con più delusioni che soddisfazioni, tra l’altro. Occorrerebbe fermarsi un attimo, riorganizzarsi. Pensare meno a cosa fare per l’oggi e riflettere maggiormente sulla vettura degli anni a venire, se non si vuole rimanere a piedi.

É inutile incazzarsi per l’eliminazione subita dalla Macedonia del Nord, prima dalla Svezia, dalla Slovacchia e dalla Nuova Zelanda. Questo, evidentemente, è il livello. Ammettiamolo. Pensiamo al nuovo motore.

Manchester City e Liverpool fanno un altro sport. In Premier League fanno un altro sport. In Europa fanno un altro sport. Non possiamo paragonarci alle altre realtà, occorre concentrarsi sul creare una Via Italiana al fare le cose.

Nessuno dei calciatori oggi in Italia sarebbe titolare in squadre di vertice europeo. Nei principali Club europei non ci sono calciatori italiani, neanche a portare le borracce. In Italia arrivano le terze, quarte scelte degli altri campionati; i nostri giovani dovrebbero andare all’estero per crescere di più e più rapidamente. Gli altri avevano l’umiltà di venire a imparare da noi quando eravamo i migliori. Smettiamola di inventarci che esportiamo tattica e allenatori, perché è una puttanata. Gli allenatori stranieri fanno un altro sport, noi siamo fermi a Sacchi e al primo Guardiola. Qualcosa c’è, ma ben poco se un Blessing arriva in Italia e sconvolge tutti.

É vero, Mourinho è stridente quando afferma certe cose sui suoi calciatori, ma ha ragione. Forse la sua Roma farà la fine della Mercedes il prossimo anno, sbaglierà la scelta, ma avrà preso una strada, che magari andrà raddrizzata ma intanto è tracciata.

Nessuno chiede al Calcio italiano di diventare come la Ferrari di questo inizio stagione già dall’anno prossimo, bensì di guardarsi allo specchio e di ammettere i propri limiti. Sarebbe già un inizio.