VAR

Il VAR è quel che resta del calcio italiano

Il 21 agosto 2017, al termine del debutto della VAR in Serie A, tra le polemiche, scrissi per GQ questo:

Ben venga il VAR. Ben venga la tecnologia a supporto dell’essere umano per limitarne gli errori. Per il resto, forse, sarebbe il caso che si ricominciasse a insegnare l’educazione e il buon senso; quello che dovrebbe portarti ad accettare l’errore umano, la svista su episodi dubbi, non a litigare e sciogliere amicizie per un rigore di dieci anni prima. Ce ne sarà certamente bisogno anche – e soprattutto – nell’era del VAR, perché l’errore è umano e finché ci saranno gli uomini a giudicare esisteranno gli errori, per il resto ci sono sempre i videogiochi.

Settimana scorsa, proprio qui da RIS8LIFESTYLE.COM, ho scritto che il problema del calcio italiano è culturale e non tecnico, a seguito dell’eliminazione dalla corsa Mondiale degli azzurri. In questi 5 anni scarsi ho sempre mantenuto una linea molto critica verso il calcio italiano, già maturata in precedenza. Questo spesso mi ha portato a ricevere insulti un po’ da tutte le tifoserie, tra articoli, interventi in televisione o radio.

Purtroppo arriviamo da 40 anni di Berlusconismo, quindi di una comunicazione che ha raccontato alle persone quello che volevano sentirsi dire fuorché la verità. Questo atteggiamento, necessariamente, ha generato un paese di zombie. Appena osi dire o scrivere, supportato dai fatti, che la loro squadra non è proprio fortissima o ha giocato male; che la società non è sana o non può spendere; che il calcio italiano dovrebbe essere rifondato da zero, ecco insulti e minacce. In modo democratico, da tutti, non in egual modo, ma quasi.

40 anni in cui il modello calcistico proposto è stato quello di Arrigo Sacchi. Decenni in cui ci hanno raccontato che la Serie A è sempre e comunque il campionato migliore del mondo.

40 anni in cui l’orchestra ha continuato a suonare, mentre gli altri si compravano gli strumenti elettrici, i computer ed entravano nell’attuale presente. Noi ascoltavamo il Vate di Fusignano. Quello che ha fatto 3 anni perdendo più di quel che ha vinto, con una squadra di fenomeni veri. Basta leggere dati e statistiche per vedere che non sto dicendo cazzate.

Gli stessi che, guidati da Fabio Capello, hanno fatto record su record, mentre l’Arrigo nazionale veniva cacciato da chiunque, ottenendo risultati a dir poco imbarazzanti, da Madrid a Parma. Lo stesso Mondiale, cui l’Italia non partecipa più per colpa dei complotti, fu salvato dal solista: Roberto Baggio. Quel numero 10 che Sacchi sacrificò in nome dell’orchestra, appunto, costringendo il talento a emigrare o a soffocare tra le diagonali insegnate sin dall’asilo. Il Guardiolismo, dopo il Sacchismo, ha completato il disastro.

Allenatori che, per quarant’anni e ancora oggi, allenano bambini pensando di avere tra le mani il Barcellona di Guardiola o che usano metodologie di Sacchi, che hanno cambiato il calcio 40 anni fa.

Nessuno mette in dubbio le qualità innovative di Sacchi e Guardiola. Solo che loro avevano certi giocatori in campo, che non hanno tutti. Eppure, non si capisce bene per quale motivo, è passato il concetto che il loro sia il calcio vero, quello bello, mentre gli altri siano tutti degli incapaci. Non importa se lo stesso Guardiola abbia capito e smesso di praticare il soporifero tiki taka, proprio per questo motivo. Pazienza se l’orchestra di Sacchi sia affogata con il Titanic.

Proprio ieri sera ascoltavo l’intervista di un noto esperto di calciomercato al Cholo Simeone alla vigilia della sfida di Champions contro il Manchester City. Cholismo vs Guardiolismo, solita domanda, cui il Mister argentino ha risposto: «Non sta a me dire se siamo più offensivi di quello che si racconta. Ci sono i numeri, basta leggerli. Il modo di giocare si decide in base ai calciatori a disposizione. Guardiola fa un gioco perché ha elementi con certe caratteristiche, noi un altro. A qualcuno piacerà uno ad altri l’altro».

Tutto molto semplice, se in Italia non ci fossimo ormai assuefatti ai dettami tattici e al VAR.

Conseguenza logica di un calcio sempre più privo di talento e ricco di mitomani che pensano di allenare l’Ajax di Cruijff mentre allenano i Pulcini del Barcellona, Pozzo di Gotto. Conseguenza logica di un calcio che viene raccontato davvero male.

Disamine tattiche da sangue al naso che hanno partorito visionari che raccontano cose che non esistono. Talmente convinti delle loro allucinazioni da litigare con i vari Mister che, a differenza loro, restano aderenti alla realtà e al campo. Abitualmente, però, quelli che piacciono alla critica italiana sono i Maestri del bel calcio, gente con teorie strampalate. Giampaolo, Bielsa, ecc. ecc. Chi dice, molto banalmente, che il calcio si fa con i calciatori forti viene deriso e sbeffeggiato. Bollito. Rincoglionito. La tattica. Il pressing. La diagonale. Il terzino basso, l’esterno alto, il centrocampista in carne e il portiere di notte. Le motivazioni. L’approccio alla gara. Sacchi ha cambiato il calcio. Guardiola è un genio. Klopp fa contropiede. Gli allenatori italiani sono i migliori, vincono in tutto il mondo.

A parte Ancelotti e Conte, non esattamente due di primo pelo, di chi parliamo? Stramaccioni? Tedesco? De Zerbi? Montella? De Biasi? Rossi? Di chi parliamo? Perché mi pare che Spagna, Portogallo e Germania ne esportino con risultati differenti.

Tolte le solite fregnacce su tattiche e allenatori, restano le polemiche. Polemiche su polemiche legate al VAR, anche senza le immagini. La Serie A è ridotta alle chiacchiere da VAR.

Domenica sera ho assistito a 10 minuti di disamina su Juventus-Inter, in televisione, totalmente dedicata al rigore discusso e ribattuto, senza le immagini. Una follia. Il calcio è arrivato in seconda battuta ed è stato ridotto a: la Juventus finalmente gioca in attacco, crea ma non vince. Ah, se avesse giocato così sin dall’inizio. L’Inter è scoppiata, non ce la fa più, ha vinto con un rigorino, che c’è da regolamento ma non si dovrebbe dare perché non li danno più in Premier League. Sipario.

Juventus vs Inter, partita clou della giornata di Serie A. La partita che avrebbe eliminato una delle due dalla corsa scudetto non è stata una partita di calcio.

Piena di errori commessi da calciatori mediocri e decisa da un rigore che, in Italia, si assegna regolarmente, anche se, ogni volta, nessuno capisce perché. Ne avrò visti 40, almeno, tutti uguali, e ogni domenica si perdono ore a parlarne. Resuscitando punti mancanti in classifica ed espisodi a caso, spesso retrocedendo fino allo stadio primordiale: Ronaldo-Iuliano. Ogni Club, senza gli errori arbitrali, sarebbe già Campione d’Italia da mesi e mesi. Hanno tutti ragione tra l’altro, soprattutto quelli della Salernitana e quelli del Milan, cui ho sentito dire che sarebbero almeno ai quarti di Champions senza i furti della UEFA.


HIGHLIGHTS SERIE A


La Juventus ha giocato meglio, ha prodotto parecchie palle gol, ma non si può dire. Sono mesi che Allegri è stato definito uno che non capisce un cazzo dall’intellighenzia calcistica e tale resta, come quel bollito di Mourinho. Quest’ultimo ha strapazzato la Laziodisarri ma non si può dire. Hanno preso due Club in un momento particolare e si stanno evolvendo, ma non si può dire. Se Simeone dovesse battere Guardiola, probabilmente sarebbe colpa degli alieni per la nostra stampa sportiva. Guardiola è un genio, non può perdere. Allegri e Mourinho sono due rincoglioniti, non possono vincere o avere ragione.


HIGHLIGHTS SERIE A


Il Napoli, infatti, batte l’Atalanta 3 a 1 ma: «Se fosse finita a risultato invertito non ci sarebbe stato nulla da dire». Ho sentito questo. Certo, perché criticare Gasperini, il genio assoluto del calcio italiano degli ultimi dieci anni a braccetto con Sarri, non è possibile. Quindi il Napoli ha battuto l’Atalanta per casualità. Poteva finire in tutti i modi ma ha vinto 3 a 1 il Napoli perché ha più cambi. Discussione finita, si passi all’analisi dei casi da VAR.

Il Milan, che resta favorito, scolorito come la maglia che indossava, pareggia con il Bologna e la squadra ha un serio problema in attacco. Fino a ieri era in fuga per la vittoria, finalmente cinico e spietato, non solo bello e spumeggiante. Ieri: Giroud era un ragazzino terribile, Ibra aveva lo strapotere dei supereroi, Leao era un crack mondiale. Oggi: hanno un problema oggettivo in attacco, non segnano gli attaccanti.


HIGHLIGHTS SERIE A


A mio avviso, la banda di Pioli è una squadra modesta, come tutte le altre; aggrappata alla cima della classifica con le unghie e con i denti, meritatamente, da due anni. Una settimana viene raccontata come il Real Madrid di Di Stefano, quella dopo si trasforma in una squadra da oratorio. Questa settimana i casi da VAR non ci sono stati, quindi i tifosi del Milan si sono schierati per la Juventus, contro l’Inter: Ah, se ci avessero dato… Ah, se avessimo quei 6 punti che ci hanno rubato… Sanno vincere solo Scudetti e partite di cartone!

Squadra prima in classifica; stagione oltre ogni aspettativa; lotta Scudetto serratissima, ma i tifosi pensano solo al VAR… altrui per giunta.

Non vi pare un problema culturale? Io ne sono convinto, come sono convinto che sia quasi impossibile tornare indietro perché non sanno come fare. Che siano i vertici del calcio o della comunicazione, non conoscono altre strade. Questa è la verità. Altrimenti non ci si spiega perché non cambino, almeno il modo di parlare o scrivere di calcio.