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Calcio italiano: il problema è culturale, non tecnico

Il problema del calcio italiano è culturale, non è né tecnico, né tattico. Proprio ieri pomeriggio, sono stato ospite alla trasmissione dell’amico Fulvio Floridia. Che calcio che fa, in diretta da Silvermusic Radio e sui social. Ero in diretta con Luigi Guelpa de Il Giornale, che oggi si occupa soprattutto del conflitto tra Russia e Ucraina. L’argomento della dissertazione è stato, ovviamente, il calcio italiano. L’Italia e il futuro del calcio.


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In questi primi quattro giorni dalla cocente eliminazione del calcio italiano dal prossimo Mondiale, s’è sentito di tutto.

Ho assistito a ogni tipo di analisi e dibattito. Ho ascoltato ogni sorta di parere o giudizio. Si sono susseguiti consigli e soluzioni di ogni sorta e modello. Pochi condivisibili, a mio parere.

Non è possibile condividere il pensiero di togliere la panchina a Roberto Mancini per assegnarla a Marcello Lippi e Fabio Cannavaro, piuttosto che a Stefano Pioli o Claudio Ranieri. Non mi pare che questi nomi abbiano minimamente carisma o competenze superiori all’attuale incaricato. Cosa cambierebbe?

Il problema non è certo il CT, anzi. Mancini avrà mille difetti, immagino non sia simpatico a molti, ma non dovendo condurre la Notte degli Oscar non mi pare un problema.

Conosce il calcio alla perfezione ed è stato capace di portare calciatori di dubbio valore alla vittoria di una competizione internazionale. Ha portato coraggio, sia nelle scelte che nell’animo di calciatori smidollati, quali gli attuali. L’Italia ha vinto con merito l’Europeo, giocando per un mese molto meglio di tutti gli avversari, compresi quelli più forti sulla carta. Considerando da dove Mancini aveva preso la Nazionale italiana, mi pare un risultato degno almeno di fiducia. Si è dato spazio a scalzacani, chiromanti e azzeccagarbugli di varia natura che hanno, negli ultimi anni, ridotto il nostro paese in fin di vita e, quindi, il nostro calcio: vogliamo toglierlo a Mancini? Suvvia.

Ho sentito più di qualcuno gridare alla rivoluzione. Qualche collega pensionato – di quelli che restano aggrappati al microfono e al PC togliendo spazio e denaro a chi vorrebbe provare a fare il giornalista sportivo con risultati migliori dei loro -, rimasto a vivere nel secolo scorso, grida che:

«Bisognerebbe lasciare a casa i disertori e portare nuovi calciatori in maglia azzurra per rilanciare il calcio italiano». Bene, ma quali, di grazia?

I calciatori sono questi, piaccia o meno. Lo stesso Paolo Nicolato, CT dell’Italia Under 21, ha affermato di essere costretto a cercare tra i giovanissimi, in Serie C o anche al limite dei settori giovanili, pur di trovare calciatori convocabili. Non è un mistero, infatti, che l’Italia abbia un bacino di scelta molto ristretto, uno dei più ristretti d’Europa, il terzultimo se non erro, a dispetto di un paese decisamente popolato rispetto a realtà come la Macedonia del Nord, nostra carnefice.


HIGHLIGHTS ITALIA VS MACEDONIA DEL NORD


Molti calciatori della Nazionale italiana, infatti, dovrebbero militare in Under 21, nella migliore delle ipotesi. Sì, qualcuno ha proprio sbagliato mestiere, ma se iniziassi questo discorso dovrei scrivere un libro.

Un libro che racconti che l’attuale prima in classifica di Serie A è dietro all’Olympiakos Pireo nel ranking UEFA e che questo qualcosa conta, non è frutto di un complotto. Che il Milan, appunto, primo in classifica, quello del progetto giovani che tanto giovani non sono rispetto al resto del mondo, ha il 75% di calciatori stranieri, mentre la Juventus ha la percentuale più alta di calciatori italiani, ma è ben vecchia come media d’età, anche rispetto al calcio italiano. Che negli altri paesi hanno rifatto e riformato praticamente tutto negli ultimi 30 anni, mentre qui è di stamattina la notizia che l’accordo per rifare San Siro è saltato. Dopo 10 anni che se ne parla.

Dovrei raccontare dei Centri Federali che non esistono, a differenza di Germania e Francia. Che, mentre in Spagna rifanno le regole e obbligano il Barcellona a ripartire dai conti, qui abbiamo Club che sarebbero falliti da anni e anni, invece li elogiamo perché han migliorato i conti. Ce lo ricordiamo il Parma di Tommaso Ghirardi? Premiato come Società virtuosa dalla FIGC e fallito un anno dopo, denunciato dalla UEFA. Evito il paragone estremo con la Premier League o il parallelismo con la corruzione di paesi dal calcio nobile ma ormai decaduto, cui siamo prossimi. Più che un libro, in effetti, andrebbe scritta un’enciclopedia

Resto, quindi, aderente al tema: l’eliminazione del calcio italiano dal Mondiale.

La stragrande maggioranza dei convocabili da Mancini, dicevo, non ha la minima esperienza internazionale, soprattutto nel proprio Club. Sono calciatori che avrebbero bisogno di maturare, non essendo certo dei fenomeni, eppure sono gli unici a disposizione. In alternativa ecco i Luis Felipe o i Joao Pedro. Avessi detto Franz Beckenbauer e Marcel Van Basten, per gli amici Marco… Calciatori che, tra l’altro, non militano né nella Svizzera, né nella Macedonia del Nord e neppure nella fu Svezia. Come, in queste selezioni che hanno eliminato l’Italia, non militano certo calciatori con chissà quali esperienze aliene. Non provengono neppure da paesi con bacini così ampi da offrire scelte più mirate di quelle a disposizione di Roberto Mancini. Le avversarie dell’Italia hanno tutte, più o meno, quella roba lì a disposizione, come l’Italia.

La differenza, in negativo, la fa la convinzione, tipica del calcio italiano, di essere superiore per DNA a chiunque altro.

Una presunzione, del tutto immotivata, che ci fa pensare di meritare per diritto divino la partecipazione a certe competizioni, che non giochiamo dal 2006… meritatamente, appunto. Questa è la realtà. Ché se l’Italia se lo fosse meritato, non sarebbe arrivata ultima nel 2010 e nel 2014, per poi non partire direttamente per Russia e Qatar.

L’ultima dichiarazione di Leonardo Bonucci, al netto della confusione mentale che occupa la mente degli Azzurri, è il perfetto riassunto del problema culturale che attanaglia il Bel Paese e che non risparmia certo il calcio, anzi. Siamo un paese profondamente ignorante, che si basa sulla furberia. Non a caso siamo i quarti al mondo, tra i paesi civilizzati, per tasso di analfabetismo funzionale. Non sono cose che invento io.

Qualcuno dovrebbe spiegare a capitan Bonucci che questo è il calcio. Questo è il regolamento e lo era anche prima.

Qualcuno dovrebbe prenderlo da parte e fargli un disegno esplicativo. Perché, se non se ne fosse accorto, l’Italia ha avuto un girone per qualificarsi. Esattamente come tutte le altre. Incredibile, vero? La Svizzera si è qualificata, l’Italia no.

La Macedonia del Nord ha seguito e rispettato le stesse regole dell’Italia, giocando addirittura la partita secca in trasferta, ed è passata contro il calcio italiano.

La Macedonia del Nord è arrivata a giocarsi lo spareggio con l’Italia, fuori casa, e ha vinto, anche se, sulla carta, era più debole e sfavorita. Esattamente come l’Italia all’Europeo, in finale contro l’Inghilterra. Bisognerebbe smetterla di pensare di avere il diritto divino di partecipare alle competizioni o di essere sempre più forti e vittime di un complotto, perché il più forte è quello che vince sul campo.

Quando parlavano solo del Portogallo scrissi: «A fare così, andranno a casa con la Macedonia. Daranno la vita, i Macedonidelnord, e la prima della Serie A è dietro all’Olympiakos nel ranking UEFA, bisogna riflettere su certe cose».

Ricordo che, tra risate e insulti, mi scrissero: «Devi sempre fare il bastian contrario per forza». Perché, in Italia, se non la pensi come tutti, con cognizione di causa ovviamente, sei uno stronzo bastian contrario. Viva la democrazia.

Continuiamo a ragionare come se gli altri non avessero il pollice opponibile e noi fossimo i più furbi, vittime di un complotto. Purtroppo è così da decenni e non vale solo per il calcio italiano. È da 16 anni che l’Italia non gioca un Mondiale. Conosco adolescenti italiani che tifano Germania.

Eppure, invece di rivoluzionare il sistema come hanno fatto negli ultimi 30 anni tutti gli altri paesi al vertice del calcio, noi pensiamo alle formule dei tornei. Il problema è la partita secca. Il problema è il numero di partecipanti. Perché è così in Italia: se le cose non vanno si chiama l’amico dell’amico della zia della sorella di mio cugino e si cerca di aggirare le regole. Si cerca la raccomandazione. Il merito non è neppure contemplato in Italia. Anche se credi ancora nell’impegno, la voglia te la fanno passare e cederai, anche tu, alla logica dell’amico e della raccomandazione. La furberia è proprio insita nel nostro DNA. Mi spiace dirlo, perché amo l’Italia, ma tant’è.

calcio italiano

Ammettere i problemi del calcio italiano sarebbe il primo passo per risolverli, invece noi diamo la colpa sempre agli altri.

Ho visto in parecchi il travaso di bile pur di schierarsi contro la Superlega – quasi come fanno oggi per l’Ucraina, anche se non sanno neppure dove si trovi -, perché contro la logica del merito sportivo. Gli stessi soggetti che, dopo l’eliminazione dell’Italia, hanno gridato allo scandalo perché: «Chi ha vinto il Mondiale dovrebbe partecipare ai seguenti per diritto guadagnato». Ho letto: «Non esiste che i Campioni d’Europa non vadano al Mondiale». Cecoslovacchia, Grecia e Danimarca sono le altre tre Campioni d’Europa che non hanno partecipato al Mondiale successivo. Danimarca a parte, che non ha mai avuto un gran movimento interno, le altre sono nobili decadute, come ormai l’Italia. Ho sentito anche dire che, al netto delle favole, non ha senso che la Macedonia del Nord batta l’Italia perché: «Ma che cazzo di squadra è la Macedonia del Nord?!».

Una squadra che, nel rispetto del regolamento sottoscritto da tutte le partecipanti e senza rubare nulla, ha battuto l’Italia a Palermo, in partita secca. Questa sera, la Macedonia del Nord si giocherà la finale per Qatar 2022 contro il Portogallo, mentre quel che resta dell’Italia sarà di scena in Turchia per superare lo shock.

Questo è quello che ha decretato il campo che, piaccia o meno, è l’unica verità del calcio, dello sport, della vita. Non si può spegnere e riaccendere la Playstation per rigiocare la partita. Non è possibile. Prima o poi, bisognerà anche smetterla di battere i piedi a terra e rendersi conto che non è colpa degli altri, è colpa solo nostra. Qualcosa si sarebbe dovuto fare in questi anni, ma così non è stato e temo che ora sia davvero troppo tardi per recuperare.